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gen26 26/01/2018
Dopo una ricca e intensa giornata di caccia si torna alla base, i volti stanchi e tirati sono ben evidenti, come è ben evidente la soddisfazione sui volti dei giovani e meno giovani, che con passione e spirito di sacrificio e con la vigoria propria degli uomini temprati alla fatica si dedicano alla difficile e faticosa caccia al cinghiale in braccata. In quanto neofita e ospite al seguito della squadra di Mercato San Severino (Sa), di questa emozionante e coinvolgente forma di caccia, partecipante non armato se non di una semplice fotocamera digitale, alla giornata venatoria che volge alla fine, e, dalla mia "finestra" di osservatore privilegiato ed esterno al gruppo, mi accingo a descrivere il "terzo tempo", (termine rugbistico, che serve ai componenti delle squadre rivali fino a pochi minuti prima sul campo, a socializzare e scaricare le tensioni che la gara comporta) e le mie riflessioni, sulle similitudini che in fin dei conti ci sono fra cacciatori spesso così diversi tra loro, vuoi per ceto, vuoi per cultura, per età, esperienza, e, non meno importante, per forma di caccia praticata, con la sola differenza che il "terzo tempo" nel caso specifico è fra gli aderenti dello stesso gruppo, che si svolge al chiuso e vicino al fuoco, dato che si è in pieno inverno.
La base in realtà è una vecchia segheria di montagna, di proprietà di uno dei componenti della squadra di "cignalari", e, attraverso un altro suo componente e amico, nel suo caso si può dire che sia un cacciatore "insolito" in quanto usa arco e frecce in luogo del fucile, ma non per questo meno letali se il suide entra nel suo raggio d'azione, e di questo ne sono stato personalmente testimone: ero stato gentilmente invitato ad una battuta al cinghiale...la mia prima uscita in assoluto a questo selvatico, definito non a torto il "re della macchia". Nel perimetro della stessa vi era stato creato un recinto per i cani, degli splenditi Briquet Griffon Vendéen, il titolare della segheria è un appassionato "canaio"; ora non saprei dire quanti erano nella squadra i canai, ma sicuramente lui è uno dei più stimati e rispettati, vuoi per la sua esperienza e vuoi per le indubbie capacità di conduttore. A questi due requisiti si aggiungevano il rispetto per gli ormai suoi abbondanti "anta" e le sue doti umane e caratteriali.
Finita la battuta e ritornati alla base si attendevano i ritardatari, e si dovette aspettare non poco se si tiene conto che c'era da recuperare i cani che ancora erano in giro, e si doveva recuperare l'ultimo cinghiale di giornata abbattuto, cosa che poi fu rimandata al giorno successivo, per le obbiettive difficoltà dovute alla montagna e al buio pesto che oramai era calato sovrano. Devo dire al riguardo che l'attenzione rivolta agli amici ed ai cani che ancora non erano rientrati, era massima da parte di tutti, anche se all'apparenza alcuni incominciarono ad occuparsi di altro. Infatti si sentivano gracchiare continuamente le radio, e laddove era possibile si sentivano squillare frequentemente i cellulari, pronti se fosse stato necessario ad immergersi in quel buoi fitto per andare a portare aiuto.
In attesa che ritornassero gli ultimi componenti della squadra, qualcuno provvide ad accendere il fuoco nella stufa artigianale, ricavata da materiali di fortuna ma molto funzionale, infatti in breve riscaldò tutto l'ambiente, e non un solo sbuffo di fumo invase la stanza. Si era arrivati ad una certa ora, (19.30 circa) sembrava che nessuno se ne accorgesse, tranne il sottoscritto, e lo credo bene, se fossi uscito come al solito per insidiare l'amata "Arcera" sarei stato a casa già da almeno 5/6 ore, tranne nei casi in cui uscivo con i miei setter nel primo pomeriggio.
Inutile dire che le mie abitudini erano totalmente diverse dalle loro, in fin dei conti questo mi faceva sentire un po' fuori posto e infatti mi defilai e incominciai ad osservare tutti con gli occhi di chi è fuori da quel mondo di "setolosi". Rapidamente si formarono piccoli gruppi: mentre qualcuno pensava ad imbandire la tavola per un piccolo ristoro, altri diedero il via ai racconti delle fasi che avevano caratterizzato la giornata, alcuni ripetevano lo stesso avvenimento in negativo più volte, quasi a voler convincere anche se stessi che era andata realmente in quel modo: In fondo, pensavo, ci sta un po' ricamando su lavorando di fantasia, facendo ricorso a ipotesi varie e eventuali per giustificare una padella inopinata, o ad un proprio errore di valutazione. Qualcun'altro imprecava alla sfortuna per un incontro che ci poteva essere e non c'era stato, magari imputabile a un qualcosa di imponderabile verificatosi in quel dato momento. Da un'altra parte si contrapponeva il racconto di chi, più fortunato, aveva concluso la giornata con l'abbattimento della "bestia nera" magnificando ed enfatizzando la propria azione sempre di più, ogni qual volta ripeteva la descrizione dell'atto finale, magari aggiungendo un sempre nuovo piccolo particolare, per ogni nuova "vittima" (ascoltatore) del racconto.
