Ci siamo! Escludendo deroghe, proroghe, abbattimenti controllati eccetera, eccetera, la caccia, quella classica, con il mese di febbraio (in alcune regioni già da fine dicembre) è giunta al termine. Nulla è cambiato rispetto agli ultimi anni; sempre meno catture, sempre più limitazioni, sempre più umiliazioni, sempre più complicazioni.
Faccio un paragone azzardato, che poi tanto azzardato non è; è come se un uomo per fare l’amore con la donna che ama, dovrebbe rispettare tempi, luoghi e modi previsti dalla legge. Il risultato sarebbe quello di spoetizzare il più puro tra i sentimenti fino ad arrivare al punto di violarla quella legge. In pratica è quello che sta succedendo con la caccia.
Io credo che per un cacciatore, il momento della caccia rappresenti un po’ l’apoteosi della passione amorosa. Io amo la caccia e se fosse per me, a caccia ci andrei tutti i giorni. Io (cacciatore) non ho bisogno di regolamenti. Io so quando è il periodo di accoppiamento delle lepri, so quanto dura la gestazione so quando ci saranno i cuccioli. Quindi non caccerò le lepri in quei periodi, non addestrerò i cani in quei periodi; stessa cosa dicasi per i fagiani o le starne. Io so riconoscere una cappellaccia da un’allodola, un verdone da un fringuello, un frullino da un beccaccino, e non solo guardandoli nelle fotografie, le differenze le vedo nel loro modo di volare, o al canto che fanno quando si alzano da terra, e non caccerò quei selvatici che secondo studi competenti si trovano in una evidente difficoltà numerica.
Quello che voglio dire, è che la caccia (quasi come l’amore) è qualcosa di così naturale, atavica e spontanea, che per un cacciatore alcuni comportamenti sono del tutto meccanici, e qualsiasi legge o regolamento in materia diventa quasi superflua. Esiste un’educazione venatoria che si tramanda da padre in figlio, che per princìpi, moralità e senso del dovere non ha nulla da invidiare alla più classica delle educazioni necessarie al corretto vivere civile. Mi rendo conto che quanto detto sopra, ricade in quei concetti che ogni cacciatore sa, ed è stufo di sentirselo dire. Purtroppo per noi, questa visione poetica della caccia, è sfumata da tempo. La realtà è che viviamo una condizione venatoria strumentalizzata.
La caccia ha perso la sua vera natura ed è diventata una banale merce di scambio tra politici, e la cosa più triste è che si fa molto poco per cambiare questa situazione; ma c’è ancora qualcosa di più triste (a parte qualche rara eccezione) ed è la nostra ormai appurata inerzia; continuiamo a subire senza dare il minimo cenno di reazione. E per reazione non intendo i soliti comunicati stampa che a poco servono. Occorre qualcosa di più concreto ed evidente, che possa essere visto non solo dagli addetti ai lavori, ma anche da coloro i quali, in merito alla caccia, conoscono solo quello che i soliti noti dicono nelle solite trasmissioni.
Perché se uno come il mago Casanova può occuparsi di caccia, e dire le solite “balle” contro cacciatori e caccia, a noi deve essere negato il diritto di replica? Ci siamo così assuefatti all’idea di essere colpevoli che pensiamo solo a difenderci dagli attacchi e mai ad attaccare. Per attaccare non intendo sputare veleno sui nostri avversari, primo perché non è nel nostro stile, poi perché sono così bravi a sputarselo in faccia da soli, che non vi è necessità di infierire. Per attaccare, intendo informare. Bisogna adeguarsi ai tempi, se è necessario creare insieme agli ATC di competenza dei fondi da destinare all’informazione. Io credo che questo sia un punto molto fondamentale per il futuro della caccia, triste a dirsi ma è così.
C’è una frase bellissima di M.L. King che recita cosi “Può darsi che non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non fate nulla per cambiarla”. E allora dobbiamo iniziare a muoverci in questa direzione, coinvolgere dei professionisti, pagarli se necessario, fare tutto ciò che è in nostro potere per far crollare il muro di diffamazione che i nostri antagonisti stanno sollevando intorno a noi. Siamo in settecentomila, siamo diminuiti è vero. Ma non siamo pochi. Se ognuno di noi, fa qualcosa, saremo in settecentomila che fanno qualcosa e quel qualcosa assumerà proporzioni di tutto rispetto. Non culliamoci sul fatto che “tanto la caccia fa girare soldi e non la chiuderanno mai”, perché come potete vedere le tasse sono diventate direttamente proporzionali alle limitazioni. Alla fine pagheremo per non andare a caccia, che è un po’ quello che stiamo facendo adesso. Mi piacerebbe per la prossima stagione, non tanto vedermi aumentato il periodo di caccia, ma sapere che in qualche modo il nostro numero è aumentato, quella sarebbe una vera vittoria per noi cacciatori, e da lì ripartire per ridare alla caccia quella visione poetica di cui tutti(credo) ci siamo innamorati.
Vincenzo Mazzone