Mentre stavo facendo i soliti programmi sull’imminente apertura generale della caccia e su quale ipotetico viaggio intraprendere in ottobre, arrivò inaspettata una telefonata dal’amico sloveno Andrej Janežič, l’ideatore delle nuovissime palle monolitiche Fox Bullets Classic Hunter e dell’omonima linea di munizioni originali. E indovinate un po’ cosa mi chiese? Se ero interessato ad abbattere un orso! Accettai subito, senza pensarci due volte, perché praticamente fu come chiedere ad uno dei miei Jagd Terrier se avesse voglia di giocare un po’ con un gatto, ma c’era un fatto un pochino anomalo da risolvere….. eravamo in agosto, non certo il periodo ideale per cacciare un animale da pelliccia! Comunque, nonostante il caldo torridissimo e il traffico che avrei trovato sull’Autostrada, mi feci coraggio, preparai subito i bagagli e partii.
L’orso è senza dubbio la mia preda d’elezione, la mia croce e la mia delizia, perché in tutta la mia lunghissima carriera di cacciatore a palla gli ho davvero dedicato anima e cuore. L’ho cacciato in Croazia, in Svezia, in British Columbia ed anche in Slovenia, a volte con successo altre volte meno, perché purtroppo questa è una caccia molto particolare. Una volta la mia povera mamma (pace all’anima sua) mi disse: “Marco, a caccia tu sei già troppo bravo, non pretendere d’essere anche fortunato!”. Non so se mia madre avesse ragione oppure no, ma sta di fatto che nelle cacce d’appostamento, dove di abilità ce ne vuole molta meno che a dover praticare altre tecniche di caccia, un pizzico di fortuna spesso può essere davvero determinante.
Accettai l’offerta con entusiasmo anche perché non vedevo l’ora di provare il mio ultimo acquisto: un mirino notturno digitale che all’occorrenza avrei potuto alternare all’ottica tradizionale che avevo sulla mia Blaser R 93 Professional calibro 300 Winchester Magnum. Infatti, per l’occasione verificai la taratura a 60 mt sia del visore sia del cannocchiale e con una sola tipologia di palla.
Nonostante fosse la settimana dopo Ferragosto, raggiungere la Slovenia in auto non fu certo un problema. Fui fortunato a non trovare troppo traffico nei tre svincoli strategici di Firenze, Bologna e Mestre e, circa sei ore dopo essere partito da casa, ero a Postumia a bermi una bella pivo Lasko ghiacciata in compagnia di Darko, un simpaticissimo signore molto in gamba, appassionato di caccia ed anche molto competente. Simpatia e rispetto credo che furono immediati e reciproci. Ottimisticamente Darko mi garantì che avrei sparato quella sera stessa, perché la zona dove avrei cacciato era davvero ricchissima di orsi e che un bell’esemplare visitava il carnaio puntualissimo, ormai da diversi giorni.
Ero decisamente eccitato perché il plenilunio era all’apice del suo splendore, ma per esperienza so bene che all’interno del bosco non dobbiamo mai farci troppe illusioni. Quando cala davvero la notte è tutta un’altra cosa, il mondo diventa spettrale. Dopo qualche minuto ci raggiunse Branko, il cacciatore esperto che mi avrebbe accompagnato sulla Ceka e, com’era già accaduto tutte le altre volte che avevo cacciato l’orso, i due sloveni mi chiesero che arma avessi dietro, il calibro e soprattutto lo strumento ottico. Considerando le condizioni di luce con cui avrei dovuto tirare, quest’ultimo accessorio è sempre di fondamentale importanza. Agli esperti cacciatori d’oltralpe piacque moltissimo la mia combinazione carabina Blaser R 93 calibro 300 WM, ma soprattutto definirono “Super” la possibilità di alternare, con gli attacchi a sgancio rapido, il cannocchiale al visore. Grazie appunto agli splendidi attacchi, avrei potuto sostituire i due congegni di mira in pochi secondi, anche al buio completo. Il meteo mi preoccupava davvero parecchio. Il pensiero di dover star tante ore chiuso ermeticamente in una altana soprelevata con una temperatura esterna intorno ai 30° mi terrorizzava, anche perché soffro un pochino di claustrofobia.
Ho più di quaranta licenze sulle spalle, durante le quali ho tirato “qualche migliaio di pallottole a caccia” ma come immancabilmente accade quando mi appresto ad affrontare un’avventura impegnativa, quel giorno il tasso adrenalinico nel mio sangue era ai massimi livelli: concedetemelo..un orso è pur sempre un orso! Fui fortunatissimo con la sistemazione logistica. In un B & B di periferia appena ristrutturato e dotato di ogni comfort, compresa la TV italiana, il WI-FI e l’abbonamento Netfix, sistemai le mie attrezzature e mi concessi anche un piccolo riposino.
