Cosa volete, nessuno è perfetto! Tutti abbiamo le nostre manie, o meglio, le nostre ossessioni. La mia è l’orso bruno europeo. Ecco, ve l’ho confessato. Per me non esiste selvatico più bello, più imponente e più scaltro dell’orso, indipendentemente da dove e come si cacci. Nel Nord Europa, ed anche in alcuni stati del Centro, lo cacciano anche in battuta con i cani e nella tana, ma la tecnica classica per cacciare l’orso è quella di appostarlo di notte presso un carnaio. E quando si parla di “appostare”, di attendere che un animale venga proprio dove “noi vogliamo che venga”, quindi dobbiamo confidare anche in una buona dose di fortuna. Volete sapere cosa dice sempre mia madre quando gli racconto che ho avuto poca fortuna sul terreno di caccia? “E ci vorrebbe proprio che un cacciatore bravo come te fosse anche fortunato. Sarebbe davvero troppo!” Io alla mia Vecchia mamma voglio un bene dell’anima, ma mi dispiace dissentire con lei, perché certe volte un pizzico di fortuna in più, specialmente quando faccio migliaia di chilometri in macchina per sparare un colpo solo, mi piacerebbe proprio averla.
Detto ciò, vorrei raccontarvi come vivo il mio rapporto di amore–odio con i plantigradi europei. Anni fa decisi di organizzare una spedizione per cacciare l’orso in Croazia, così chiesi ad un amico di accompagnarmi nel viaggio. Lui accettò di buon grado dicendo che gli avrebbe fatto piacere venire, magari anche per tirare un cinghialotto o un giovane cervo per carne. Morale della favola, la sera del primo giorno di caccia, al primo appostamento, il mio amico abbatté un bell’orso mentre io, in tre tediosissime nottate trascorse all’interno di una piccola altana di un metro per uno e cinquanta, non vidi niente!
Anche lo scorso anno, organizzai una piccola vacanza per andare a cacciare l’orso in Slovenia, ed anche in quel caso un amico si offrì di accompagnarmi perché in quel periodo aveva delle ferie da consumare. Si portò dietro la carabina perché, come si dice, “non si sa mai”, ed infatti la prima sera abbatté un bellissimo orso, mentre io in altre e tre lunghissime e drammatiche notti riuscii a stento a vedere un tasso! Come disse il marchese del Grillo a Aronne Piperno il falegname? “ Permetti, ma posso essere ancora un pochino incavolato?”.
Per fortuna ho molti amici residenti nell’Ex Jugoslavia che mi vogliono bene e che oltre ad essere molto ospitali sono anche molto comprensivi, ma a me farebbe piacere anche risolvere in maniera diversa tutte le mie avventurose cacciate all’orso. Per abbatterne due ho dovuto fare più o meno cinque viaggi e attendere nelle ceke un’infinità tale di ore, che a lungo andare sono diventate davvero insopportabili. Poi, non stiamo qui a prenderci in giro, perché non è mia abitudine farlo, le condizioni per dar la caccia al re delle foreste europee non sono più quelle di una volta, come quando per cacciare l’orso occorreva avere delle ottime e luminosissime ottiche da mira da utilizzare con la luna piena crescente.
Oggi esistono visori notturni ad infrarossi e addirittura mirini termici con i quali è possibile abbattere un orso in qualsiasi condizione di tempo e di luce, ma se il selvatico non si presenta all’appuntamento, allora non c’è nient’altro da fare che rassegnarci al triste destino. Il giorno di Pasqua ho ricevuto una mail da un mio caro amico sloveno, poi un messaggio sul telefonino ed infine una telefonata. Non solo m’invitava di andare da lui per cacciare l’orso, ma di sbrigarmi perché tutte le fototrappole piazzate strategicamente nella sua riserva avevano ripreso un fortissimo movimento di orsi. Il tempo di fare la valigia, mettere la carabina nel fodero e in poco più di sei ore di macchina ero a casa sua! Inutile dirlo, con il morale “oltre le stelle” e un entusiasmo da adolescente.
