Senza voler innescare polemiche sterili ed inutili – perché, come diceva mio padre, “prima di giudicare dobbiamo passarci anche noi!” - già da tempo in Toscana la caccia al capriolo maschio è stata prorogata oltre la data canonica. Che sia giusto o sbagliato non spetta a noi dirlo, ma se è stato deciso così, sicuramente ci saranno stati validi motivi, anche perché i piani di abbattimento e la gestione faunistica del territorio dovrebbero essere sempre fatti da professionisti più che qualificati. Comunque, quando si tratta di andare a caccia, Marco o meglio Marchin, come mi chiamano gli amici toscani, è sempre pronto e in prima fila. Così, mentre l’Italia intera stentava a riprendersi dallo shock procurato dall’ “ennesima” eliminazione ai mondiali di calcio, io decidevo di dedicarmi alla caccia del maschio di capriolo in una zona dove erano presenti i vigneti. Poter andare a caccia in primavera, all’aria aperta, in completa solitudine e in piena libertà, oltre a non nuocere a nessuno, è un vero toccasana per tutti i mali. Credetemi, assistere al sorgere del sole avvolti dalla natura selvaggia, ridente e canora è una delle più belle sensazioni del mondo. Negli ultimi tempi però, nelle zone che normalmente frequento c’è pochissimo movimento di animali. Non dico che non ce ne sono, solo che ne percepisco una certa carenza, sia reale sia apparente, e purtroppo ne conosco il motivo….sul terreno ora ci sono più tracce di lupi che di cinghiali e di caprioli. Che immane tragedia sta vivendo la Toscana, anzi l’intero Paese, messo letteralmente a “ferro e fuoco” da branchi di lupi o di ibridi che imperversano indisturbati notte e giorno anche vicinissimi ai centri abitati. Comunque ci vuole ben altro per farmi scoraggiare dall’andare per boschi. Il momento migliore per tentare di sorprendere un selvatico ungulato all’aspetto o alla cerca è il tramonto, ma siccome il mattino non ho mai molti impegni, decisi di uscire al mattino per potermi rendere conto della conformazione della zona e dell’ipotetico transito di animali.
Arrivai sul posto che era notte fonda e, dopo aver parcheggiato la macchina, silenzioso come può esserlo soltanto un vecchio veterano della caccia alla cerca, m’inoltrai nel bosco. Che procedetti bene lo dimostrò il fatto che, appena albeggiò, avevo già avvistato tre lepri e una volpe, ma di sagome snelle, eleganti e dalle lunghe zampe purtroppo neanche l’ombra. Visto che sono un grande appassionato di caccia al capriolo e, senza falsa modestia, anche un cacciatore abbastanza esperto, non mi preoccupai, perché con la luna piena i piccoli cervidi amano nutrirsi anche a notte fonda. Giunto in prossimità dell’appostamento assegnato, per evitare d’inquinare la zona con il mio odore, rinunciai ad avanzare ulteriormente. Adagiai la mia Roessler Titan calibro 25.06 equipaggiata con ottica 2,5 – 15 x 56 HD e di cartucce ricaricate con palla Nosler Ballistic Tip da 115 grani sopra ad una grossa pietra, mentre ad est il sole cominciava a rischiarare un grosso campo seminato a grano, a ridosso di un divieto di caccia, notoriamente ricchissimo di selvaggina. Il mio intento sarebbe stato quello di riuscire ad intercettare un maschio di capriolo che ne uscisse per brucare i giovani germogli.
Da dove mi trovavo, in base alla direzione del vento e alle abitudini dei caprioli, avevo un campo di tiro stupendo, lungo più di trecento metri. Faceva abbastanza freddo, ma visto che non prevedevo una lunga attesa, ero coperto il giusto, potevo concedermi una certa fluidità nei movimenti. In agguato dietro la grossa pietra che fungeva da appoggio ero pressoché invisibile. Con la flebile fiammella dell’accendino sondai il vento per l’ennesima volta e, soddisfatto, mi sdraiai dietro il bel calcio in noce scelto della Roessler Titan in attesa. In inverno-primavera i caprioli sono molto più pigri che in estate, tengono sempre un’andatura piuttosto lenta quando escono dal bosco per mangiare, così non mi aspettavo di dover eseguire un tiro azzardato o contro un selvatico in leggero movimento. In quel periodo dell’anno la caccia all’aspetto è davvero molto tranquilla, rilassante, così feci un paio d’imbracciature di prova con l’arma già puntata verso una piccola valletta e col reticolo illuminato al minimo. Con occhio critico controllai la zona circostante per vedere se ci fosse qualcosa d’insolito, ma mi sembrò che tutto fosse a posto, almeno com’era prima del mio arrivo. Intanto stava facendo giorno, di luce ce n’era a sufficienza per sparare a qualunque distanza!
In primavera il sole sorge con una velocità incredibile e ben presto mi ritrovai dalla notte all’alba quasi senza accorgermene. Mi stava venendo quella piccola malinconia caratteristica di chi non vede realizzarsi le proprie aspettative venatorie, quando in lontananza vidi uscire dal bosco tre sagome grigio–chiare. Eccoli! Ero talmente concentrato e ben piazzato che decisi di valutare i capi direttamente con l’ottica della carabina per sfruttare la potenza maggiore del cannocchiale. Infatti portati gli ingrandimenti a 15x, vidi distintamente che la famigliola era composta da una femmina, da un piccolo dell’anno e da un maschio adulto con il trofeo ancora in velluto. La cosa mi sembrò strana, perché vedere un maschio ancora in velluto era un fenomeno alquanto insolito, cosa che la mia mente elaborò subito come anormale, facendomi scattare, più che un piccolo allarme, una forte curiosità, anche perché il maschio sembrava molto piccolo di mole se confrontato con agli altri. Comunque i selvatici si trovavano a circa duecentosettanta metri di distanza, quindi non potevo aver ben chiara la situazione. L’importante invece era che avevo un capriolo sparabile a tiro, così decisi di prepararmi.
La mia Titan 25.06 è precisissima a 200 mt, settanta o ottanta metri in più non avrebbero dovuto alterarne né la precisione né la traiettoria. Scelsi di mirare due dita sopra la mezzeria dell’animale e quando tutto era come avrebbe dovuto essere strinsi deciso il grilletto. Il tonfo della palla che colpiva qualcosa di solido mi arrivò distintissimo, ma dopo lo sparo il maschio di capriolo era fermo sul posto apparentemente illeso, mentre la femmina e il giovane con tre lunghi salti si erano eclissati nel bosco. Ricaricai veloce, lo mirai di nuovo, ma vidi subito che non c’era bisogno di un secondo colpo. Il capriolo accennò un paio di passi poi cadde esanime. Anche quello fu un fenomeno abbastanza strano, vista la potenza e la letalità delle palle che uso, le Ballistic Tip da 115 grani. Ma le sorprese erano tutt’altro che finite…. Raccolsi il bossolo sparato, scaricai la Roessler e la misi nel fodero, poi raccattai tutte le mie cose ed andai a vedere il capo abbattuto da vicino.
Quando raggiunsi il capriolo e potei osservarlo da vicino m’impressionò! Era minuscolo, praticamente avevo abbattuto un piccolo, ma col trofeo di un adulto! Aveva le corna ancora in velluto nonostante fossimo in marzo inoltrato, lunghe abbondantemente sopra le sue orecchie. In tantissimi anni di caccia non mi era mai capitato di vedere una cosa simile. Anche la dentatura era quella di un piccolo. Che scherzo della natura era quello? Gli feci parecchie foto che inviai sia al capogruppo sia agli addetti del Controllo Capi dell’ATC e fummo tutti concordi nel ritenere che il capo fosse da catalogare come MG, maschio giovane, ma con evidenti segni di crescita anomala. Poi volli controllare dove l’avevo colpito e il lavoro svolto dalla potente Ballistic Tip da 115 grani. La famosa palla ad espansione controllata era entrata in cassa con una precisione chirurgica, millimetrica, esattamente tra due costole senza sfiorarle e quindi doveva aver cominciato a lavorare bene soltanto pochi centimetri prima di fuoriuscire dall’esile corpo del selvatico.
Come ho già detto in molte altre occasioni: La balistica terminale non è una scienza esatta!. Ogni colpo sparato, ogni capo abbattuto è una storia a sè. Quando accadono fatti simili sono sempre contentissimo, perché rompono … diciamo la monotonia della caccia a palla, dove spesso i tiri e gli abbattimenti sono molto simili tra loro, specialmente cacciando sempre nelle stesse zone. Catturare capi anomali, con malformazioni genetiche oppure causate da traumi accidentali è un altro degli scopi che si prefigge di regolare la caccia di selezione. Infatti, ogni qualvolta che mi capita di catturare un ungulato non conforme con gli standard della specie, ne faccio subito un caso con cui discuterne con amici e colleghi. Nella mia, concedetemelo, lunga carriera di cacciatore a palla e in particolare di cacciatore di caprioli ho avuto la fortuna di vedere, non solo di abbattere, moltissimi capi davvero molto strani e rari, come albini, capi con tre zampe, con tumori vari sul corpo ed anche una femmina con le corna. Spero soltanto che un bel giorno riesca, magari solo a vedere, anche da lontano, un capriolo parruccato. Quello è uno dei miei tanti sogni nel cassetto!
Marco Benecchi