In Spagna, tracciato l’identikit del giovane cacciatore: inizia a praticare tra i 14 e i 16 anni, seguendo il padre. Pratica la caccia alla piccola selvaggina con il cane, considera la caccia la principale attività di svago e ne va molto fiero, dandone massima visibilità sui social.
E’ quanto emerso dal progetto “Profilo e proiezione del giovane cacciatore in Spagna”, realizzato dalla Scuola Spagnola di Caccia (CEE), dalla Real Federazione Spagnola di Caccia (RFEC) e dall’Università dell’Estremadura (UEx). Una ricerca che mette dunque al centro le nuove generazioni di cacciatori, su cui concentrarsi per invertire la tendenza nazionale che dal 2000 vede un calo costante del numero dei praticanti. Facilitare il ricambio generazionale è la chiave per garantire il futuro di un’attività socioeconomica e ambientale fondamentale come la caccia.
L’importanza del cane da caccia
Il 90% degli intervistati dichiara di possedere un cane e che questo è un compagno essenziale durante le giornate di caccia. Il 49% afferma che non andrebbe a caccia senza un ausiliare. Per due giovani cacciatori su tre, andare a caccia è ciò che fanno principalmente nel tempo libero, condividendo con amici e postando contenuti a tema sui social network (80 % degli intervistati).
La cultura venatoria
Ciò che emerge è la consapevolezza di portare avanti tradizioni apprese in famiglia, che intendono loro stessi passare alle successive generazioni, indipendentemente dal genere dei futuri figli. Così come quella sul valore del consumo della selvaggina, una costante per i giovani cacciatori intervistati. Il 96,7% mangia la carne degli animali cacciati almeno una volta al mese. Tra le problematiche emerse citano l’eccessiva burocrazia e i costi elevati, oltre che la necessità di una più puntuale formazione con convegni tematici, colloqui di formazione e corsi specifici. Considerano molto positivo anche l'approccio della caccia alle scuole.