Il cacciatore di beccacce
mercoledì 3 febbraio 2010 
    
Il cacciatore di beccacce La più concisa, ironica e divertente presentazione a questo libro se la dà da sé medesimo l’autore quando, rivolgendosi al suo immaginario interlocutore, gli scrive: «Se avete avuto la pazienza di leggere con attenzione il mio manoscritto saprete adesso: che la beccaccia ha il becco lungo e le gambe corte; che è molto scaltra o molto stupida; che viene a noi dal Nord, o dall’Est, o dall’Ovest, può darsi da tutti i quattro punti cardinali e da tutti i punti intermedi; che il suo volo è ascensionale o orizzontale, lento o rapido, regolare o variato come un tema di Paganini; che è necessario tirarle quando uno può e come può; che questo tiro è molto difficile o molto facile; che canta “fitz” o “pitt”, “corr” o “couan”, o “grauw”, o “gogo”, o “frou-frou”, o anche “cri-cri”; che è buona da mangiare». Polet de Faveau, alias Sylvain, è personaggio che si muove all’insegna della curiosità culturale e dunque, mentre raccomanda di cacciare molto e leggere poco, non si sottrae al piacere di controllare l’opinione di autori à la page, dei quali egli stesso, che si trova a vivere nel bel mezzo dell’Ottocento, fa mostra di prendere per buone certe zoppicanti teorie. Ma l’udienza che Sylvain concede a queste voci, ancorché autorevoli, dura lo spazio della citazione, perché egli recupera al più presto l’abituale divertito scetticismo, che non è tanto quello del cacciatore che, schioppo in spalla, non vuole pensieri, bensì quello di colui che, incline per natura alla facezia, all’occorrenza lo usa in maniera naturale per condire e sdrammatizzare problemi che attengono a una passione assai grande. Polet de Faveau è uno che si diverte a spiazzare il prossimo. Non gli puoi prestar fede neanche quando suggerisce al suo interlocutore di prendere ammaestramenti dalle selve più che dagli scritti, perché alla prova dei fatti presta insegnamenti al suo discepolo proprio a mezzo di una guida scritta. Una «guida» che per il lettore di oggi si fa apprezzare per lo stile e come documento della cultura cinegetica del tempo. E non solo: anche e soprattutto per l’attualità a volte sorprendente delle osservazioni, per cui a ragione Ettore Garavini – primo traduttore, insieme al figlio, di quest’opera nel 1960 – ravvisò nel libro un vero godimento di lettura per l’appassionato cacciatore di beccacce.
 
(Dalla Presentazione di Vincenzo Celano)

Il cacciatore di beccacce
Autore: Théodore Polet de Faveau
Editore: Editoriale Olimpia
Anno di pubblicazione: 2001