Alle 19,00 in punto arrivò Branko e, caricati zaino e carabina sul suo Pick Up, ci inoltrammo nella foresta lungo un sentiero polveroso! Dopo una quindicina di minuti di guida spericolata, tra buche e sgommate varie, finalmente parcheggiammo il fuoristrada e silenziosissimi proseguimmo a piedi in un bosco fittissimo e molto rigoglioso, nonostante il caldo. Durante il tragitto incontrammo diverse fatte di orso e in pochissimo tempo raggiungemmo una piccola Ceka che sovrastava una piccola radura di una cinquantina di metri di larghezza per una settantina di lunghezza, dove a bordo bosco troneggiava un distributore automatico di granaglie circondato da carne putrescente, pane secco e granoturco. A differenza dell’altana dove avevo cacciato solo alcuni mesi prima in Croazia, quella era veramente un incubo! Era talmente piccola che a malapena riuscivamo a starci in due. Branko sorridendo m’invitò a provare l’imbracciatura all’interno dell’angusto spazio, per controllare il coordinamento dei miei movimenti e per vedere se la canna della mia Blaser Professional dotata di freno di bocca fosse stata troppo lunga. Non so se lo sapevate, ma il novanta per certo degli insuccessi nella caccia all’orso al carnaio è dovuto ai rumori che si possono provocare proprio durante la delicata fase di puntamento. Proprio per questo motivo avevo scelto la R 93, che pur essendo camerata in un calibro Magnum, manteneva delle dimensioni accettabili e permetteva un comodissimo scambio dei cannocchiali.
Camerai in canna una cartuccia ricaricata con palla Fox Bullet Classic Hunter da 165 e poi la riposi a portata di mano sulla mia sinistra. Branko si ritenne talmente soddisfatto dei miei preparativi che, dopo aver chiuso la minuscola finestrella, mi offrì una caramella come premio per la mia correttezza. Per ultimo sistemai una bottiglia per la pipì tra i miei piedi e mi preparai ad una lunga attesa. Per esperienza so che i primi minuti, come poi le prime ore, sono i peggiori, ma per fortuna non avevo lo stimolo a conversare perché se io non parlavo una parola in sloveno, Branko ne conosceva pochissime in italiano. Ci accordammo che “OK, dobro” sarebbe stata l’autorizzazione allo sparo e se si fossero presentati contemporaneamente più animali, un dito sollevato avrebbe significato che avrei dovuto tirare al capo di destra, mentre due dita a quello di sinistra.
Durante la precedente battuta di caccia all’orso in Croazia, non ero riuscito a vedere nessun animale dopo essermi appostato per ben tre notti consecutive. Sperai con tutto il cuore che la cosa non si ripetesse. Attraverso le limpidissime lenti del mio binocolo spiai i movimenti di una moltitudine di uccelli che gravitavano intorno al carnaio, grato che mi offrissero una pur piccola distrazione. Dopo un po’ controllai l’ora, erano quasi le venti e il sole stava calando rapidamente. Mi sembrava di esser lì da una vita, quando invece c’ero soltanto da meno di un’ora. Ripresi a controllare pigramente la radura per non so quanto tempo finché non mi accorsi che non ci si vedeva quasi più. Aspettai che il buio fosse completo e poi, a tastoni, ma senza alcun problema, sostituii il cannocchiale col visore. La mia guida sussurrò: “dobro!”. Il tempo trascorreva al rallentatore e dal vetro appannato della finestrella che s’affacciava sulla radura oramai vedevo soltanto una macchia indistinta color inchiostro. Concentrandomi col binocolo riuscivo a distinguere a malapena i contorni degli alberi del bosco e quelli del distributore di cereali del carnaio. Quando le lancette luminose del mio Citizen segnarono le ventuno e trenta in punto, constatai con rammarico che la visibilità era ormai nulla, perché la luna non s’era ancora alzata e le folte chiome degli alberi oscuravano completamente la radura. Il caldo era opprimente ed avevo anche un certo senso di claustrofobia, mi sembrava di essere all’interno di una sauna. Cosa avrei dato per poter aprire un po’ la finestra in modo da saziarmi di aria fresca e pura e per provare l’imbracciatura della mia arma con sopra il nuovo mirino notturno. Purtroppo, anche se sono un grandissimo appassionato della caccia all’aspetto, la pazienza non è mai stata il mio forte. Meno male che ero ancora stanco del viaggio ed ogni tanto adagiavo la testa sulla parete chiudendo gli occhi alcuni minuti per farli riposare.
