Riceviamo e pubblichiamo:
Il referendum regionale piemontese sulla caccia che la magistratura ha resuscitato dall’oblio e dalla polvere del tempo si terrà il 3 giugno prossimo. Nonostante la sua proverbiale lentezza, stavolta la giustizia nostrana si è realmente superata, pronunciandosi dopo ben venticinque anni!
Nessuno però, al momento, può scommettere sul risultato: se è vero che il Piemonte è regione a rischio raggiungimento del quorum, è altrettanto vero che gli stessi promotori avvertono un’accentuata mancanza d’informazione presso i cittadini aventi diritto al voto (lo si evince chiaramente da certi messaggi che circolano sul web), con ciò temendo concretamente che il famoso “50% + 1” non venga raggiunto. Ciò premesso, appare quindi chiarissimo a tutti che bisogna impegnarsi a fondo per spiegare l’assurdità di buttar via 20 milioni di Euro di denaro pubblico – quanta sarà la spesa per la macchina organizzativa – in un periodo difficilissimo come l’attuale, una vera e propria offesa al buonsenso e un insulto nei confronti di tutti i cittadini che vedono scarseggiare i servizi essenziali, ma si sentono contemporaneamente chiamare alle urne per esprimersi su di un tema importante solo per gli animalisti i quali, come noto, non sanno cosa sia il pudore.
Non si deve infatti dimenticare che in Piemonte, già oggi, la caccia assurdamente vive di restrizioni molto più marcate che in tutte le altre regioni italiane: elenco delle specie cacciabili ben più magro rispetto a quello della legge nazionale, limiti di carniere giornalieri e stagionali molto bassi, divieto della caccia da appostamento fisso e dell’uso di richiami vivi, giorni fissi di caccia negli ATC, impossibilità per i non residenti di essere ammessi se al di sotto di un’età anagrafica minima sono solo alcuni degli elementi più vistosi che ci vengono alla mente mentre scriviamo. Tra l’altro, se i cacciatori piemontesi (nel senso dei residenti anagraficamente) sono ormai ridotti a meno della metà di quelli residenti nella confinante Lombardia, nonostante le vastissime superfici di territorio agro-silvo-pastorale a disposizione, probabilmente qualche interrogativo le stesse associazioni venatorie dovrebbe porselo…
E tuttavia, non possiamo sottrarci al dovere di raccogliere le forze per sostenere con ogni mezzo i colleghi piemontesi, se non altro per amore della caccia in quanto tale e per la nostra profonda convinzione che essa sia uno degli assi portanti della ruralità, che la collettività tutta – anche quella parte che la avversa – non può permettersi di disperdere come un vecchio scarpone. Nessuno si tiri indietro, i conti li rimandiamo a quando avremo battuto per l’ennesima volta il fronte degli oltranzisti anticaccia.
ANUUMigratoristi Stampa