BigHunter intervista l'Assessore regionale Vito Amendolara: “Cacciatori sempre più parte attiva nella gestione”


mercoledì 9 marzo 2011
    
Storico direttore della Coldiretti campana, che ha presieduto per oltre 30 anni e già Vice Presidente della Camera di Commercio di Napoli, Vito Amendolara è Assessore regionale all'Agricoltura, alla Caccia e alla Pesca a partire da luglio dello scorso anno, dopo la nomina ricevuta dal Presidente regionale Stefano Caldoro, che inizialmente aveva ricoperto ad interim la carica.

Lo abbiamo intervistato per capire programmi e prospettive della caccia campana, che da tempo attende gli aggiornamenti normativi sulla legge regionale. Sull'iter della proposta l'Assessore ci dà un'anticipazione  “contiamo di concludere entro l'anno” annuncia. Consolidare il legame tra caccia e agricoltura, incentivando il ruolo di gestore del cacciatore è per l'assessore la vera priorità e fulcro della sua politica venatoria.
 

Che rapporto c'è tra caccia e agricoltura nella sua regione?
 
“Agricoltura e caccia coesistono e si integrano da sempre – risponde - . Oggi però l’evoluzione del settore primario ha dirottato anche l’attività venatoria verso funzioni complementari e alternative; mi riferisco alla fruizione ricreativa, alla salvaguardia di tradizioni della cultura rurale, ed anche agli aspetti di protezione e controllo del territorio. Vedo molto favorevolmente la collaborazione del mondo venatorio , ambientalista e agricolo per garantire equilibrio nella gestione del territorio e la sostenibilità delle attività venatorie. Sono fermamente contrario all’abuso del territorio perpetrato attraverso il prelievo indiscriminato delle risorse e l’assenza di programmazione”.
 
Cosa pensa del mondo venatorio in Campania?
 
“Mi sembra che vi siano grandi potenzialità ancora inespresse – dice riferendosi alle Associazioni Venatorie regionali - , che cercheremo di valorizzare con un maggiore coinvolgimento nei processi di innovazione che si intende portare avanti (per citarne uno, una nuova normativa faunistico-venatoria regionale); penso inoltre che i singoli cacciatori non siano mai stati spronati (né formati) per farsi “parte attiva” nella gestione e nel controllo del territorio, mentre tale obiettivo è strategico per evitare il progressivo depauperamento in termini di popolazioni e di specie.
 
Come pensa vada articolato il rapporto fra cacciatori, agricoltori, ambientalisti e società in genere?
 
“Il ruolo dell’associazionismo, e della partecipazione attiva è fondamentale – torna a ribadire l'assessore -  per l’inquadramento delle problematiche e delle opportunità legate all’attività venatoria, anche al fine di determinare un corretto processo decisionale da parte delle Istituzioni. In proposito, non più di un mese fa, ho avviato una serie di incontri (tavoli monotematici) con le Associazioni regionali di settore. Sono favorevole anche a momenti di confronto extra-istituzionali tra le rappresentanze dei diversi interessi, per l’eventuale condivisone di proposte e soluzioni. Ritengo necessaria inoltre l’individuazione di una precisa ripartizione delle competenze, anche al fine di garantire funzioni di reciproco controllo tra le varie componenti coinvolte”.
 
La società contemporanea, sempre più distratta, affronta spesso l'argomento caccia da un punto di vista più emotivo che razionale. Lei pensa che sia possibile dare una giusta informazione di cosa è la caccia oggi e dei suoi aspetti benefeci per il territorio e la società? Come?
 
“Ritengo  indispensabile – sostiene - una corretta informazione sulle qualità dell’attività venatoria, anche con finalità formative per gli stessi cacciatori. Le Associazioni venatorie sono gli organismi più idonei a svolgere questo compito, attraverso attività dimostrative e passaggi sui media”.
 
D'altro canto i cacciatori non di rado sono incapaci di rappresentare i loro valori al di fuori della cerchia degli appassionati. Cosa si sente di suggerire loro, affinchè riescano a raccogliere maggiore attenzione e consensi?
 
“Penso anch’io – risponde - che la semplice trasmissione dei valori culturali della tradizione venatoria non basti a formare ulteriore consenso. Sarebbe opportuno, credo, sostenere il concetto di “rinnovabilità” cui facevo riferimento prima, magari condividendo attività in tal senso con il mondo ambientalista ed agricolo; penso ad esempio alla partecipazione a progetti di ricostituzione dell’ambiente naturale, o di salvaguardia degli ambienti agricoli”.
 
Da poco tempo in Parlamento si prova con scarso successo ad aggiornare la 157/92. Lei cosa si sente di raccomandare? Quali sono secondo lei i punti della legge che andrebbero comunque modificati?
 
“La materia “caccia” - ribatte - è assai articolata e coinvolge molteplici aspetti, ambiente, agricoltura, salute, pubblica sicurezza, ecc., l’eventuale aggiornamento della Legge 157/92 (non è stata una cattiva norma) va quindi condiviso ed articolato per garantire alle Regioni piena autonomia per le competenze esclusive, e spazio per quelle concorrenti. Vedrei favorevolmente una legge snella, principalmente di indirizzo. Anche in Campania è in corso un processo di revisione della normativa regionale di settore, che contiamo di concludere entro l’anno”.
 
In Italia, la ricerca scientifica applicata è da molti ritenuta inadeguata rispetto alle esigenze, soprattutto per quanto riguarda il tempestivo ed esauriente aggiornamento dei dati sulla fauna migratoria. Lei cosa ne pensa?
 
“Il monitoraggio dei dati è sicuramente fondamentale per la programmazione e per il controllo delle attività. In Regione – annuncia l'assessore -  stiamo lavorando per l’istituzione di un Osservatorio per la Fauna selvatica, cui affidare tra l’altro compiti di monitoraggio ed elaborazione dei principali indici faunistici e venatori”.
 
Si fa un gran parlare dell'applicazione o meno delle deroghe  previste dalla Direttiva Comunitaria 79/409. In particolare il Veneto è preso a riferimento per la sua puntuale applicazione in risposta alle sollecitazioni di parte agricola e venatoria. Lei cosa ne pensa?
 
“Il prelievo delle specie solitamente oggetto di deroga – puntualizza Amendolara - non rientra nelle tradizioni venatorie della Campania, anche se la questione dei danni alle colture (mi riferisco allo storno) merita un momento di maggiore riflessione per il futuro”.
 

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