Il “politichese” è un linguaggio che non si addice al variegato mondo venatorio, che predilige concetti diretti, semplici e facilmente comprensibili…lasciamo agli Onorevoli (?) Parlamentari l’onere di “affrontare qualunque argomento e in qualunque contesto pubblico senza in realtà dire alcunché”, ricercando “convergenze parallele” prima di stilare programmi da condividere con forza e determinazione “unitaria”.
Ho seguito con interesse, da cacciatore, il primo appello per l’unificazione delle Associazioni Venatorie del 2012, aspettando con impazienza un programma per punti e obiettivi da “incarnierare” a favore del mondo venatorio, un programma che puntasse dritto al recupero anche parziale di ciò che i cacciatori si sono visti progressivamente sottrarre e ricollocasse l’ISPRA nel suo effettivo ruolo di organismo tecnico, senza invasioni di campo nei confronti delle autonomie legislative regionali.
Mi ritrovo invece nel 2013 a leggere ancora inviti in “politichese”, conditi da velati rimproveri nei confronti di quelle Associazioni Venatorie soffocate “dall’arretratezza delle idee e dei propositi” che sono ancora fuori dal gioco e che “si sono isolate nel loro autoreferenzialismo, prive del necessario sentire verso l’attuale, particolare momento storico ma, soprattutto, finora miopi sul futuro da garantire alla caccia”.
Sento parlare di “caccia sostenibile e cittadini che ne capiscano il senso, cittadini-cacciatori che capiscano il valore della ruralità in una biodiversità condivisa con l’agricoltore, che sappiano essere responsabili e attenti ai valori delle tradizioni e delle costumanze locali”, concetti condivisibili che mi danno però la sensazione che questi siano il solo e unico spirito guida dell’appello all’unità, ma nessuna parola sui tempi certi e inattaccabili di caccia, sulle specie da reinserire nell’elenco di quelle cacciabili, sui criteri certi e definitivi per l’applicazione del prelievo in regime di deroga, sui necessari interventi di contenimento delle specie opportuniste tanto per stilare una parziale “bozza di programma” comprensibile e appetibile, che convinca le Associazioni “isolate e arretrate” a bussare alla porta delle Associazioni progressiste e riformiste.
Rimango ancora in attesa, da cacciatore, di un programma unitario di intenti, scritto in termini “rurali e elementari” da contrapporre alle decine di proposte di legge anticaccia già depositate in un Parlamento che non c’è, un programma che non ceda a mediazioni al ribasso per la categoria e che ci tranquillizzi, senza pormi il problema di come sarà strutturato il Vertice Nazionale del nuovo soggetto associativo, di chi saranno i titolari delle poltrone di comando e di quali saranno le ricadute verticistiche e dirigenziali a livello regionale.
Qualcuno potrebbe rispondermi che il programma sarà un passaggio successivo alla nascita del nuovo soggetto associativo unitario e mi chiedo, in tal caso, come ci si possa riconoscere in una struttura ex novo senza un programma di sostanza e non di facciata che faccia da collante.
Rimango in attesa di sapere, da cacciatore, se il nuovo soggetto associativo si doterà di un’unica polizza assicurativa con le sole coperture obbligatorie previste per legge e con gli stessi massimali, per porre così fine al mercato delle coperture accessorie e affinché ci si possa riconoscere in una Sigla per puro spirito di appartenenza e non per le differenti valutazioni di risarcimento, per fare un esempio, in caso di morte del o dei cani.
Per facilitare poi la scelta se aderire al nascente soggetto associativo o rimanere “fedeli” alle Associazioni “arretrate e isolate” tanti cacciatori come il sottoscritto si chiedono se il mandato esplorativo riuscirà entro la primavera (del 2013?) a superare una pregiudiziale di non poco conto, a conoscenza degli addetti ai lavori interni al progetto e di pochi “esterni”, letta comunque fra le righe di alcuni comunicati sul tema tendenti a escludere categoricamente ipotesi di fusione, con azzeramento di sigle e perdita conseguente di identità associativa.
Un’affermazione di questo genere fa supporre, a mio avviso, al tentativo di creare una Confederazione di Associazioni (la pregiudiziale citata), con conseguente mantenimento di sigle e identità e che ricalcherebbe nella forma (e forse nella sostanza) le orme di una precedente e fallita Unione (UNAVI) e di una Federazione che sta per scoppiare (FACE), dotata di nuova sigla e logo attualmente allo studio.
Perché non creare allora (definizione tratta da Wikipedia) un “Gruppo di pressione, una forma politicamente attiva di un Gruppo di interesse (venatorio e delle attività commerciali collegate nel nostro caso), una struttura dotata di una organizzazione formale, identificabile e riconoscibile, basata sulla divisione funzionale dei compiti che agisce in vista dell’affermazione dell’interesse particolare (la caccia nel nostro caso)”, una vera e propria LOBBY strutturata dalle Associazioni Venatorie TUTTE, in grado”di influenzare a favore dell’interesse rappresentato le Istituzioni legislative, politiche e amministrative e a legiferare in merito ad esso”.
“Un processo (sempre citato da Wikipedia) “che si verifica presso la Commissione che ha sede a Bruxelles e, in misura minore, presso il Parlamento che ha sede a Strasburgo, mentre negli Stati Uniti d’America la pressione viene esercitata sul Congresso di Washington”.
Ma siamo in Italia e l’unica componente che ha capito come si influenzano le scelte della politica, creando un Gruppo di pressione del tutto simile a una LOBBY pur mantenendo sigle e identità propria sono gli ambientalisti, trasversali ai Partiti, ma con un obiettivo unico.
Stefano Tacconi