Abbiamo più volte evidenziato l’abissale differenza che esiste tra noi, portatori della Cultura rurale, ed i rappresentanti del variegato arcipelago animal ambientalista, sia dal punto di vista numerico, che economico, che occupazionale, che sociale, che culturale.
Una ennesima dimostrazione la possiamo riscontrare in questi momenti drammatici legati alla diffusione del Coronavirus.
Mentre i rappresentanti delle varie associazioni portatrici della Cultura rurale si stanno prodigando in meritorie iniziative per raccogliere fondi da devolvere agli enti preposti alla salute pubblica ed ai vari servizi di pubblica utilita’, le associazioni animal ambientaliste chiedono soldi allo Stato per poter mantenere In ottima salute le proprie organizzazioni.
Cacciatori, pescatori, agricoltori, allevatori e molti altri rappresentanti della Cultura rurale hanno già donato e continuano a donare, in base alle proprie disponibilità, quantità considerevoli di risorse finanziarie per l’acquisto di Dispositivi di Protezione Individuale da donare al personale medico ospedaliero ed extraospedaliero, alle forze di polizia, a chiunque eserciti funzioni di pubblica utilita’, devolvendo le somme rimanenti agli ospedali in difficoltà.
Non abbiamo ancora avuto notizia, ad oggi, di iniziative altrettanto lodevoli da parte di qualche organizzazione animal ambientalista.
Eppure abbiamo tutti consapevolezza degli svariati milioni di euro che le organizzazioni animal ambientaliste introitano ogni anno, sia come finanziamenti pubblici che tramite la destinazione del cinque per mille Dell’IRPEF.
Abbiamo letto di scandali che hanno travolto alcune di queste organizzazioni che parrebbero aver utilizzato gran parte dei propri introiti non certo a favore del benessere degli animali o per azioni di pubblica utilità, ma per spregiudicate azioni di speculazione finanziaria in riva al Mar Rosso, nell’isola di Malta, oppure in sperduti paradisi fiscali.
Mentre il nostro Paese è martoriato da un’epidemia che sta decimando una parte della nostra popolazione umana, soprattutto la più anziana e quella affetta da gravi patologie pregresse, le organizzazioni animal ambientaliste non trovano di meglio che chiedere soldi all’Ente pubblico anziché mettere a disposizione una parte delle proprie ricchezze accumulate negli anni.
Ci auguriamo che una volta passata l’emergenza Coronavirus, perché prima o poi passerà anche questa emergenza, gli Enti pubblici e la pubblica opinione tengano conto del lodevole comportamento dimostrato, ancora una volta, dai portatori della Cultura rurale ma anche di quella vegognosamente dimostrata, ancora una volta, dai rappresentanti del frastagliato arcipelago animal-ambientalista.
On. Sergio Berlato