"Mettere in discussione le regole è la regola della scienza. E’ la sua forza, altrimenti saremmo ancora all’età della pietra"
Umberto Veronesi
Ci sono voluti un bel po’ di anni, ma piano piano la verità si sta facendo strada: al solito gli italiani ci devono prima sbattere la faccia; oppure chiudono la stalla dopo che i buoi sono usciti. E’ sempre stato così in questo Paese di indecisi, pavidi, ipocriti e opportunisti.
Sto parlando del Lupo in Italia. La verità, pur solo tra le righe e magari anche inconsapevolmente, l’ha finalmente enunciata il massimo esperto italiano: il Prof. Luigi Boitani dell’Università romana “La Sapienza”, in un’intervista rilasciata il 13 gennaio scorso al sito Gaianews.it. Non è ancora tutta, ma è già qualcosa.
Ecco cosa ha detto Boitani… o fatto capire.
Domanda: quanti lupi ci sono in Italia? Sintesi della risposta: non lo sappiamo. Esistono solo stime locali. Ma come, sono oltre quarant’anni che si studiano i lupi, che si contano, si censiscono con tutti i metodi possibili (analisi di avvistamenti diretti e indiretti, wolfhowling, DNA), spendendo certamente milioni di euro di fondi europei e non solo, ed ora ci vengono a dire che non lo sanno!? E allora, come la mettiamo con le annuali cifre date ogni anno come “ufficiali” dal WWF (e fatte proprie anche da alcune autorità) sbandierate su tutti i giornali, pubblicazioni e siti Internet? Cos’erano, cosa sono, una balla? Numeri sparati a caso? Stime senza alcun riscontro scientifico? In pratica, quasi cinquant’anni di indagini per concludere che non si sa quanti lupi ci sono in Italia!
OK, ne prendiamo atto. Boitani sostiene che in Italia non si sa quanti lupi ci siano. E allora io dico, quando non si sa quanti animali ci sono in un territorio, regione o nazione, allora si stima quanto meno se essi sono troppi o sono pochi, e lo si fa attraverso la constatazione dei danni che essi arrecano; e se i danni dei lupi sono troppi (si parla di milioni di euro ogni anno) vuole dire che i lupi sono certamente troppi. Anche questa è scienza, la stessa che mi hanno insegnato ad utilizzare eminenti professori dell’Università di Monaco di Baviera quando si parlava di cervi e caprioli. La logica mi dice che se questa regola vale per i cervidi, deve per forza valere anche per i lupi.
Nel 2010 chi scrive tentò una stima partendo dai cosiddetti dati “certi ed ufficiali” (numero della popolazione di partenza, nel 1970; natalità nota; mortalità presumibile). Prendendo per buoni quei dati certi – in realtà in difetto al ribasso – e facendo anche tutti calcoli al ribasso (cosa che dovrebbe rendere la stima ancora più credibile), ottenni una cifra di 4.500 lupi. Nessuno l’ha mai formalmente contestata; eppure era basata su un calcolo ben preciso, un calcolo che se fatto da altri sarebbe stato, e sarebbe ancora, definito “scientifico” (o sono scienza solo i calcoli che fanno quelli che godono di lauti stipendi nelle università? Quelli che non mettono in discussione mai nulla? Che anzi, sono loro a dare “le carte”, a fare da mazzieri?).
