Ho scritto questo articolo subito dopo che i veterinari mi comunicarono che Drago, uno dei miei setter inglese, era ormai fuori pericolo. Aveva rischiato di morire, ma fortunatamente era andata bene. Proprio il giorno di una memorabile apertura, alle prime luci dell’alba, il mio setter ebbe un incontro ravvicinato con un cinghiale e ne usci perdente e piuttosto malridotto. Quella fu un’avventura decisamente particolare (anche se dalle nostre parti in Maremma non è poi tanto infrequente) che credo meriti d’essere raccontata.
Era da luglio che avevo gli scarponi incollati ai piedi e almeno tre volte la settimana mi alzavo presto per salutare il sorgere del sole in campagna e per cercare di fare un accurato censimento di tutti gli esseri viventi che popolavano le mie zone di caccia. Poi in agosto cominciai l’addestramento dei miei cani, tre setter inglesi ed un famelico Jagd Terrier, e le cose andarono molto meglio. Trovai in buon numero fagiani, lepri, caprioli e cinghiali; nel frattempo mi allenavo fisicamente e mi preparavo con entusiasmo per l’imminente apertura della caccia: quella generale, o meglio l’inizio della stagione venatoria, quella che per molti cacciatori è più un’occasione mondana che una comunissima giornata di caccia, magari da concludere al ristorante davanti ad un piatto di pappardelle ed una bella fiorentina.
All’apertura vogliono partecipare proprio tutti, anche chi durante il resto dell’anno ritornerà a caccia soltanto tre-quattro volte. Per questo motivo non mi meravigliai più di tanto quando pochissimi giorni prima del fatidico giorno venni subissato di telefonate del tipo: “Marco! Ti disturbo se per l’apertura vengo con te?” oppure: “Quanti fagiani “abbiamo” trovato per divertirci domattina?”. “Ricordi che l’inverno passato “avevamo” deciso di fare l’apertura insieme?” e così via…. Non sò quanti di questi aspiranti (e autoinvitatisi) compagni di caccia abbiano mai sospettato quanti sacrifici comporta organizzare un’apertura della caccia come si deve, allenare bene gli ausiliari, quante decine e decine d’ore di sonno sono andate perdute, i chilometri percorsi in macchina, la benzina, l’olio e le gomme consumate, sete, sudore e polvere! Ho sempre sostenuto che quando morirò, se non dovesse esserci il paradiso, tutto il bene che ho fatto in vita a cosa sarà mai servito?
Immancabilmente il giorno dell’apertura eravamo in sei, con “soli” quattro cani, i miei! E posso giurarvi che quando al mattino ci ritrovammo tutti per fare colazione al bar, nessuno dei miei cinque compagni d’avventura riuscì a sbalordirmi facendomi trovare come omaggio un sacchetto di mangime (niente di eccezionale o di costoso, anzi, piuttosto sul proletario) per i miei cani.
Che quel giorno nell’aria c’era qualcosa che non andasse bene me ne accorsi subito dopo aver percorso pochi chilometri. Bucai una ruota e, neanche a farlo apposta, quella di scorta si trovava sotto la cassetta dei cani! Non posso descrivere le imprecazioni del momento, pena la scomunica a vita, ma mi rassegnai, sostituii la ruota e partii a razzo per recuperare il tempo perduto. Fortunatamente riuscii ad arrivare in zona di caccia giusto in tempo per gustarmi la nuova alba e per controllare con quante altre squadre di cacciatori avrei dovuto contendere il territorio. Strano ma vero, io ed i miei amici eravamo i soli ad aver scelto di cacciare in quella zona. Perfetto! Per un momento dimenticai l’incaz… della foratura della ruota e l’aver fatto tardi, ed affrontai meglio il problema di come organizzare la battuta. Nonostante tutto, volevo pur sempre bene ai miei amici e mi premeva farli divertire. Indossai gilet e ventriera, caricai Nerone (il mio il Benelli M1 Super 90 calibro 12) e poi feci scendere i cani dal bagagliaio della macchina. Mentre svolgevano le loro lunghe funzioni fisiologiche, ne approfittai per mettergli i collari beeper.
