Scoppiata la guerra sulla cosiddetta spending review, ogni corporazione che si rispetta s'è buttata lancia in resta per dimostrare che i fondi pubblici di sua competenza sono indispensabili, pena l'estinzione, e che - volendo davvero risparmiare - lo stato si dovrà applicare a ridurre i finanziamenti al suo vicino di casa, lui si che è uno sprecone. Per quanto ci riguarda, diciamolo subito, si potrà additare al pubblico ludibrio qualsiasi categoria, ma non di sicuro la nostra quella di noi, poveri tapini, cacciatori. Soprattutto perchè oltre a dare la nostra collaborazione gratuita per le molteplici attività di salvaguardia del territorio e tutela della fauna, paghiamo di tasca nostra tutto quello che è di competenza dell'attività venatoria. Ampiamente. Direi di più. Almeno fino ad oggi, dai fondi accumulati dall'erario grazie alle nostre non volontarie contribuzioni (porto d'armi, tassa regionale, eccetera), si è attinto a man bassa per pagare operai forestali, cooperative agricole, ma soprattutto progetti affidati a sedicenti associazioni ambientaliste, sigle e siglette che fanno capo all'innumere firmamento ambientalista/ecologista.
Limitandoci alle cronache, non sembra che questa attenzione pelosa abbia avuto effetto alcuno sui veri problemi che mettono a repentaglio il futuro del nostro Belpaese.
Non è il caso di citare gli arresti e le incriminazioni di alti medi e bassi papaveri della galassia pubblica e privata dell'ambientalismo, anche perchè l'elenco sarebbe talmente lungo che si rischierebbe di far buio, ma il quadro è piuttosto a tinte fosche.
Difficile spiegare, ad esempio, come è possibile che di fronte a uno scempio generalizzato dell'ambiente, protrattosi per decenni (l'Ilva di Taranto è il più recente ed eclatante modello, che fa il paio con la vicenda delle ecoballe campane), ci si imbatta oggi per caso ancora in personaggi che hanno guidato imperterriti dagli stessi pulpiti le macabre danze. Con contorno di storni, non i nostri (sturnus vulgaris), ovviamente, ma quelli ben più grassi e nobili che dalle casse dello Stato sono - ormai, bisogna dirlo, a loro insaputa - migrati in conti privatissimi discretamente conservati nelle banche svizzere.
Peccati non veniali, soprattutto perchè hanno comportato la morte di numerosi nostri ignari concittadini, per mondare i quali (ormai è chiaro!) la nostra classe dirigente, governanti, imprenditori, partiti, sindacati, associazioni ambientaliste, mondo della ricerca, mezzi di comunicazione di massa, ha pensato bene di offrire il nostro obolo di cittadini alla causa dell'animalismo più gretto, della parcomania, distraendo l'attenzione della gente dai reali problemi e indicando come quasi unico responsabile il più ignaro untorello nostrano. Il cacciatore, mischino (scusate la deriva sicula)! Siciliani permettendo, viene a proposito mettere un'occhio su un decreto (ottobre 2011; sempre pronti a ricrederci se nel frattempo ci sono stati cambi di rotta sostanziali) della Regione Sicilia, col quale si assegnano la bellezza di ventiquattromilioninovantaduemilanovecentocinque euro, virgola cinquanta (24.092.905,50), per "l'Accordo di Programma stipulato in attuazione dell'obiettivo operativo 3.2.1. in favore delle riserve naturali e gli allegati 1 e 2 dello stesso; ai sensi della Legge e Regolamento sulla contabilità generale dello Stato." Bella cifra, non c'è dubbio, ma belli soprattutto i destinatari. Infatti, non sono solo le dirette interessate a riceverla, questa somma, ovvero le riserve naturali medesime (in capo alle rispettive Province, per circa sei-settemilioni di Euro) insieme all'Azienda delle Foreste Demaniali (per € 4.187.210,87) e al CUTGANA/Università di Catania (€ 1.800.000,00), ma, udite udite - sempre pronti a ricrederci, ripetiamo, se non è così -, associazioni che tutto sono meno che enti pubblici. E cioè, in ordine di attribuzione: Legambiente (€ 3.225.500,00) WWF (€ 2.775.00,00), Lipu (€ 1.905.272,89), CAI Sicilia (€ 1.570.000,00), GRE (€ 898.109,92), Italia Nostra (€ 650.000,00), Rangers d'Italia (€ 330.000,00).
Se tanto mi dà tanto, non si fa fatica a immaginare quanti altri esempi del genere ci siano in Italia, Regione per Regione. Tutti legittimi, vogliamo credere, anzi, siamo sicuri che così sia. Ma - ci chiediamo, e chiediamo a coloro che si apprestano ad applicare la spending review (Cottarelli?, Padoan?,Renzi?, giù giù per le infinite ramificazione del calderone amministrativo pubblico) - vi sembra giusto che in un paese in cui - tanto per tornare alle nostre miserie - ci si lamenta che l'ISPRA/INFS non è in grado di dare risposte specifiche sulla materia di sua competenza (caso Toscana insegna), per carenza di fondi e di risorse umane (2013, Ex-INFS: spese correnti € 931.000.162,28, di cui € 639.994,28 per il personale), tanta massa di risorse economiche venga distribuito a organizzazioni private?
E ancora: dal momento che l'andazzo testimonia l'erogazione di fondi alle sopracitate organizzazioni (riconosciute, lo sappiamo, dal Ministero dell'Ambiente), perchè non tener conto anche di altre associazioni del volontariato che si dedicano alla tutela ambientale, anch'esse riconosciute dal Ministero dell'Ambiente, forse con almeno altrettanto impegno e dedizione? Sapete tutti a chi mi riferisco, e lo faccio nel momento in cui, dopo anni e anni di insuccessi, a costo purtoppo di ben 15milioni di euro, per la tutela dell'orso marsicano si assiste al rivoluzionario accordo fra Minambiente, Ente parco e cacciatori. Boh!
Vito Rubini