La notte è serena, l’aria è fredda e cristallina ma non dà assolutamente fastidio. La luna illumina la radura, forse anche troppo. Sono quasi le tre del mattino e a quell’ora, si sa, l’efficienza fisica di un uomo raggiunge il minimo livello. Ho molta difficoltà a mantenere gli occhi aperti. Chi mi accompagna non è un granché come interlocutore, ieri sera mi ha persino raccomandato di respirare poco per non appannare i vetri della nostra Ceka..
Io e Ferdinand, il guardiacaccia iugoslavo, siamo ipnotizzati dalla carcassa del cavallo che è stata precedentemente sistemata come esca. Dopo quasi otto ore di attesa nel nostro confortevole appostamento, non vedo l’ora di raggiungere la casa di caccia per godermi una calda e sostanziosa colazione ed un meritato riposo. Ad un tratto sento la mano del guardiacaccia stringermi il braccio come in una morsa, mentre contemporaneamente mi indica una grossa sagoma scura che sta uscendo dal bosco. Attraverso il vetusto 7x 42, il bosniaco sussurra.: ”dobro”. L’orso che ho desiderato per tutta la vita eccolo lì, davanti a me, a circa cinquanta metri di distanza. E’ bellissimo, enorme. Ad ogni passo che fa, la sua folta pelliccia ondeggia riflettendo i bagliori della luna. Cammina piano fiutando l’aria, si avvicina al carnaio lentamente, non ha fretta. I suoi formidabili sensi non gli trasmettono nessun pericolo. Il mio cuore batte come un tamburo, nelle vene ho più adrenalina che sangue. Emozionatissimo, porto alla spalla il calcio della Steyr Mannlicher calibro 8x68 Shuler e posiziono subito il reticolo del 3–12 x 56 sulla possente spalla del plantigrado. Dopo alcuni secondi trascorsi a iperventilare, controllo il respiro, armo lo stecher e………invece del violento rinculo della potente otto millimetri, sento lontanissima suonare la sveglia. E’ ora di alzarsi, il sogno purtroppo è finito! Peccato di non aver potuto verificare se almeno il colpo fosse andato a segno. Peccato, sarà per un'altra volta.
Questa mattina sono impegnato in un’altra avventura, io ed un caro quanto famoso amico, Pierino Zanardini, cacceremo insieme daini e mufloni. A dir la verità oggi avrei avuto altri impegni, ma non ho potuto dire di no ad una delle persone a me più care: il dott. Leonardo Chiri, proprietario di una delle più belle riserve di caccia della Maremma e precisamente “La Vacchereccia”, nel territorio di Civitella Cesi in provincia di Viterbo. Il dott. Chiri giorni addietro mi telefonò dicendomi: ”Marco, per questo fine settimana non prendere impegni che viene a caccia Pierino con dei suoi conoscenti”. “Lo sai com’è fatto, vuole che ci sia sempre tu ad accompagnarlo. Chissà, forse perché quando andate a caccia insieme non fate altro che parlare di armi e di calibri”. Sorrisi tra me, pensando che quello che aveva appena detto il dottore era vero, così lo tranquillizzai assicurandogli che avrei preparato, per l’amico gardonese, una degna accoglienza.
La “Vacchereccia” è una grande tenuta molto ricca d’animali ma non per questo è facile praticarvi la caccia agli ungulati. Al contrario, daini, mufloni e cinghiali, se non insidiati con passione, con abilità e anche, perché no, con un pizzico di fortuna, spesso possono eludere il cacciatore. Può capitare che un giorno, tra appostamento e cerca, vedi una trentina di daini e magari anche un grosso branco di mufloni, ma può anche accadere che in due giorni di caccia riesci a vedere di sfuggita soltanto qualche animale.
