Molti dei vecchi cacciatori che ho conosciuto nel corso della mia lunghissima carriera venatoria, sono stati tutti concordi nel ritenere la classica doppietta il vero, l’unico fucile da caccia. Due canne, due grilletti, due strozzature. Punto! Nient’altro. In questo modo il cacciatore poteva (e può tutt’ora!) decidere cosa sparare e soprattutto a “cosa” sparare, scegliendo in un attimo il tipo di munizione e la canna da utilizzare. E’ ovvio che il discorso si riferisce ai fucili a canna liscia, ma i tedeschi, che in fatto di caccia pratica e di tradizioni venatorie hanno fatto scuola al mondo intero per secoli, hanno voluto abbinare il principio della polivalenza offerta da due canne autonome anche alle armi destinate alla caccia grossa europea.
Oggigiorno, col prezzo contenuto di molte carabine e di alcune ottiche, sarebbe possibile acquistare più armi e poi adattarle di volta in volta per caccia a palla ad ogni singolo selvatico, dal piccolo gallo forcello in parata al grande alce al richiamo, ma le vecchie tradizioni sono difficili da dimenticare, quasi da..tradire. Così, perché non voler continuare a far tutto con una singola arma? Ecco perché è nato il Bergstutzen a doppie canne rigate sovrapposte camerate in calibri diversi, con il calibro maggiore posto nella canna inferiore, quella più vicina alla chiusura principale sul perno basculante, in modo da gravare meno come sollecitazioni sull’'arma.
Di Bergstutzen ne sono stati prodotti pochissimi e in giro per i boschi se ne vedono ancora meno, ma chi ha la fortuna di possederne uno, credetemi, se lo tiene stretto e ben caro. I due calibri d’elezione sono sempre stati il 5,6 x 50 R Magnum e il 9,3 x 75 R, ma dato che abbiamo definito il Berg un’arma tuttofare, ne esistono (e se ne potrebbero ordinare!) in una moltitudine di combinazioni di calibri. Infatti, a chi piace alternare la caccia ai grandi selvatici in ambiente folto con tiri a corta distanza con quella a caprioli, camosci e stambecchi in alta montagna, potrebbe prendere in considerazione anche un buon 6,5 - 7 mm.
Un Bergstutzen non è né un express né un combinato, perché la sua costruzione è molto più complicata e raffinata, specialmente per quanto riguarda la saldatura dei tubi delle canne e la loro convergenza. Con due canne rigate in calibri differenti, che magari hanno anche delle enormi differenze pressorie, è praticamente inutile studiare a tavolino la convergenza delle canne e/o usare delle dime pre-costruite. Le canne di un Bergstutzen sono a tutti gli effetti due armi distinte, ma che per praticità utilizzano la stessa piattaforma di base e soprattutto gli stessi organi di mira. E qui iniziano i problemi! Montare un’ottica su quest’arma è pressoché d’obbligo ed è anche abbastanza facile, sia con i vecchi attacchi ad incastro, i cosiddetti a “piede di porco” saldati, sia con altri modelli, sempre amovibili, ma di concezione più moderna come i Contessa, i MAK i Ragnagel etc, ma poi come dobbiamo tararla? Con quale canna?
Intendiamoci bene, abbiamo tutti una grandissima stima degli artigiani tedeschi ed austriaci, in particolare di quelli che operano nella splendida cittadina di Ferlach, ma pretendere di saldare due canne che a 100 mt sparino entrambe in un diametro di 2 cm mi sembra davvero pretendere troppo. Esistono i Bergstutzen modelli BS 95 e 97 della Blaser che, avendo una delle due canne completamente regolabile, si potrebbero davvero collimare entrambe al millimetro, ma dobbiamo considerare anche i modelli “classici” e vedere come erano costruiti. Una volta scelta l’ottica, possibilmente di buona potenza e variabile, di solito si procedeva tarando accuratamente la canna prediletta, quella che il possessore dell’arma aveva scelto di utilizzare maggiormente, poi si verificava dove andava a sparare anche l’altra. Se il lavoro di “pre montaggio” era stato corretto, anche il colpo della seconda canna doveva impattare in “zona” ed essere ritenuto persino sufficiente. Altri invece preferivano la“Point Blank Range”, la cosiddetta taratura media, non proprio precisissima per nessuna delle due canne, ma accettabile a seconda delle distanze di tiro e della mole del selvatico cacciato. Per spiegarmi meglio: in un Berg in calibro 7 x 65 R - 9,3 x 74 R poteva capitare che a 100 mt di distanza la canna 7 mm facesse centro perfetto mentre quella in 9,3 colpisse invece più in basso di 10 - 12 centimetri. In quel caso si poteva correggere la taratura della canna 7 mm facendola collimare 5–6 cm più in alto del punto mirato, in modo che quella in 9,3 impattasse più o meno gli stessi centimetri ma in basso.
