A cadenza quasi prestabilita, come una sorta di ritornello, accade che “qui e la” emergano paure, espresse da parte di appartenenti a vario titolo al mondo venatorio, riferibili alla condizione numerica di alcune specie cacciabili, che peraltro, in alcune nostre zone (del Piemonte), non sono mai state numerose come oggi! Neppure in quei tempi ormai lontani che vengono ricordati e citati come l’”el dorado” della caccia.
E tra le concause che vengono paventate da alcuni per il futuro declino (??!!) di dette specie, tra cui la lepre, a cui con questa mia farò riferimento, non manca mai la pressione venatoria. Qui, in alcuni nostri atc, riferita in particolare alla possibilità, in atto da pochi anni, di cacciare tre giorni, peraltro fissi, a settimana e non più solo due come avveniva un tempo.
Ebbene, un semplice calcolo matematico dovrebbe evidenziare che, prima della sentenza emessa dal Consiglio di Stato ove si leggeva, si legge, e si leggerà per decenni, che alcuni atc hanno creato un danno grave ed irreparabile a quei cacciatori fino ad allora ingiustamente obbligati a cacciare due giorni a settimana invece di tre come previsto dalla normativa nazionale, le giornate di caccia fruibili sulla piccola stanziale e pertanto anche sulla specie lepre erano, in linea di massima, ventiquattro, calcolando due giorni a settimana dalla terza domenica di settembre alla seconda domenica di dicembre, così come prevedeva la normativa di allora, mentre oggi risultano ventisette, dall’ultima domenica di settembre all’ultimo giorno utile di novembre, così come previsto dall’attuale calendario venatorio.
Atteso quanto sopra, sarà mai possibile ipotizzare che tre giorni in più di caccia, su un’intera stagione venatoria, possano o potranno determinare il declino di una specie?
O piuttosto i fattori negativi da monitorare con massima attenzione sono e saranno altri? Ed alcuni oltremodo conosciuti da tempo ma su cui si interviene ancora poco o nulla?
Da considerare poi che molti, quando vigevano le indebite limitazioni, cacciavano due giorni pieni a settimana, sfruttando al massimo quel poco tempo a loro concesso, mentre oggi un numero altrettanto congruo, per vari motivi, tra cui anche le condizioni fisiche loro e dei loro ausiliari, caccia soltanto al mattino e di conseguenza invece di cacciare due giorni a settimana lo fa ora soltanto per un giorno e mezzo, nello stesso periodo!
Non di meno, in realtà da sempre, questo si, intervengono le condizioni di salute e gli impegni lavorativi/professionali dei cacciatori, il meteo avverso, a ridurre ancor più le effettive giornate di caccia che ciascuno può praticare.
Ma il fatto che evidenzia maggiormente l’incongruità di certe paure è che non è stato accresciuto in alcun modo il carniere giornaliero e stagionale! Per ciò che concerne ancora la specie lepre, una al giorno e cinque a stagione, questa era ed è ancora la regola.
Possibile che all’evidenza dei fatti c’è ancora chi oppone quelle che appaiono perlopiù fumose teorie sui danni che possono fare caccia e cacciatori? Perché chi esprime certe preoccupazioni non cita mai quali e QUANTI selvatici, comprese le lepri, si trovano nelle zone ove non si caccia magari da decenni?
Le paure non sono utili a nulla ed a nessuno, anzi spesso sono persino controproducenti per le reazioni che possono provocare o perché distolgono l’attenzione dai veri problemi che riguardano quasi esclusivamente la gestione e la cura dell’ambiente e non se si caccia un giorno in più o un giorno in meno, in relazione ad una ventina in cui è consentito farlo su….. trecentosessantacinque che compongono un anno!!
Così come, giusto per allargare appena un po’ il discorso, si è dimostrata controproducente la paura e/o la diffidenza, in quelle zone del Piemonte ove si è concretizzata, da cui è scaturito l’obbligo di indossare indumenti ad alta visibilità per tutti i cacciatori che, oltre ad apparire altamente discriminatoria in quanto non estesa anche agli altri fruitori di boschi e campagne, ha originato incertezze proprio tra gli stessi cacciatori.
Infatti prima di quella indicazione regionale, peraltro non impositiva e pertanto posta in essere da atc e ca a “macchia di leopardo”, apparivano immediatamente evidenti e riconoscibili sul territorio le squadre dei cacciatori di cinghiale che, anche autonomamente, da sempre, avevano deciso di servirsi di indumenti ad alta visibilità proprio giustamente per la particolare tipologia di attività venatoria praticata.
E così, anche grazie a quell’accorgimento, gli altri nembrotti, e non solo, potevano evitare con più facilità di trovarsi nel bel mezzo di qualche battuta.
Ora invece siamo tutti uguali in giro per boschi e campi, con ciò che ne consegue, ed un provvedimento che in astratto era teso, forse, ad aumentare la sicurezza, nella concretezza l’ha attenuata.
Così come appaiono sempre ed ancora estremamente inutili, quelle paure e/o diffidenze che generano prese di posizione tese a penalizzare i migratoristi.
E qui mi fermo perché mi rendo conto che anch’io, infine, ho reiterato il mio solito ritornello ma è pur vero che non potrò esimermi dal ripeterlo ancora ed ancora, ogni qualvolta qualcuno (CHIUNQUE!!) me ne fornirà l’occasione.
Ringrazio per l’attenzione e porgo cordiali saluti.
Ezio Cardinale
Pres. prov. Arcicaccia Cuneo