Cosa deve essere chiaro.
In stretta sintesi, si tratta della cattura di un’animale selvatico da parte di un suo predatore naturale. Una particolare forma di caccia in cui prevale l’aspetto estetico ed emozionale.
Le prede, selvatiche e in possesso di tutte le loro facoltà, sono cacciate nel loro habitat naturale da falchi appositamente addestrati, che il falconiere spesso personalmente alleva, cura e porta a cacciare, nel pieno rispetto delle leggi protezionistiche e venatorie.
Questo è imprescindibile e termine di raffronto per considerare anche le occasioni, sempre piuttosto rare, che possono interessare gli appassionati, come i Raduni o altri spettacoli. Eventi certamente apprezzabili, ma soltanto se ben gestiti e frequentati; comunque assolutamente diversi e distinti dalla falconeria.
Poi, purtroppo, c’è anche il resto. Abbastanza spesso, in ambienti pubblici e privati, rapaci di ogni genere vengono esibiti in manifestazioni che pur adottando tecniche che le sono proprie, restano enormemente distanti da ogni forma di quella che è una particolare arte venatoria.
Infine, la categoria di persone più pericolose. Sono quelli che si procurano degli animali, spesso anche da commerci illegali, e se ne servono come puri elementi decorativi, quasi espressione di un particolare status simbol, per soddisfare il proprio esibizionismo.
Tutto questo, rilevabile da chiunque ponga un po’ di attenzione, è quasi conferma e conseguenza di quello che si cercava di far notare cinquant’anni fa: una specie di assopimento nella pratica degli ormai rarissimi falconieri, ben distinti in due diversi modi di essere attivi. L’appassionato con certe possibilità economiche che si rivolge anche ad esperti o abili professionisti per curare e addestrare i propri animali, e il semplice appassionato che non se lo può permettere e cerca di ottenere qualche soddisfazione a costo di enormi sacrifici.
In ogni caso, al tempo c’era ancora la consapevolezza delle difficoltà insieme alla convinzione che ne valeva la pena. “Niente è più difficile di quest’arte, ma niente di questo suo sapere più bello”, aveva detto l’Imperatore, e sembrava fosse diventata una specie di dottrina per tutti, anche dei più sprovveduti. Ma in seguito le cose cambiarono, in peggio naturalmente, e fu fatta la sfortunata conoscenza di un terzo tipo di falconiere, mirabilmente descritto dai pochissimi che negli anni ‘70 s’interessavano dell’argomento.
Questi signori considerano la caccia con i falchi uno sport anziché un modo di vivere e pretendono di dedicarvi quello che resta del loro tempo libero. Non hanno possibilità, e nemmeno la preparazione mentale, di fare anni di apprendistato, e guardano con il sospetto e l’orgoglio dell’ignorante a qualsiasi tipo d’informazione. Soltanto dopo anni di delusioni e un intero cimitero di falchi, scopriranno che è un’attività troppo impegnativa. E spesso, purtroppo, il danno non è limitato a loro. Fanno anche proseliti. La falconeria può essere considerata uno dei più sofisticati e civilizzati incontri tra uomo e natura. Nel testimoniare la sua bellezza, occorre anche fare opera di dissuasione nei confronti di chi non sia disposto a dedicarle tutto ciò di cui essa ha bisogno.
Mario Biagioni