Sono più che condivisibili gli allarmi sulla siccità, che è indiscutibilmente sotto gli occhi di tutti. Spiace però constatare che a fronte di situazioni, si fuori dell'ordinario, ma certo tutt'altro che non previste dalla natura, si lasci spazio a pretestuose considerazioni sulla preapertura della caccia, che, diciamolo chiaramente, non può inficiare che in maniera irrisoria sulla consistenza della fauna selvatica, che ben sa adattarsi anche alle condizioni climatiche più estreme.
Abbiamo dato una scorsa ai bollettini pubblicati dall'Ispra negli ultimi anni sulla siccità. Dai grafici emerge, per il 2012, unasituazione sostanzialmente ordinaria delle precipitazioni fino a luglio (la siccità vera e propria presuppone un lungo periodo senza precipitazioni), come si può vedere nel grafico sotto, l'ultimo pubblicato dall'Ispra, che evidenzia in Italia un basso regime di piogge ma non al di sotto di livelli preoccupanti. In Lombardia per esempio, come spiega un dossier di agosto di Legambiente, le precipitazioni durante le ultime settimane sono state nel complesso normali: a fronte di situazioni di gravi siccità, in zone come Varese e Mantova oltre che sui rilievi è piovuto molto e le riserve idriche dei bacini montani sono intatte. “Dunque se dobbiamo parlare di siccità - spiega Legambiente - possiamo farlo per i campi della 'bassa', e soprattutto nelle province orientali della Lombardia”.
Ma tornando alla situazione caccia, l'assoluta mancanza di precipitazioni nell'ultimo mese può davvero determinare la sofferenza delle specie cacciate in preapertura? A nostro avviso no, anche perché parliamo di specie prelevate proprio al fine di limitare i danni alle colture agricole, quelle sì stremate dalla mancanza di acqua. I frutti (uva, olive ecc.) sono cresciuti ed ora, a pochi giorni dalla raccolta, sono il banchetto preferito di gazze, cornacchie e storni, che sono proprio per questo in ottima salute (a differenza delle tasche degli agricoltori). Semmai le vere emergenze sul fronte siccità sono altre, chiediamoci come mai, per esempio, non si faccia nulla per arginare la perdita di acqua potabile a causa delle reti idriche simili a colabrodi (il 42% è acqua sprecata) e come mai gli interessi edilizi e speculativi superino sistematicamente quelli di protezione dell'ambiente e della fauna, ormai costretta in habitat sempre più piccoli.
Per lo meno, come ha detto giustamente il ministro Catania, la situazione va valutata di regione in regione, zona per zona, nel rispetto della legge vigente, che, per esempio, per quanto riguarda gli incendi, prevede già delle soluzioni, rendendo quindi inutili interventi straordinari, che comunque, nel caso, competono alle regioni) . Ripercorrendo le altre situazioni simili, troviamo annate più o meno come questa nel 2001 (per il sud Italia), nel 2003 e nel 2007. E non ci risulta che in quegli anni a settembre sia stata limitata la caccia in alcun modo. Non ci risulta nemmeno che per questo motivo le popolazioni faunistiche (vista l'attuale sitauzione di sovrannumero specialmente per le specie cacciate in preapertura) ne abbiano sofferto in alcun modo. Forse come per altre situazioni, al di là di tutto, c'è la solita visione preconcetta della caccia, incapace di confrontarsi con le effettive esigenze ambientali.
Qui sotto il due grafici Ispra sulla situazione precipitazioni negli ultimi tre mesi e nell'ultimo anno: