Sui problemi della caccia in Umbria la terza Commissione consiliare dell'Umbria, presieduta da Massimo Buconi, nella seduta di ieri ha iniziato un percorso di approfondimento e di verifica con le province di Terni e Perugia.
Positivo l'esito dei ripopolamenti in Provincia di Terni grazie alla collaborazione delle associazioni che ha permesso di effettuare catture e lanci di selvaggina nei periodi più idonei. Bene anche sul fronte del contenimento con 200 cacciatori abilitati all'abbattimento dei cinghiali in eccesso, anche se i danni rimangono ingenti. Sul tema annoso dei calendari venatori, l'assessore Beco ha confermato che molti cacciatori del ternano, più che alla confinante provincia di Perugia guardano con maggior interesse i calendari di alto Lazio e Toscana come aree di espansione, con punte del 70 per cento sul viterbese.
Per evitare irregolarità sullo smaltimento delle carni si è soffermato Lino Volpi, della Provincia di Perugia, ipotizzando l'allestimento di centri mobili per il controllo delle carni. A suo giudizio si dovrebbe arrivare ad un utilizzo commerciale dei capi abbattuti durante i prelievi per ridurre la specie, anche come risorsa finanziaria per ricompensare gli agricoltori danneggiati. Volpi si è comunque soffermato sul problema sempre attuale del contenimento delle specie faunistiche in espansione partendo dai cinghiali, per i quali in Provincia di Perugia si sono avuti risultati disomogenei. Buoni quelli raggiunti in Valnerina, dove i danni all'agricoltura sono di fatto calati; deludenti invece nell'Alto Tevere e soprattutto nel Trasimeno. Qui il passaggio facile degli animali fra la zona umida lungo le rive del lago e il vicino bosco ha fatto sì che i danni prodotti alla colture siano letteralmente esplosi.
Altri danni alle culture, anche enormi, sono prodotti dalla specie storno con 7.000 aziende colpite. Per convincere l'Istituto nazionale che autorizza le deroghe a fare selezione, ha riferito Volpi, sono stati attivati 1.500 punti di osservazione su territori nei quali lo storno di fatto da qualche anno nidifica, soprattutto nei tetti delle abitazioni. Stessa cosa per il fringuello che da tre anni viene monitorato nei suoi transiti, negli stessi 1.500 punti di osservazione. Fin qui la deroga non è stata concessa, ha precisato Volpi, “perché l'Ispra non è in grado di indicarci la modica quantità di fringuelli che ogni cacciatore dovrebbe poter abbattere. Ma ora si cercherà di far valere in quella sede i dati raccolti”.
Altro problema emergente è quello dei corvidi. In questo caso, la selezione autorizzata dalla Provincia di Perugia per 5.550 capi ha raggiunto solo un terzo della quota assegnata perché non trova la disponibilità degli stessi agricoltori, in quanto i danni prodotti da questa specie, soprattutto le gazze, più che sulle colture agricole sono particolarmente evidenti per la voracità distruttiva di questi animali nei confronti delle uova e delle nidiate di altri uccelli. Una successivo incontro, ha annunciato a fine incontro il presidente Massimo Buconi, sarà fatto direttamente con i presidenti dei tre Atc regionali. Lo scopo evidente è quello di capire se c'è la necessità di correggere l'attuale impianto normativo regionale, indipendentemente dai destini che avranno gli enti provinciali.
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