La vita e le cacce dei contadini fra Ottocento e Novecento
domenica 3 agosto 2008 
    

Nel mondo contadino di fine Ottocento, la caccia aveva assunto un ruolo di primaria importanza come elemento di sopravvivenza, in particolare fra le popolazioni rurali del nostro Appennino.
Naturalmente era una caccia di frodo data l’estrema povertà delle famiglie coloniche e veniva condotta con mezzi del tutto particolari.
Si ricordano, per esempio, quelli usati nella caccia al tasso:
“Si sceglieva un ragazzetto di 7-8 anni, magro (cosa normalissima a quei tempi) e sufficientemente coraggioso o meglio incosciente. Lo si accompagnava la sera tardi all’imboccatura della tana del grosso e grasso mustelide e gli si consegnavano una lampada a petrolio, schermata con un panno, e una fiocina: una fiocina come quella usata per arpionare il pesce. Legata una fine a una caviglia, il ragazzo entrava strisciando sul ventre nella tana per qualche metro fino a trovare il tasso in attesa di uscire in pastura. A questo punto, con l’aiuto della debole luce della lanterna, occorreva “fiocinare” la grossa preda in modo saldo e farsi tirare fiori dall’adulto rimasto all’aperto con l’altro capo della corda in mano. Se tutto andava per il meglio, usciva il ragazzetto sano e salvo tirandosi dietro il tasso che si dibatteva disperatamente.
Se invece qualche cosa andava storto, come non di rado accadeva, la preda restava in tana e attaccava a morsi l’aggressore che in tal caso usciva ferito, sanguinante e spesso con qualche dito in meno; imperituro ricordo di una caccia rischiosa e della tanta fame che ci stava dietro”.

Autori: Paolo Casanova - Francesco Sorbetti Guerri

Edizioni Polistampa