Lo splendido territorio collinare denominato “Alta Maremma”, che va da Capalbio al Monte Amiata, è famoso per tantissime cose, come le terme solfuree, la produzioni di ottimi formaggi ovini, di gustosi salumi e di un ottimo vino rosso color rubino. Infatti, chi non ha mai sentito parlare delle terme di Saturnia, del pecorino di Manciano e del Morellino di Scansano? Ma per noi appassionati di caccia, e in particolare delle battute al cinghiale, Scansano, questo piccolo e folcloristico paesino toscano, è famoso anche perché nel suo territorio ospita una fantastica Azienda Faunistica Venatoria. Qui la caccia viene per prima e dopo ci si occupa della lavorazione delle carni della selvaggina e di come cucinarla. Giuseppe e Gaetano sono gli stancabili organizzatori della caccia, da quella a tordi e colombacci a a quelle più impegnative agli ungulati, ma il fiore all’occhiello sono le spettacolari, coreografiche battute al cinghiale, che dal primo di novembre al trentuno di gennaio si svolgono in boschi e macchie molto estese di lentischio, di corbezzolo, di cerro, di ornello, di crognolo, di leccio, di olivo selvatico ma anche di querce e sughere secolari, divenute, a ragione, un patrimonio culturale.
Questo è il famoso forteto mediterraneo, il regno incontrastato del cinghiale, dell’imponente daino, della lepre italica e della volpe, della beccaccia e del colombaccio. In quei boschi, per festeggiare il nuovo anno abbiamo fatto una bella battuta che ha visto come protagonisti quattro amici per la pelle: il sottoscritto, Giuseppe il Boss, Felio il saggio e Fabio il granitico tuttofare. Ma cominciamo dall’inizio.
Sveglia presto, come al solito alle otto io ero già davanti al bel camino della casa di caccia a bere il secondo caffè della giornata. Ritrovarsi con amici vecchi e nuovi per scambiarci esperienze e saluti è sicuramente una delle funzioni primarie di simili eventi, mentre ammiriamo i meravigliosi monti che circondano Scansano, ricchi di cinghiali e dove, da secoli, ottimi cani e appassionati cacciatori “Maremmani doc” si fanno sempre in quattro per far si che ogni battuta riesca sempre al meglio. Mentre il piazzale si riempiva di cacciatori intenti a segnare il proprio nome col porto d’armi sulla lista degli invitati e per fare colazione, si udiva discretamente parlare di ottiche e di armi, ma anche di lavoro, di problemi famigliari, di cani e soprattutto di caccia a grossi e zannuti verri.
Mi stavo godendo tranquillo quei magici momenti che precedono l’azione, quando sentii chiamare il mio nome. Era Giuseppe, che mi sollecitava di mettere le mie cose nel suo fuoristrada perché, viste le previsioni meteo non certo promettenti, voleva iniziare al più presto la “grande orchestra” diretta dal Capocaccia Maurizio, prima che il tempo peggiorasse.
Sull’ Isuzu di Giuseppe salimmo in quattro, oltre a noi due c’erano ovviamente Felio e Fabio e gli scherzi e gli sfottò finirono soltanto quando raggiungemmo infreddoliti le nostre rispettive poste. Per primo si fermò Fabio, seguito da Giuseppe, poi da me e infine da Felio. Ci salutammo borbottando sottovoce un “In bocca al lupo”, ripromettendoci che da quella zona non avremmo fatto passare niente e così fu.
Dopo tantissimi anni di caccia al cinghiale rispetto sempre una ferrea regola: quando sono invitato in qualche riserva tranquilla e/o magari recintata prendo a caso una delle mie tante semiauto oppure un express, ma quando il gioco “si fa duro”, in zone impervie e impegnative, mi affido ciecamente alla vecchia e fidatissima BAR Long Trac Composite calibro 30.06, alla mia carabina dei Record! Un’arma che mi ha regalato davvero tantissime soddisfazioni. Come raggiunsi la mia posta, inserii il caricatore, feci scorrere in canna una Ballistic Tip ricaricata da 165 grani e controllai che la pila del punto rosso fosse carica.
Per la caccia a tutti gli ungulati italiani, indipendentemente se uso il 308 o il 30.06, non utilizzo mai munizioni con palle di peso superiore ai 165 grani. Qualche cacciatore, sicuramente più esperto di me, potrebbe avere da ridire su questa scelta e magari ritenere quella granitura insufficiente per i grossi solenghi, ma se è convinto di questo, è sicuramente perché non ha avuto l’occasione di provare le 150 - 165 veramente a fondo.
Controllai i passi che avevo davanti e quel che vidi mi soddisfò, erano molto transitati dai selvatici e, se il tempo plumbeo avesse retto, ci saremmo sicuramente divertiti. Il suono del corno d’inizio battuta di Maurizio non tardò ad arrivare e, data l’ampiezza della zona di caccia, ipotizzai che le numerose mute di cani tardassero un poco a trovare le piste giuste quando invece…. Forse non si era neanche finito di schierare bene tutte le poste che nel bosco si avvertivamo già dei movimenti sospetti.
Cosa può esserci di più bello durante una battuta di sparare per primo? Avevo da presidiare due passi e fu in quello alla mia destra che percepii uno scalpiticcio umido, come provocato da zampe che si muovevano nel bagnato. Dato che nei giorni precedenti aveva diluviato, immaginai che nel forteto ci fossero delle pozze d’acqua e che degli animali ci stessero camminando dentro. Lentamente alzai la BAR e, come al passo s’affacciò un testone irsuto dall’aspetto famigliare, sparai. Al boato della 30.06 seguì il finimondo. Come avevo sospettato il cinghiale non era solo, infatti alla mia sinistra sparò anche Giuseppe e alla mia destra pure Felio.