Zanardini è un caro amico e quindi merita un trattamento particolare. Insieme al dott. Leonardo, che non si tira mai indietro quando c’é da muovere le mani, cercheremo di sfruttare al massimo la nostra conoscenza del territorio per far sì che Pierino e i suoi amici guadagnino qualche buon trofeo. Dopo innumerevoli tentativi, siamo finalmente riusciti a trovare un foraggio in grado di richiamare gli ungulati nelle zone aperte. La potatura degli ulivi attira i daini e i mufloni, come le saline attirano i caprioli ed i camosci. Inoltre, essendo Piero una “buona forchetta”, non è male dare una controllata alle condizioni strutturali del palchetto nascosto tra gli alberi dove salirò con lui e delle altre altane dove si apposteranno i suoi amici. Oggi è il giorno prefissato per la caccia. Dopo l’amaro risveglio dall’aspetto all’orso, parto per Civitella e in neanche mezz’ora, puntuale come sempre, sono sul posto. Sono appena le cinque di mattina.
Nella spaziosa e caratteristica casa di caccia accendo velocemente il camino (dalle nostre parti c’é un detto: ”Se vuoi vedere un uomo da poco fagli accendere il fuoco”), un pò di coreografia non guasta e poi metto a bollire anche il caffè. L’allegra compagnia non tarda ad arrivare e, dopo aver perduto pochi minuti per salutare i vecchi amici e per presentarci a quelli nuovi, ci avviamo sui magici sentieri di caccia. Dò solo un o riscontro alle armi e ai calibri che intenderanno usare (un giorno mi sono visto presentare un “invitato“ che pretendeva di cacciare il daino con la 22 L.R., lo giuro. Fu subito allontanato da me e dal dott.Chiri in malo modo). Neanche a dirlo, tutti i cacciatori sono armati con basculanti di produzione M.A.P.I.Z. by Zanardini ed i calibri vanno dal 6,5x57 R al 7mm RM. Alla chetichella, ognuno parte per la propria destinazione scelta in base alle singole preferenze.
Chi vuole tirare esclusivamente ad un daino andrà di posta dove è alta la densità di questo selvatico, mentre chi intende abbattere un buon muflone si dirigerà dove è più probabile incontrare un forte ariete. Io e Pierino ci arrampichiamo su quella che a mio avviso é la posta migliore. Da essa abbiamo un’ottima visuale a 360 gradi fino ad una distanza di circa duecento metri. Dalle tracce rilevate in precedenza, ho notato che la zona opportunamente foraggiata con la potatura degli ulivi é già stata visitata da molti ungulati, quindi le condizioni potrebbero essere ideali.
Non ci resta altro da fare che preparare le armi e restarcene tranquilli. Io, proletario di nascita, ho con me la fidatissima Remington 700 BDL LH mancina calibro 7 mm R.M. e quando Piero la vede come al solito non si trattiene dal convincermi a comperare (a prezzo d’amico) un suo basculante, anche se sa che posso disporre, oltre ai miei trenta fucili, anche delle pregiatissime armi del dott. Chiri, che di sola produzione Zanardini ha tre express, un combinato e tre kipplauff.
L’amico artigiano, come se fosse una pistola monocolpo Thompson Contender, lentamente carica la sua arma preferita: un mini kipplauff in calibro 308 W. Due parole è doveroso spenderle su questa bella quanto insolita arma. Per prima cosa ti colpisce la canna cortissima. Non ne conosco le dimensioni reali ma di sicuro non è più lunga di 450 mm, è semipesante e senza mire metalliche. Il calcio è in radica scelta di noce fatto su misura, e l’astina, finemente zigrinata, é larga e comoda come se fosse destinata al Bench Rest. Larga non meno di 6 cm, è stata sicuramente concepita per dare il meglio nei tiri mirati con appoggio. Piero, con un filo di voce mi confida d’essere intenzionato ad abbattere un paio di fusoni di daino per selezione (e per carne!) non desiderando per il momento trofei importanti. Ed intanto sorge il sole. Nella luce incerta del giorno nascente, con l’aiuto del mio 8x42, riesco a distinguere bene ogni movimento ed ogni ombra anche negli angoli più recessi ai confini del bosco, finché alle nostre spalle mi colpisce qualcosa. Riconosco subito cos’è, e senza avere dubbi.
