Cancellato il referendum sulla caccia del tre giugno, da sistemare restavano solo i conti delle spese già sostenute dai comuni per la sua organizzazione. Con una circolare firmata ieri dal Presidente Cota, la Regione ha chiarito le modalità di rendicontazione delle spese sostenute fino al 14 maggio, data oltre la quale è preclusa ogni attività referendaria, e quelle imputabili ai fini della chiusura del procedimento, quali le revoche delle convocazioni. Tra le spese rientrano anche quelle per contratti di lavoro già autorizzati: “al personale reclutato a tempo determinato – si legge infatti nella circolare della Regione - dovrà essere comunicata la risoluzione del contratto tenendo conto del fatto che la Regione si fa carico del pagamento dei giorni dovuti al dipendente in conseguenza dell’eventuale mancato preavviso esclusivamente fino al giorno 24 maggio compreso”.
Intanto c'è chi non si rassegna a veder sfumare la possibilità di andare alle urne. E' il caso dell'esponente regionale dell'IDV Andrea Buquicchio, secondo cui “nel giro di un anno si tornerà a parlare di referendum in seguito ai ricorsi che saranno presentati dalle associazioni ambientaliste. Non sarà certo un escamotage burocratico – spiega - a fermare le richieste di molti cittadini piemontesi che proseguono ormai da oltre un quarto di secolo”. “Come abbiamo ripetuto più volte negli ultimi mesi – aggiunge Buquicchio – l'unica soluzione per evitare il referendum, risparmiare 22 milioni e salvaguardare la volontà popolare sarebbe stata l'approvazione della proposta di legge presentata dall'Italia dei Valori che recepisce per intero le istanze referendarie. Le richieste dei movimenti ambientalisti non potranno non essere tenute in considerazione quando il Consiglio regionale sarà chiamato a promulgare una nuova normativa”.