Ero talmente ben messo e concentrato che in quel caos generale riuscii ad abbattere anche una grossa scrofa che aveva tentato di forzare la linea delle poste proprio tra me e quest’ultimo. In meno di un minuto avevamo a terra ben quattro animali. Davvero uno spettacolare inizio di battuta. Ma il bello doveva ancora venire. Il tempo reggeva e questa era già un’ottima notizia, poi avevamo già tirato in tre del nostro gruppo, cosa potevamo volere in più dalla vita? Nella macchia era tutta una cacofonia di canizze, delle vere e proprie sinfonie per gli amanti di questo genere di musica. Eravamo tutti attenti con le carabine ben imbracciate perché i cani non erano lontani dalle poste. Fu Giuseppe a tirare di nuovo, tre colpi in rapida successione, troppo rapidi secondo il mio parere. Infatti, dalla sua direzione sentii arrivare un paio di educatissime imprecazioni e poi un violento sfrasco nel bosco. Occhio Marco che arrivano, mi sussurrai! Ricontrollai per l’ennesima volta che il punto rosso fosse acceso (trovarlo spento nel momento cruciale è un vero incubo per tutti i Puntorossisti!) e stetti pronto. Se qualcuno mi chiedesse quali sono le cose che più mi appassionano di una battuta, gli risponderei: la canizza, il lavoro dei bracchieri e dei battitori e il passo di un cinghiale quando si avvicina alla posta.
Quel rumore inconfondibile, silenzioso ma non troppo, che ti fa saltare il cuore in gola quando lo riconosci. Figuriamoci poi se a provocarlo è un intero branco! Mi preparai con la BAR già imbracciata e dal passo di sinistra una grossa scrofa uscì come un missile. Gli tirai d’imbracciata senza neanche riuscire a mettergli addosso il Punto Rosso e per fortuna la centrai perfettamente dietro un orecchio. Il classicissimo colpo di cu…da maestro. Su, ogni tanto ci può stare. Subito dopo di me tirò anche Felio e mentre guardavo attraversare tra me e lui un bel porcastrone apparentemente indenne, percepii un rumore, un movimento sempre alla mia sinistra.
Mi girai appena in tempo per vedere un altro cinghiale uscire dal bosco per tentare di forzare la linea delle poste. Lo inquadrai nel Leica Tempus e esplosi due colpi. Uno lo abbattè con un precisione colpendolo nel collo, facendomi tirare un respiro di sollievo. Nelle ore che seguirono, fu tutta una vera guerra di spari e di canizze, quando ad un tratto risentii il tanto desiderato, inequivocabile rumore avvicinarsi. Puntai la BAR verso la direzione da dove proveniva ed alcuni secondi dopo un bel capriolo mi onorò della sua elegante presenza. Lo lasciai passare salutandolo con un sorriso e purtroppo quella fu l’ultima emozione per quella splendida mattinata. Ma ero strafelice come può esserlo soltanto uno che intorno a sè ha ben quattro animali a terra. Da quello che avevo visto e sentito, sospettai che tutti e quattro i componenti del nostro magico gruppo dovessero aver sparato. Di Giuseppe e Felio ero ovviamente sicuro, di Fabio un po’ meno, ma ero ottimista, perché avevo sentito diversi spari provenire dalla direzione dov’era di posta. Aspettai impaziente il suono liberatore del corno di fine battuta per andare a vedere da vicino le nostre prede abbattute, e per “deformazione professionale” pensai che avrei avuto dei bei soggetti da fotografare e per verificare gli effetti balistico-terminali delle mie ricariche preferite. Di triplette in vita mia ne ho fatte talmente tante da perderne il conto, mentre di “poker” di ben quattro cinghiali effettivamente molti meno. Chissà, forse per non fare attendere mamma Teresa ai fornelli e per non pretendere davvero troppo dal tempo che stava peggiorando Maurizio suonò finalmente la tromba. Senza perder tempo, con l’aiuto dei miei fedelissimi amici Giuseppe e Felio recuperammo i cinghiali abbattuti per metterli in posa per le immancabili foto ricordo.
Come avevo ipotizzato, oltre ai miei quattro cinghiali, ne aveva fatti due Felio, un bel verro Giuseppe e un onesto porcastrone anche Fabio. Insomma, il “Poker degli amici dell’Antica Maremma” aveva colpito ancora! Con le attrezzature e i veicoli che dispone l’Azienda smacchiare i selvatici abbattuti fu facile e poco faticoso e ben presto ci ritrovammo tutti nel piazzale antistante la casa di caccia ad ammirare un bel Tableau composto da una quindicina di capi. Fu davvero un ottimo risultato, anche se non eccezionale, considerando che a volte in quei boschi immensi abbiamo raggiunto numeri molto più ragguardevoli. Per concludere, vorrei ricordare che nella Maremma Toscana la caccia al cinghiale in battuta ha un profumo, un sapore particolare. Non dico che è meglio o peggio di quello che si respira nelle altre Regioni d’Italia, solo che ha…. un sapore….. diverso! E chi volesse venire a provarlo… ci venga a trovare. Siete tutti invitati alla prossima battuta! Non mi resta altro da fare che salutare calorosamente tutti i colleghi cacciatori di Manciano, di Scansano e di Pomonte e ringraziare i miei amici del cuore Giuseppe, Felio, Fabio e Maurizio! Grazie a tutti e arrivederci presto! Vostro Marco...
Marco Benecchi