Ogni tanto si sentivano gracchiare le radio, contiune le comunicazioni con i ritardatari, ormai prossimi al rientro anche loro. Stando da una parte mi rendo conto che sto osservando uno spaccato di vita quotidiana, in fondo è così, in modo semplice e naturale, è da millenni che la vita si autoregola con gesti, parole, incontri di persone di varia umanità, di età molto diversa fra loro (giovani, meno giovani e..."giovani" anziani) di gente appartenente ai vari gradi di posizione sociale, sia economico che culturale, persone che tra loro, forse, se non avessero questa passione ad accomunarli, avrebbero ben poco da dirsi, e scarsi interessi alla condivisione e alla socializzazione. In ultima analisi posso dire senza timore di smentita che la squadra di "cignalari" che ho il privilegio di osservare è composta da un gruppo omogeneo e eterogeneo alla stesso tempo, e credetemi questa mia ultima non è una contraddizione, infatti siamo di fronte a uomini che per età e estrazione sociale son diversi tra loro, ma che hanno un fine comune che li unisce indissolubilmente.
Ora sono arrivati anche i ritardatari, il vociare si fa più intenso, gli scherzi goliardici si sprecano, qualcuno incomincia a ricordare e a raccontare avventure passate, e questo non fa che accrescere di più la mia sensazione di estraneità, mitigata dalla consapevolezza comunque di appartenenza. In fin dei conti sono anch'io un cacciatore, certamente non ho un passato in comune con questo gruppo, non ho racconti da sottolineare e ricordare con almeno qualcuno di loro, ma resto pur sempre uno di loro. A quel punto, come a leggermi nel pensiero, il capocaccia accortosi della mia parziale e volontaria emarginazione, mi invita ad essere più partecipe e a gustare di quanto la tavola offre. Con gesti semplici e spontanei quelle persone, di cui fino al giorno prima non sapevo e conoscevo nulla, mi avvicinavano e mi rendevano sempre più partecipe a quel "terzo tempo" conviviale.In fin dei conti non ero poi tanto estraneo. E' vero, cambiavano i protagonisti e il selvatico da cacciare, ma nella realtà nella mia storia venatoria giornate come queste ne avevo vissute tante, e a ben guardare il retaggio è identico. Sostanzialmente l'amore per la natura, il piacere di immergersi in essa, le paure, le speranze, i momenti belli, quelli deludenti, l'amore e la complicità con i propri compagni a quattro zampe, i racconti più o meno obbiettivi dell'atto predatorio non si discostano di molto, da quelli di chi pratica un'altra forma di caccia. Pian piano incominciai anch'io a raccontare di quella mia prima esperienza, del primo cinghiale che mi era uscito dalla macchia a pochi metri da me che non ero armato, di quello che poteva essere e non è stato. In breve sono stato risucchiato in quel vortice di emozioni e passioni che nascono e sono alimentate da una eredità ancestrale, che si perde nella notte dei tempi ed è nata con l'uomo.... La caccia.
Una annotazione finale valida per il sottoscritto e le generazioni future: questa giornata passata con gli amici di Mercato San Severino, oltre che essere stata faticosa ma - come negarlo - appagante dal punto di vista ludico e della passione venatoria, è stata anche e soprattutto una lezione, prima in montagna e poi al chiuso di quella segheria. E' stato facile e naturale per me calarmi nei panni di studente attento e diligente, facilitato perché ho avuto la fortuna di trovarmi alla presenza di maestri seri, preparati e disponibili. La caccia e con essa il mondo rurale sono una grande fonte di cultura e di crescita sociale. Spero che gli uomini, con il tempo non siano così stolti da disperdere un simile patrimonio culturale, grazie al quale siamo arrivati ad essere ciò che siamo attualmente.
Pasquale Cinquegrana Tags:3 commenti finora...
Re: Vicino al fuoco Oramai e' tutto un immondezaio in quelle bellissime zone di una volta san severino Bracigliano siano ,tutta una discarica. da Benito
30/01/2018
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Re: Vicino al fuoco Ciao caro Jamesin. Come hai già precisato: "un beccacciaio come me". Beh! Ti posso dire che è stata una nuova e stimolante esperienza. Nata comunque dal fascino intrinseco della caccia in generale, e dalla curiosità di vedere da vicino come si preparava e sviluppava durante tutto l'arco della battuta, e francamente non mi ha deluso, anzi! Resto sempre fedele alla regina alata beninteso, ma ora quando è possibile mi fa piacere partecipare a 1o 2 battute fra amici disponibili e ospitali.
da Pasquale Cinquegrana
27/01/2018
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Re: Vicino al fuoco Inutile dire che le mie abitudini erano totalmente diverse dalle loro, in fin dei conti questo mi faceva sentire un po' fuori posto e infatti mi defilai e incominciai ad osservare tutti con gli occhi di chi è fuori da quel mondo di "setolosi". >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> Pasquà ma come ti è venuto in mente ? Un beccacciaro come te ! Mah... ! Comunque la desrizione serve senz'altro a far comprendere utilmente una giornata al "maiale" . Ogni caccia è caccia, ma vuoi mettere una giornata a bekke dove tutto è poesia. Ciao da jamesin
26/01/2018
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