E’ sottinteso che durante la caccia il cacciatore doveva tener bene in mente le dovute correzioni che si saranno fare. Nel caso di un uso specifico, diciamo “stagionale” il problema non sussisteva, perché si tarava il 5,6 x 50 R perfettamente per forcello e cedrone e poi qualche mese dopo si ritarava accuratamente l’ottica sulla canna, magari in calibro 8 x 57 JRS, per cacciare cervi e cinghiali.
Detto ciò, mi sembra evidente che i Bergstutzen è un’arma di straordinario prestigio, ma adatta ad una ristretta schiera di cacciatori particolarmente legati alle tradizioni mitteleuropee. Nella costruzione di un Bergstutzen non si ammettono compromessi, sia nella scelta dei materiali, sia nei procedimenti costruttivi come trattamenti termici, saldatura e convergenza delle canne; il tutto deve essere molto accurato.Le canne sono spesso ricavate da preziose barre d’acciaio Boheler Rasant, Antinit, Delcuor, Lothar Walther ed è estremamente raro, se non impossibile, che i legni non siano ricavati da tavole di pregiata noce europea.
Come già detto il Berg è un fucile decisamente affascinante, ben fatto, superbamente rifinito ed anche dall’elevato valore collezionistico, ma che si presta molto bene per tutte le forme di caccia, da quella minuta tipica dei tetraonidi a quella a grandi selvatici come l’alce, l’orso, il cinghiale e il cervo al bramito. Purtroppo non è certo il massimo per cacciare i camosci in alta montagna, dove spesso può capitare di tirare anche a lunghissima distanza, ma entro i duecento metri un buon Bergstutzen sa sicuramente farsi ben volere.
Costruire un basculante rigato sovrapposto non è facile, specialmente se la bascula è stata progettata ex novo e non partendo da manufatti destinati ad altri fucili, magari lisci. Le bascule di molti Berstutzen sono ricavate interamente partendo da un massello pieno di acciaio trilegato opportunamente lavorato e successivamente trattato termicamente. Spesso sono presenti le classiche “Pipe di Rinforzo” laterali, tanto belle quanto comuni anche negli express e nei combinati di un certo lignaggio. E visto che anche l’occhio vuole la sua parte, la bascula è sempre impreziosita da un semplice ornato floreale oppure da vere e proprie incisioni con soggetti animali e/o scene di caccia. Il tipo di chiusura più utilizzata è sempre stata la collaudata Box lock tipo Kestner a doppio tassello, che lavora dentro degli inserti ciechi. Nella parte superiore della bascula, due orecchie di generose dimensioni si protendono all’indietro per accogliere i due chiavistelli trasversali di chiusura, comandati dalla chiavetta d’apertura. Il Bergstutzen ha una bella linea, molto filante, come tutte le armi simili costruite Oltralpe secondo i dettami dell’alta scuola teutonica, dove le armi rientrano in sole due categorie: prettamente da caccia oppure per un uso doppio: venatorio-collezionistico, con incisioni magari a rilievo con riporti in oro e materiali rari e preziosi. Il Berg è sempre un’arma da caccia, e quindi deve essere bigrillo con lo stecher sul calibro più preciso o, meglio ancora, su entrambi i grilletti. Non ne ho mai visti con gli estrattori automatici, sempre manuali, forse anche per agevolare il recupero dei bossoli sparati. Per mantenere l’arma entro dei limiti di peso accettabili, non potendo risparmiare sulla qualità dei materiali (l’acciaio ha un peso specifico superiore alle leghe leggere!) si è cercato di eliminare il superfluo. Infatti tutto nello Bergstutzen è snello e filante, come si addice ad una superba arma da caccia che mira all’essenziale come: il bilanciamento, la maneggevolezza, il peso e le dimensioni contenute. Purtroppo di armi simili se ne costruiscono molto meno, perché cominciano a scarseggiare sia gli abili artigiani in grado di farle sia i facoltosi appassionati in grado di comperarle. Oggigiorno s’investe molto di più sulle armi per tirare a distanze impossibili, dimenticando che la caccia non è e mai lo sarà una forma di tiro sportivo alle sagome viventi da lunghissima distanza!
Marco Benecchi