Nell’ambiente venatorio di un certo livello è noto che esistono grandi cacciatori, o forse sarebbe meglio chiamarli grandi “Safaristi”, che pur di catturare un selvatico molto raro o dal trofeo particolarmente importante spenderebbero una fortuna sia in tempo sia in denaro. Sarebbero capaci di tutto pur di togliersi la soddisfazione di essere riusciti dove in molti hanno solo tentato. Personalmente credo che questo non sia un fenomeno da criticare, anzi, caso mai il contrario, perché quando si possiede una grande passione e i mezzi necessari per appagarla con impegno e serietà, è sempre un bene. Ovviamente manie e fissazioni sfiorano la malattia, ma se un cacciatore desidera cacciare un selvatico particolare, senza arrecare nessun male agli altri, che male c’è? Detto ciò, senza scomodare le grandi pecore asiatiche, i trofei europei Kapital e le anomalie che si possono trovare in natura come melanismo, albinismo e altre forme strane, chi di noi non ha mai avuto un sogno, diciamo venatorio, nel cassetto? Magari un cinghiale dalle difese spaventose, un camoscio di vent’anni dal grande trofeo uncinato, un cervo coronato di tredici chilogrammi o il capriolo da oltre 700 grammi di trofeo? Personalmente ho cacciato moltissimo il Folletto Rosso dei boschi, riuscendo addirittura ad abbatterne due esemplari albini, ma il mio sogno è sempre stato quello di catturare, o almeno riuscire semplicemente di vedere, un capriolo parruccato una sola volta nella vita. Invece un mio carissimo amico, non solo l’ha abbattuto…. ma l’ha praticamente catturato nei campi intorno casa, senza averlo né cercato né mai visto prima. Non oso immaginare l’emozione che ha provato Cristiano, questo è il suo nome, quando s’è reso conto di cosa gli era capitato, dell’immenso regalo che gli era stato concesso dalla vita. Purtroppo non ero con lui quando è accaduto il fatto, ma posso descrivervi com’è andata, basandomi sul racconto “fin troppo dettagliato” che mi è stato fatto dal protagonista e dal suo inseparabile compagno di caccia Leonardo.
La selezione estiva al capriolo era aperta già da diversi giorni e procedeva nell’intero distretto piuttosto bene. Erano stati abbattuti alcuni maschi, ma nessuno portatore di un trofeo eccezionale. Poi, una insolita quanto spietata siccità aveva drasticamente impoverito i già magri prati maremmani, riducendo di molto anche gli avvistamenti. Tutti i cacciatori erano diventati gelosi delle loro zone che monitoravano frequentemente sia il mattino sia la sera. Cristiano ed il suo amico Leonardo avevano deciso di appostarsi in una zona chiamata “Casaglia” che, in linea d’aria, si trova a non più di un chilometro e mezzo dalla torre principale di Capalbio! All’alba, da quelle splendide colline, si ha una vista verso il mare davvero mozzafiato. Ma i nostri due provetti cacciatori, entrambi poco più che ventenni, avevano gli occhi puntati verso i campi o verso il limitare del bosco, da dove speravano sarebbe potuto uscire il maschio adulto che gli era stato assegnato. Per Cristiano abbatterlo sarebbe stato anche il battesimo di sangue come neo selecontrollore perché aveva conseguito l’abilitazione appena pochi mesi prima. Loro due giurarono di no, ma io conoscendoli “molto bene fin da prima che nascessero”, me li immaginai ugualmente spalla e spalla ad attendere che il sole spuntasse ad est, tutti presi a controllare i loro profili Facebook nella placida arsura maremmana. Cristiano, che d’altronde era il più interessato essendo l’unico armato, decise di mettere mano al binocolo per controllare se nei campi adiacenti ci fossero delle novità. Fu allora che nelle limpidissime lenti del suo 8,5 x 42 avvistò una singola, quanto inconfondibile sagoma, china a cibarsi a ridosso di un folto cespuglio. Evidentemente doveva essere già fuori nel prato sin dal loro arrivo. Brucava e camminava contemporaneamente avvicinandosi sempre più al limitare del bosco. Non bisognava essere dei geni per capire che quel capriolo doveva aver già riempito il suo piccolo stomaco e che non vedeva l’ora di rientrare nel folto per ruminare in tutta tranquillità. Cristiano mollò il binocolo ed impugnò subito la sua CZ 550 calibro 243 Winchester, con sopra montato un onesto 12 x 50, fece scorrere in canna una cartuccia ricaricata da suo Zio Marco (da chi altri se no?) con palla Nosler Ballistic Tip da 95 grani e si preparò al tiro. Ma era già troppo tardi.
Il capriolo era sparito pochi attimi prima che il giovane selecontrollore riuscisse a determinarne sia il sesso sia l’età, neanche fosse stato uno spettro. Con l’aumentare della visibilità aumentò progressivamente anche il calore, il senso di arsura e il fastidio provocato dagli insetti, così, appena il sole fece capolino oltre le colline, i due baldi giovani raccattarono le loro cose per andarsene … ovviamente al mare. Beata gioventù!