Ad un tratto Branko sussurrò: “Medvjed”. Lo fece con calma, senza scomporsi, perché evidentemente conosceva benissimo sia l’animale sia ogni ombra di quella radura. Immediatamente accesi il visore e l’illuminatore supplementare che ho aggiunto io, perché molto meno visibile di quello originale, ma Branko mi bloccò il braccio facendomi capire che l’orso se n’era già andato furtivo com’era arrivato. Cominciamo bene, pensai! Ecco che torna a perseguitarmi la maledizione dell’orso! Ma il destino di quel plantigrado doveva essere segnato ancor prima della telefonata dell’amico Andrej. Infatti, dopo pochi minuti, Branko mi strinse ancora il braccio per poi sussurrarmi in uno stentato italiano: “Orso! A sinistra del palo. Dobro! Ok, ok”. Poi, non convinto che avessi capito bene, come un mimo mi fece capire che avrei potuto sparargli.
Il cuore mi batteva forte, ma dovevo evitare che l’emozione prendesse il sopravvento perché una scarica di adrenalina mi aveva invaso tutto il corpo. D’istinto allungai il collo verso la finestra, ma per quanto mi sforzassi non riuscii a vedere niente. Branko mi fece arretrare e cominciò ad aprire la finestrella che dava sulla radura. Immediatamente una piacevole folata d’aria fresca e cristallina mi colpì il viso facendomi quasi lacrimare, ma non persi tempo e lentamente sollevai la carabina facendola aderire al mio colpo e sporsi la canna dalla feritoia. Con il reticolo di colore rosso sullo sfondo digitale in bianco–nero, inquadrai subito il palo del distributore automatico, lo spostai leggermente verso sinistra e quel che vidi mi fece rimanere letteralmente senza fiato…. L’orso era là, semplicemente splendido. Nonostante fossimo in agosto aveva una pelliccia folta e lucente e quel che mi colpì di più, oltre ai suoi movimenti fluidi e silenziosi e alle dimensioni della testa, furono i suoi occhi illuminati dall’infrarosso.. verdi e grossi come due palline da tennis. Per qualche secondo rimasi incantato da quella magica visione, poi l’istinto e l’esperienza presero il sopravvento. Lo inquadrai nel reticolo illuminato e chiesi a Branko di darmi l’ennesima conferma al tiro: “E’ buono? Dobro? Sparo?”. Lui mi rispose a raffica nello stesso modo: “Dobro, Buono, vai. Schissen!”.
La croce rossa del visore era già sulla spalla dell’orso e quando fui certo di essere perfettamente immobile sfiorai il sensibile grilletto della Blaser. Vampa di bocca e botto assordante provocato dal freno di bocca m’impedirono di vedere l’esito del colpo, ma un sordo ruggito mi confermò che tutto era andato come sarebbe dovuto andare. Veloci accendemmo le nostre piccole torce tascabili per illuminare la radura e l’orso era là, dove doveva essere, perfettamente immobile. Era fatta! Branko mi propose di aspettare una decina di minuti prima di andare a vedere, ma io non ne volli sapere di attendere così tanto così lo pregai di scendere dalla Ceka e lui con un sorriso mi accontentò. Con la 300 WM nella mano sinistra e la torcia nella destra aprii io la fila. Nella radura regnava un silenzio talmente assoluto da sembrare innaturale. Raggiungemmo il punto dov’era l’orso al momento del tiro e con sollievo lo trovammo morto, immobile. La palla Classic Hunter della Fox ideata dall’amico Andrej aveva svolto un lavoro davvero eccezionale. Era un bel maschio non molto grande, ma pur sempre meraviglioso, con una pelliccia veramente bella, folta e lucente per essere ancora in piena estate. Lo ammirammo per diversi minuti complimentandoci a vicenda poi Branko onorò me e l’animale pronunciando un caloroso Lowskyblogor e porgendomi il Bruch. Nonostante abbia assistito a quel rito centinaia di volte, da protagonista o da spettatore mi vennero ancora gli occhi lucidi. Poi partirono le telefonate. Branko stette al telefonino per diversi minuti e poco dopo cominciarono ad arrivare anche dei fuoristrada carichi di persone. Strano ma vero, ci sono zone al mondo dove quando si abbatte un grosso carnivoro come un orso è…festa grande in tutto il paese! Vai un po’a dirlo ai nostri politici o, peggio ancora, ai nostri amici animalisti!
Dopo le immancabili foto ed una piccola ripresa video, caricammo l’orso su un rimorchio trainato da un fuoristrada e lo portammo alla casa di caccia, dove in seguito mi toccò assaggiare non ricordo più quanti tipi di grappa locale, di birre e una interminabile serie di salcicce e salami. Perché in quell’angolo di paradiso i cacciatori che catturano un orso li festeggiano, più o meno come se lo avessi preso in Italia! Cos’altro dire? Un orso non si abbatte tutti i giorni, anzi sono convinto che chi è fortunato non ne abbatte più di uno o due nella vita. Nonostante lo si cacci all’aspetto e da una altana chiusa soprelevata, posso garantirvi che forse è una delle forme di caccia più emozionanti in assoluto che auguro a tutti di poter provare, almeno una volta nella vita.
Marco Benecchi