Domanda: è in crescita (“espansione”) la popolazioni di lupi? Risposta: non è in crescita (“espansione”) nelle Appennini, ma lo è nelle Alpi. Questa però Boitani ce la deve spiegare! Se il lupo nelle Alpi è di provenienza appenninica quale effetto della sua espansione come lui e tutti gli altri da anni vanno sostenendo, e se il collegamento Appennini-Alpi è ormai da anni considerato concluso, come si spiega oggi l’illogica cessazione dell’espansione? Autocastrazione dei lupi appenninici? Calo del desiderio? Quindi, diversa prolificità delle due popolazioni? “Muro di Berlino” in Liguria? E, soprattutto, perché Boitani le considera due popolazioni? Allora è forse vero quello che io vado sostenendo da anni, cioè che i Lupi delle Alpi non sono mai giunti dall’Appennino e che le due popolazioni esistono e sono state geograficamente divise per quasi un ventennio (e prova ne è il “vuoto” di tutta la Provincia di Savona e gran Parte di quelle di Genova ed Imperia negli anni del cosiddetto “ritorno naturale”). E che ci dice sul diverso aspetto fenotipico ed il diverso carattere comportamentale nei rapporti con l’uomo; tutte cose che, per quanto noto, nessuno si è mai preso la briga di studiare: mentre da anni in tanti si sprecano in ormai inutili ricerche di biologia. Che si tema una verità che rischia di divenire scomoda? Si pensi a quale figura i tanti studiosi e loro sostenitori farebbero il giorno che si scoprisse, e venisse infine dimostrato inconfutabilmente, che i lupi delle Alpi non hanno mai avuto origini italiane!
Intanto qui in Val Bormida i lupi sono ormai presenti ovunque, e con segnalazioni sempre più frequenti prossime al cuneese e alla Francia (è dell’altro ieri la predazione su un cinghiale, qui, a poche centinaia di metri da dove scrivo) e sporadiche verso il genovese (segno di uno spostamento da ovest verso est). Lupi molto più grandi di quelli appenninici, e molto meno schivi dell’uomo (ormai non passa quasi giorno senza che qualcuno non ne segnali gli avvistamenti, confermando sempre il loro atteggiamento poco o per niente timoroso dell’uomo: cosa che stranamente non avviene o avviene raramente in Appennino). Caratteri che fanno appunto pensare ad una diversa popolazione. Ora Boitani ce lo conferma: anche la crescita numerica (“espansione”) è diversa. Ma allora, forse siamo di fronte ad una sottospecie o fenotipo diverso! O no? Perché in tal caso qualcuno (forse lo stesso Boitani) ci dovrà spiegare come mai in Appennino il lupo avrebbe smesso di crescere (perché ogni espansione animale, quando non sporadica – si veda il caso dell’Orso marsicano – è sempre conseguenza di una crescita numerica) mentre sulle Alpi continua a farlo. Solo per una maggiore disponibilità di territorio da occupare? Forse che i lupi in assenza di territori in cui espandersi cessano di… scopare? E, allora, come mai ciò non avviene nei recinti dove lo spazio a loro disposizione è notoriamente ridotto? E poi, come mai il lupo si sta espandendo – crescita numerica – in tutti i Paesi in cui vive (e che crescita!), meno che nell’Appennino? Qui siamo di fronte a schizofrenia scientifica!
Povera opinione pubblica, costretta a subire una informazione di parte che poi si scontra con la realtà dei fatti! E poveri allevatori, costretti a pagare loro il diritto all’esistenza di un bene comune, perché di soldi per i danni ce ne sono sempre pochi, ma non mancano mai quelli per le ricerche. Come se i lupi vivessero di ricerche e non già di pecore e vitelli e, sempre più spesso, di cani.
E, a proposito dei cani, sempre Boitani ci dice del problema degli ibridi; quelli che secondo alcuni deriverebbero da accoppiamenti con lupi – peccato che benché di cani in Italia se ne abbandonino purtroppo tanti, di canilupo abbandonati e raro sentirne parlare. E allora, da dove spuntano questi ibridi? Che ci sia lo “zampino” dei famosi Lupi delle Alpi? E come mai gli “esperti” del DNA ci dicono di saperli distinguere dal lupo, mentre non sono poi in grado di distinguere il lupo appenninico da quello dell’Europa centrale e/o dell’Est? Certo, qualcuno se la cava sostenendo che non c’è alcuna differenza (salvo poi essere smentito da altri che sostengono una diversa specificità per il Lupo appenninico e l’importanza di preservarla: e qui siamo anche noi d’accordo!). Eppure tutto questo in Italia è “scienza”, e guai a metterla in discussione; dimenticando che scienza è anche mettere in discussione ciò che altri sostengono di aver dimostrato!
Murialdo, 18 Gennaio 2015
Franco Zunino
Segretario Generale Associazione Italiana Wilderness