Visto che eravamo soli me la presi comoda. Aspettammo che facesse giorno, mandai avanti tre amici per farli posizionare strategicamente, poi io e gli atri due cominciammo a procedere a rastrello in un falasco alto più un metro. In quella zona avevo “assestato” una decina di fagiani e tre lepri, ma c’erano anche caprioli e cinghiali, quindi avrei dovuto stare attento. Dopo aver cacciato per neanche venti minuti, Jack, lo Jagd, partì a canizza in una vicina tagliata. Non era previsto che andassi in quell’inferno di rovi e spine prima di un’ora o due, ma se il mio piccolo demonio abbaiava doveva averci trovato qualcosa. Dei tre setter lo seguì soltanto Drago perché, vivendo nello stesso canile, tra di loro erano affiatatissimi. Pensai che lo Jagd avesse trovato un capriolo, così non gli diedi molta importanza e continuai a cacciare seguendo le due cagne. Enrico, uno dei tre cacciatori appostati gridò: “E’ un istrice! L’ho vista io”. In quel momento avrei dovuto sentire il primo campanello d’allarme, perché un selvatico simile fuori dalla tana il mio Terrier l’avrebbe fatto fuori in un batter d’occhio e senza pietà. Tutti e sei sentimmo il rumore provocato dai cani e dal selvatico, ma la macchia era troppo fitta e nessuno riuscì a vedere niente. Preoccupato che i cani s’invischiassero in un lungo inseguimento, li chiamai e con mio stupore vidi che rientrarono quasi subito. Che strano! Pensai. Drago è molto serio ed ubbidiente, ma come mai anche Jack ha rinunciato così presto a farsi una bella corsetta? Ci sono dei momenti in cui il cervello si ostina a non ammettere l’evidenza e ragiona al rallentatore. Non so se è stato perché era l’apertura, perché eravamo in tanti, perché non vedevo l’ora di arrivare dove sapevo che c’erano i fagiani, ma sta di fatto che nessuno ebbe il sospetto che avessimo avuto la sfortuna d’incontrare subito il re incontrastato della macchia mediterranea.
Cacciamo in perfetta sintonia per più di un’ora fino a quando Bianca e Kira, dopo una guidata strappacuore, caddero in una ferma statuaria. Al “sotto belle” le cagne scattarono quasi simultaneamente e quattro fagiani, prima un bel maschio ed una femmina e poi due pollastroni di covata, frullarono dal falasco. Dalla scarica di fucileria che seguì ne caddero tre, di cui uno ferito che, tanto per cambiare, si rifugiò in un macchione fittissimo. Gettai un sasso in quella direzione, ma le cagne stentarono a trovare o a fare un varco da dove poter entrare. “Tranquilli ragazzi, appena arriva Drago ve lo farà vedere lui cosa significa eseguire un bel recupero” dissi. “Marco, guarda che Drago è dietro di te e ti segue così da un bel pezzo” mi rispose Paolo. Per la miseria, non me n’ero accorto. Mi girai e nel falasco vidi il cane che tremava, tristissimo e allo stremo delle forze. Il mio primo pensiero fu che fosse stato morso da una vipera, così lo feci sdraiare e presi a tastarlo per capire cosa gli fosse successo. Fu allora che mi accorsi di avere le mani sporche di sangue e che tutte le volte gli sfioravo il torace gemeva. Tra il folto pelo bianconero del setter spiccava nitidissima una ferita aperta e sanguinolenta, lunga una quindicina di centimetri, che si estendeva per quasi tutto il costato appena dietro la spalla destra. Santo Dio! Sembrava fatta con un coltello! Solo allora capii cosa aveva trovato Jack un’ora prima, ed ecco svelato anche il segreto del perché avesse abbandonato la caccia così presto.
anno prima, anche il piccolo Terrier era rimasto vittima di zanne simili e sicuramente conservava ancora vivido il ricordo di quanto fossero affilate. Jack è un cane coraggiosissimo e molto aggressivo, ma ben sapeva che contro simili orchi era meglio non avere troppo a che fare. Dopo di che non si capì più niente. La confusione fu totale. Il fucile m’era d’impaccio, le cagne guaivano agitate, i beeper suonavano, Jack ringhiava a tutti. C’era chi diceva: “E’ morto?” “Si salverà?” altri invece: “Arriveremo in tempo alla macchina?” “E’ domenica. Troveremo un veterinario?” Avrei voluto mandarli tutti a quel paese ed affrontare da solo il mio problema, invece fu una fortuna avere i miei compagni vicini. A turno mi aiutarono a trasportare Drago alla macchina e mi fecero compagnia anche nella clinica veterinaria. Ce n’è una proprio a pochi chilometri da casa mia che, grazie alla passione di una fantastica equipe di medici, è aperta ventiquattro ore su ventiquattro, sette giorni su sette. A Drago diagnosticarono una brutta ferita, che interessò tutte le fasce muscolari del costato, compresa la pleure, ma fortunatamente non vennero lesi i polmoni, e forse gli furono incrinate un paio di costole. Tra interni ed esterni, gli misero una trentina di punti, ma tutto sommato poteva andar molto peggio.
La stagione della caccia è cominciata male, ma non è detto che finisca peggio. Dopo il primo di novembre andrò a cercare quel cinghiale con l’intento di vendicare il mio buon setter. Ci andremo soltanto io e Jack e porterò la BAR 30.06 o l’Express Redolfi 444 Marlin!
Marco Benecchi