Nello zaino avevo preparato tutto: una potentissima torcia Fenix, la piccola pila “da testa” Led Lenser, batterie di riserva, comprese quelle a stilo per il mirino notturno che avevo portato con un doppio attacco da alternare al cannocchiale tradizionale 2,5–15 x 56 che avevo sulla mia Blaser R 93 Professional calibro 300 Winchester Magnum. Poi non poteva mancare una bottiglietta d’acqua e delle caramelle alla menta per evitare possibili colpi di tosse nervosa, una bottiglia di plastica dove fare pipì, un appoggio morbido per l’arma e tanto altro ancora. Avevo portato addirittura dell’abbigliamento “usato” che non profumasse di sapone, non avevo ingrassato gli scarponi, addirittura mi ero tolto anche l’orologio perché durante le interminabili ore che avrei dovuto trascorrere sull’altana avrebbe potuto dar fastidio con le sue lancette luminose. Ma nonostante tutto non c’è stato niente da fare! E’ stata un’ennesima uscita a vuoto, un’ennesima perdita di tempo e di denaro. E che cavolo, ma un pizzico di fortuna mai!!? E dire che non pretendo di vincere al Superenalotto o di trovare un portafoglio con 10.000 euro dentro. Al destino beffardo chiedo soltanto d’essere un pochino più clemente con chi ha tempo e risorse limitati. Sarebbe stato bello (si fa per dire perché anche la pazienza ha un limite!) poter stare in un paesino sloveno dieci giorni e dedicare tutte le sere alla caccia all’orso e i giorni al riposo e al turismo. Purtroppo quelli sono lussi che non mi sono mai potuto permettere in nessun caso!
Chi ha detto che la pazienza è la virtù dei forti, credo si sia sbagliato, perché fondamentalmente la pazienza è invece un lusso che possono permettersi ricchi e benestanti! Comunque ogni sacrificio è giustificato se poi il risultato è quello giusto. Tutte le volte che ci prepariamo ad una battuta di caccia all’estero niente va lasciato al caso, si parte sempre entusiasti, preparati, ottimisti, ma alla fine è sempre “quella piccola percentuale aleatoria” ad avere l’ultima parola. Chi si è già recato a caccia nell’Est Europa in primavera ben sa che il successo di una spedizione venatoria spesso può dipendere anche dalle condizioni del tempo ed è stato proprio il meteo quello che mi ha maggiormente preoccupato l’ultima volta.
Durante il mio breve soggiorno in Slovenia non ha praticamente mai smesso di piovere, e dulcis in fundo, in alcune fototrappole abbiamo trovato dei volti sorridenti di persone a dimostrarci che anche gli sloveni amano festeggiare la Pasquetta con delle belle gite in campagna. Ammetto che le condizioni non erano certo ideali, ma un orso un po’ più affamato degli altri avrebbe potuto farci visita! Silenziosissimi avevamo raggiunto una piccola ceka che sovrastava una radura di una cinquantina di metri per settanta dove, al centro di essa, si trova un piccolo cratere pieno di carne putrescente, pane secco, grano turco e cioccolata!
A differenza delle altre altane dove avevo cacciato in precedenza, quella era davvero comoda anche per starci in due. Avevo provato l’imbracciatura all’interno dell’angusto spazio per controllare il coordinamento dei miei movimenti, perché il novanta per certo degli insuccessi nella caccia all’orso al carnaio è dovuto proprio ai rumori che si possono provocare durante la fase di imbraccio e puntamento.
A tale proposito la mia Blaser non aveva nessun appiglio superfluo, avendogli rimosso persino i perni porta cinghia. Quando ero nell’altana in compagnia del mio silenzioso amico, che forse era più rammaricato di me per gli insuccessi che stavamo vivendo, ripensavo alle volte che invece m’era andata bene. Erano state poche, quello si, ma mi avevano ampiamente ripagato di tutti i sacrifici e regalato delle soddisfazioni incredibili. Al buio nella piccola casetta sopraelevata, rammentavo di quando il selvatico era venuto all’esca, di come si era avvicinato furtivo, anche se era consapevole del pericolo che incombeva, ma aveva dovuto farlo perché era affamato. Un orso appena uscito dal letargo, ha una pelliccia folta e lucente e appena lo vedi, ti colpisce in modo particolare per come si muove fluido e silenzioso, t’impressionano le dimensioni della testa e i suoi piccoli occhi porcini. E’ davvero un animale stupendo!
Della caccia all’orso poi mi ha stregato anche il “dopo sparo”, la festa che segue l’abbattimento, alla quale partecipa tutto il Paese, con anziani, donne e bambini compresi che vengono a congratularsi con il cacciatore pronunciando la frase di rito: “Dobra Kob” o "Lovkibragor", le versioni locali del Weidmannsheill tedesco.
Spero vorrete perdonarmi per l’enfasi del racconto e per lo sfogo, ma quando ci vuole ci vuole! Un orso non si abbatte tutti i giorni, anzi sono convinto che chi è fortunato non ne abbatte più di uno o due nella vita. Io, pur avendone già presi quattro, al traguardo che mi sono prefissato di raggiungere purtroppo non ci sono ancora arrivato…
Marco Benecchi