Comunque, forse nel sublimale, Cristiano doveva aver percepito qualcosa di strano, di anormale, perché quella fugace visione lo tormentò per alcuni giorni finché decise di ritentare la fortuna nella stessa zona, ma andandoci più preparato. Poi, se quel capriolo fosse stata una bella femmina l’avrebbe lasciata andare (nonostante il calendario prevedesse anche il prelievo!) mentre se fosse stato un maschio, magari anche giovane, avrebbe deciso il da farsi sul momento, ma traguardandolo direttamente attraverso l’ottica da mira! E’ impensabile che in certi posti occorra andare a caccia così, sempre in ansia e di fretta, ma io che li frequento da trent’anni purtroppo posso confermarvelo. Ci sono delle zone in Maremma dove i selvatici sono scaltrissimi, si fanno vedere per pochissimi minuti alle ore più impensabili del giorno e quando hai la fortuna di avvistarli devi essere velocissimo nel valutare il capo e nell’eseguire il tiro. Li ricordo così quasi da sempre, ma ora che ci sono in giro MOLTI più lupi che caprioli, posso capire meglio perché gli ungulati siano diventati particolarmente diffidenti. Quando penso a certi video prodotti dai cari amici Alberto e Alessandro Lugari o quelli visti su You Tube dove i caprioli escono nei prati immacolati dell’Appennino Tosco Emiliano e ci rimangono a mangiare quasi per ore, non so se mettermi a ridere o a piangere.
Comunque Cristiano prenotò telematicamente un’uscita mattutina e in compagnia dell’inseparabile Leonardo ritentarono la sorte, vista la vicinanza della zona con le loro residenze. Cristiano quel mattino mise in atto tutti gli insegnamenti di papà Giampiero. Controllò la direzione del vento e cercò di far coincidere al minuto il raggiungimento del’appostamento con la luce necessaria per poter tirare con precisione. Avrebbe dovuto essere operativo appena sarebbe arrivato nel posto esatto da dove aveva avvistato il capriolo, già pronto ad ogni evenienza con la carabina carica, senza sicura e i coprilenti tolti. Leonardo, per forza di cose avrebbe dovuto attendere ben nascosto, diversi metri addietro.
Grazie al vento favorevole, poco più di una leggerissima brezza ma d’importanza cruciale, Cristiano riuscì a strisciare a ridosso ad una provvidenziale piccola murcia di sassi, dove posizionò la carabina sul bipiede direttamente puntata verso il cespuglio da dove aveva visto apparire giorni addietro il capriolo. Il giovane non credette ai suoi occhi quando se lo trovò praticamente all’interno dell’obiettivo. Non solo era dove sperava che fosse, ma doveva essere anche un bel maschio, perché una grossa ombra scura gli sovrastava il cranio. Sempre seguendo gli insegnamenti paterni, il giovane si concesse solo un piccolo, grande lusso: la stima esatta della distanza. All’interno del display del suo piccolo telemetro apparve la cifra: 188. Perfetti. Né pochi ma neanche troppi. Mise il reticolo al centro della spalla quattro dita sopra il centro e poi, senza neanche armare lo stecher, sparò.
Cristiano non riuscì a sentire se la palla aveva colpito qualcosa di solido, ma fu abbastanza ottimista perché non vide nessuna sagoma correre dopo lo sparo. Ormai quel che doveva essere fatto era stato fatto. Alle sue spalle una voce lo fece sussultare: ”Allora? Come è andata?” Leonardo era apparso come un folletto, impaziente di conoscere l’esito di quell’unico colpo! Cristiano rispose che sicuramente era andato bene, ma che avrebbero dovuto avvicinarsi per averne la certezza. Era ancora praticamente notte! La mattinata era cominciata decisamente bene, c’era da sperare che sarebbe finita ancora meglio. Ed infatti un corpo giaceva immobile a pochi metri dal grosso cespuglio, ma dalla loro posizione non riuscivano ancora a vedergli il trofeo. Allorché, come presi da una strana premura, i due amici corsero per pochi passi e quello che videro gli tolse letteralmente il fiato: Cristiano aveva abbattuto un bellissimo e rarissimo capriolo parruccato, sogno di molti cacciatori nel mondo! E addirittura in un campo praticamente dietro casa. Papà Giampiero sarebbe stato sicuramente felicissimo dell’abbattimento, e chissà che faccia avrebbe fatto quando lo avrebbe visto, lui che in cinquanta anni di caccia non ne aveva mai visto uno!
Dopo le immancabili foto di rito, lo marcarono con la fascetta numerata, lo eviscerarono sul posto, poi lo stiparono nello zaino e Cristiano se lo caricò in spalla. Avrebbero dovuto fare due–trecento metri di strada per arrivare alla macchina, ma non sarebbe stato un problema percorrerla persino con il piacevole fardello, perché era tutta in discesa. E poi, da dov’erano, potevano davvero godere di una visuale splendida, potevamo vedere il solo illuminare progressivamente Capalbio, Manciano, Vallerana, Monteti ed anche moltissimi campi e prati, insomma, stavano vivendo un sogno in un ambiente da favola. Credo che le fotografie non siano in grado di esprimere al meglio la bellezza e l’unicità di quel magnifico trofeo, davvero non gli rendono giustizia. A Cristiano, da parte mia e credo anche da parte tutti i selecontrollori italiani, va il nostro più caloroso Weidmannsheil! Il nostro sincero augurio a continuare per questa strada, perché è davvero quella giusta. Bravo!
Marco Benecchi