A partire dal titolo “Vendita incontrollata di armi e '383 morti in 14 anni', eppure il governo permette ai cacciatori di sparare ovunque e in qualsiasi giorno” l’articolo della nota giornalista anticaccia Margherita D’Amico, ora passata alle pagine de Il fatto quotidiano, si presenta per quello che è: un attacco del tutto ideologico ad una categoria da lei odiata, scevro da qualsiasi tipo di approfondimento obiettivo sul tema.
Se la D’Amico avesse fatto i dovuti approfondimenti, avrebbe scoperto che non c’è nessuna vendita incontrollata di armi, anzi, la stessa è subordinata al possesso di Porto d’Armi, rilasciato dalle questure dopo ogni tipo di accertamento psichico e attitudinale. E quanto al governo che "permette di sparare ovunque e in qualsiasi giorno", siamo al solito basso livello di propaganda animalista, che da mesi (dopo l’approvazione di una norma sul contenimento faunistico che non cambia praticamente nulla sulle dovute autorizzazioni rilasciate ai cacciatori) utilizza questo tipo di espressioni per disinformare.
La D’Amico scrive che anche se la stagione inizia a settembre "i cacciatori non badano al calendario né alle specie". Senza argomentare ovviamente la sua affermazione e senza fare i dovuti distinguo con un fenomeno, quello del bracconaggio, odiato dagli stessi cacciatori che rispettano le regole.
E per giustificare i toni allarmistici usati fin qui, non ha altro da fare che presentare il conto delle vittime proposto dall’Associazione Vittime della Caccia, che come sappiamo, non è il massimo dell’attendibilità, avendo per anni inserito nel calderone perfino gli incidenti dovuti a cadute o gli infarti. Per altro praticamente quasi tutti a danno dei cacciatori stessi. La giornalista alla ricerca di esempi di cacciatori sparatori cita perfino un grave fatto di cronaca in cui un uomo è stato ucciso da un fucile da sub. Sempre fucile è, insomma, deve essere appartenuto ad un cacciatore amante del mare.
Ma l’apice la D’Amico lo raggiunge quando martirizza l’associazione di cui sopra, secondo lei cancellatasi dall’elenco delle associazioni per la Protezione Ambientale del Ministero dell’Ambiente per protesta contro il Governo. Questa versione attivista, per altro rivendicata dall'associazione stessa sul proprio sito web, è smentita dai fatti e dai documenti ufficiali. Risulta infatti che Il Ministero ha preso atto della rinuncia a seguito di una richiesta di chiarimenti per sanare irregolarità formali attinenti sia a requisiti di ordinamento interno sia della continuità e rilevanza esterna dell'azione di tutela ambientale svolta nell'ultimo triennio in almeno cinque regioni in cui l'Associazione ha dichiarato la propria presenza. Altro che protesta!
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