Ora in Val Bormida in tanti hanno paura dei lupi (la stessa raccolta dei funghi è messa a rischio da questa paura). Ed hanno anche ragione ad aver paura, perché questi lupi che hanno infine invaso la Val Bormida NON SONO LUPI APPENNINICI: sono figli di quei lupi liberati in Francia a partire da circa vent’anni fa, che proprio perché abituati al cibo che gli portavano gli uomini, hanno tramandato la conoscenza comportamentale alle nuove generazioni: dove c’è l’uomo c’è cibo! Sono lupi più grandi, più robusti, più “violenti”, meno paurosi dell’uomo dei lupi italiani che, proprio perché italiani come tutte le specie meridionali sono di taglia più piccola.
Ora la gente ha paura, ed è una reazione normale per popolazioni che al lupo non erano più abituate da almeno cent’anni; una popolazione che ha ancora reminiscenza dei racconti dei vecchi, del passato antico; racconti certamente anche gonfiati, ma non del tutto irreali. Se il lupo è stato inserito in tante favole come la “belva”, ci deve pur essere una ragione, e la ragione è che probabilmente molti di quei fatti erano veri.
Se la gente ha paura, c’è quindi una ragione.
E’ da decenni che il sottoscritto prevede (aveva previsto) l’arrivo di questi lupi, ovviamente da ovest, cioè dal Piemonte cuneese e quindi dalla Francia; lupi di origine centro europea (con qualche dubbio su altri fenotipi, forse anche asiatici e americani), tenuti a lungo nei recinti prima della loro probabile liberazione. Quindi, in Val Bormida sono infine INCONFUTABILMENTE arrivati, e sono tanti e stanno infine riempiendo quel “buco” a cavallo tra le province di Imperia e La Spezia che era rimasto vuoto o semivuoto per decenni, e che i naturalisti erano in attesa che fosse colmato con arrivi da est e sud, col lento e progressivo crescere della popolazione appenninica (come sostengono gli studiosi, ma solo per partito preso e non certo perché inconfutabilmente dimostrato); ma che è invece stato colmato con gli arrivi da ovest, con la crescita della cosiddetta popolazione alpina, misteriosamente “esplosa” tra Francia e Piemonte.
Ora, altre associazioni ambientaliste (per non dire degli animalisti anticaccia!) continuano a raccontare la favole dell’arrivo dagli Appennini, quando non dal lontano Abruzzo, basando le loro dicerie su discutibili analisi del DNA e su altrettanto discutibile osservazioni su un unico animale che, liberato nei dintorni di Parma è provato che poi arrivò nel cuneese dove fu subito ucciso dai lupi “francesi”: come se una rondine facesse primavera! Ovviamente, nessuna prova dell’inverso, perché, guarda caso, da quando i lupi sono apparsi in Francia e Piemonte, non si è mai saputo di catture e radiocollari che dimostrassero il contrario (e se ci sono state, sono anche state tenute nascoste, mentre del Lupo “Alberto” - o “Ezechiele” - si è straparlato; come se lo scopo fosse dimostrare un origine appenninica che se non prestabilita a tavolino almeno era auspicata da tanti!
Con l’aiuto dei politici, sempre sensibili ad ogni progetto che attiri danaro, i biologi della fauna stanno spendendo milioni di euro per studiare (stipendiati!) il lupo, ma non un euro è mai stato speso per studiare l’origine di questi lupi piemontesi ed ora valbormidesi. Studiano la biologia ed il comportamento (come se non fossero già sufficienti le montagne di libri e studi scientifici che di queste cose riportano già tutto, e ripetitivamente). L’unica cosa che bisognava e bisogna capire per rispondere alle domande a cui nessuno risponde (o si risponde mentendo sapendo di mentire) è: DA DOVE ARRIVANO QUESTI LUPI? PERCHÉ SONO COSI FENOTIPICAMENTE DIVERSI DAL LUPO APPENNINICO? PERCHÉ HANNO COSI’ POCA PAURA DELL’UOMO? Su queste domande che la gente si pone, SILENZIO TOTALE o… balle!
Ora il WWF ci viene a raccontare che “bisogna impedire che altri lupi dall’Appennino giungano in Francia, perché in Francia li ucciderebbero” (e meno male che anche la Francia, come già la Spagna, la Svizzera, la Danimarca, la Norvegia, la Svezia, ha una visione più pratica e realista del problema!); ovvero, richiedono una “barriera” che sembra invece piuttosto necessaria per impedire che questi Lupi alpini non giungano ad inquinare la popolazione appenninica e certamente italiana (ma forse lo richiedono proprio perché sanno di questo rischio di inquinamento genetico; ovvero non già che i lupi italiani raggiugano la Francia, ma che quelli “franco-alpini” finiscano per predominare su quelli appenninici!). Questo vuole e deve sapere l’opinione pubblica. Non le solite smentite da manuale sull’ipotetico inesistente rischio che questi lupi alpini possano essere pericolosi per l’uomo. La paura irrazionale non la si elimina raccontando favole o proponendo l’acquisto di cani da pastore abruzzesi e maremmani che, secondo loro, terrebbero lontani i lupi: un’altra balla gigantesca che qualsiasi pastore di quelle contrade può smentire: perché solo BRANCHI di quei cani possono, ma solo in qualche caso, far allontanare i lupi, e non sono pochi i casi di cani abruzzesi sbranati dai lupi (non per nulla per evitarlo sono spesso muniti di collari difensivi!). Ma quanto costa mantenere un branco di cani? Questo non ce lo dicono, perché intanto le spese se le accollerebbero i proprietari di armenti!
Ci vengono poi a raccontare la favola manualistica del lupo che controlla i branchi di cinghiali, cervi e caprioli: una verità valida solo per le vaste e selvagge lande nordiche dove non esiste, come da noi, l’anello più debole della loro catena alimentare che è sempre e comunque l’animale domestico, cani compresi. Né ci dicono che comunque le predazioni sulla fauna selvatica non sono mai tali da mantenere in equilibrio le specie erbivore (lo si legge solo nei manuali dei naturalisti!): al massimo ne riducono sensibilmente il numero o succede solo in situazioni particolari. La verità è che il numero dei cinghiali e dei lupi va mantenuto basso con azioni dell’uomo, che significa abbattimenti mediante controlli venatori e dopo censimenti super-partes. La storia insegna; tutto il mondo insegna, ma al solito gli italiani sono ciechi e sordi a questi insegnamenti e propongono i soliti metodi palliativi, facendo sì che il problema lupo, così come l’altrettanto e più grave problema cinghiale, si aggravi sempre di più, fino a portare all’esasperazione chi di questi animali ha paura, specie leggendo dei sempre più frequenti casi di aggressioni o di incidenti, anche mortali; per non dire dei milioni di euro di danni che NESSUNO paga, se non chi li subisce!