C’é abbastanza luce da permettermi anche un’approssimativa valutazione del capo. Non so se fosse già fuori di notte oppure se é uscito soltanto ora, ma sta di fatto che un grosso daino pascola nella radura alle nostre spalle. E’ un palancone dal trofeo e dal corpo maestoso. La testa grossa e tozza, insieme al collo taurino e alle spalle possenti stanno a testimoniare che si tratta di un capo molto vecchio. Sicuramente non è certo della classe che interessa a Pierino. Comunque è sempre un bello spettacolo starlo ad osservare mentre con avidità bruca le foglie d’ulivo, così sussurro: “Girati lentamente senza fare rumore con la sedia pieghevole, che abbiamo compagnia." Con gli occhi incollati al binocolo sento l’amico muoversi e dirmi: “Accidenti! Quello sì che è un bell’animale, credi che sia una medaglia d’oro?”. “Se non ci arriva poco ci manca - rispondo - ma credo proprio che dovremmo esserci come punteggio”, e Piero continua: “Se le cose stanno così preferisco tirare a quello che a due fusoni.”. Siamo tutti uguali pensai.
A tavolino programmiamo una cosa poi sul terreno di caccia ne facciamo un’altra. Non capita spesso di accompagnare dei cacciatori che davanti ad un bel trofeo ti dicono: “Ma veramente io ne volevo uno più modesto, magari soltanto di poco". Se le cose stanno così non dobbiamo perdere tempo. Conosco la zona come le mie tasche, so con esattezza che il daino si trova a circa 150 metri e così lo comunico all’amico in modo che possa fare i suoi calcoli. Passano pochi secondi durante i quali Pierino prende accuratamente la mira mentre regola la respirazione. Sento armare lo stecher e immediatamente dopo parte il colpo.
Sotto la violenta spinta della 150 grani SP Norma, il palancone crolla di schianto, si rialza, accenna qualche passo, poi cade di nuovo definitivamente. Weidmansheill. Mi tolgo il cappello in segno di rispetto. Zanardini apre il monocanna, estrae il bossolo sparato e lo mette in tasca, poi ricarica l’arma e mi guarda in silenzio con in volto un’espressione felice, da furbo, mi ricorda l’attore Ernest Borgnine. Siamo molto lontani dagli altri appostamenti, non c’e’ pericolo se scendo dall’altana per vedere il vecchio daino da vicino, ma sempre con la dovuta cautela. Ho ancora vivo il triste ricordo di quando un maschio di capriolo al quale avevo tirato e che avevo creduto morto, con un improvviso scatto della testa mi piantò un corno nel palmo della mano procurandomi una brutta ferita che dovette essere saturata con cinque punti. Questa volta non c’è pericolo, sfiorando l’occhio opaco del selvatico non c’è nessuna reazione. Per prima cosa sono curioso di conoscere la sua età, così dalla dentatura “leggo” che dovrebbe avere intorno ai 10–11 anni.
Presto avrebbe iniziato il regresso, è stato senza dubbio un abbattimento corretto. Il trofeo é meraviglioso, più tardi con calma calcolerò il punteggio con esattezza, ma adesso ho un forte desiderio di accarezzargli il manto come a volermi scusare con lui per essere stato complice del suo predatore. Strano ma vero, ma come soltanto può capirmi chi è un vero cacciatore, nessuno ama di più gli animali di noi; provate un po’ a farlo capire ai verdi e a chi ci vuole male. Lontano echeggia uno sparo che mi riporta alla realtà. Vedo Piero scendere dal palchetto per raggiungermi; bene, lo aspetterò qui dove é caduto il vecchio Kapital. Scatteremo insieme qualche foto per ricordo, poi provvederò alla eviscerazione e alla prima preparazione del trofeo. Spero che l’artigiano gardonese se lo faccia preparare naturalizzato, perché di certo che non sfigurerà nella sua ricca collezione di trofei. E’ appena sorto il sole che la nostra caccia è finita, Zanardini é soddisfatto, così pure il sottoscritto. T
utto il resto della mattinata sarà tranquilla prima che rientrino gli altri cacciatori. La sfrutterò per carpire a Pierino il segreto del suo successo, di come è diventato uno dei più importanti e famosi costruttori di fucili basculanti di pregio. Lo sapevate che il buon Pierino nazionale ha costruito ben cinque express in calibro .700 Nitro? Scusate se é poco!
Marco Benecchi