"Siamo un numeroso gruppo di persone appartenenti a svariate categorie lavorative e vogliamo rendere pubblici alcuni
episodi di ordinaria repressione che da troppi anni si stanno svolgendo sul territorio bresciano, eventi che hanno raggiunto l’apice lo scorso 7 ottobre 2012 nelle valli bresciane". Si presenta così il gruppo, nato su Facebook,
La voce dei cacciatori, indignati per l'enorme dispiego di forze in periodo di forte crisi economica che come ogni anno vede protagonista il
Nucleo Operativo Antibracconaggio (Noa) del Corpo forestale dello Stato nelle valli bresciane. L'operazione pettirosso, dicono i cacciatori bresciani, comporta due turni da 29 agenti ciascuno, determinando un clima di tensione sociale con i cittadini cacciatori.
"All’interno del nostro comitato promotore - dicono in una nota - sono presenti svariate tipologie di persone : addetti al settore armiero, amministratori comunali, operai, impiegati, pensionati, casalinghe, ragazzi, cacciatori, agricoltori, allevatori, ecc ed ognuno di noi vuole esprimere la rabbia e la preoccupazione per il
clima repressivo nei confronti della caccia che si respira nei vari angoli della nostra provincia".
Secondo
La voce dei cacciatori il nucleo opera lontano dagli scopi per il quale è stato creato, arrivando alla "persecuzione verso gli onesti cacciatori", cosa che "va nella direzione opposta rispetto alla prevenzione del bracconaggio". "L’Italia stà andando a rotoli - scrivono - la situazione economica e lavorativa è totalmente in crisi con poche prospettive per i giovani e la ricetta per risolvere il problema sono i rastrellamenti nel bresciano contro l’attività venatoria? La soluzione sono le perquisizioni fisiche e abitative a danno dei cacciatori trattati alla stregua di pericolosi criminali? Vorremmo sapere se l’Autorità preposta alla firma di tali ispezioni è consapevole della gravità della situazione".
"In questi giorni - sottolineano nella loro comunicazione i cacciatori - parte della popolazione legata alle tradizioni venatorie sta subendo un clima persecutorio mai accaduto, ben 5 automezzi con a bordo numerosi agenti NOA ed un elicottero hanno eseguito un rastrellamento che solo grazie al buonsenso dei cacciatori non è sfociato in episodi spiacevoli". Ecco come spiegano la loro indignazione:
"Siamo indignati perché invece di valorizzare le attività tradizionali locali utili anche alla ripresa economica del territorio bresciano, traino del settore produttivo italiano, si preferisce penalizzarle con le devastanti conseguenze. Siamo indignati perché i gravi reati in Italia vengono spesso giustificati mentre per il prelievo di un uccello vengono denunciate penalmente molte persone con le conseguenze del caso". "Siamo indignati perché i giovani che hanno scelto di vivere con i valori legati alla propria cultura e gli anziani che hanno contribuito a costruire questa società vengono trattati come banditi". Siamo indignati perché invece di contrastare il bracconaggio l’operazione diventa un vero e proprio assalto indiscriminato verso i cacciatori che esercitano l’attività venatoria alla selvaggina migratoria da appostamento fisso e vagante, dopo aver pagato le tasse provinciali, regionali e statali e senza aver certezza nel calendario venatorio qualcuno gli vorrebbe dare il colpo di grazia!"
E ancora: "siamo indignati perché le istituzioni Provinciali, Regionali e Nazionali stanno abbandonando la propria gente onesta, auspichiamo una presa di posizione a difesa di una tradizione fortemente radicata sul territorio dai numerosi benefici economici e sociali che rischia di essere cancellata da controlli offensivi ed esasperati, il tutto nell’indifferenza generale. Siamo indignati perché il territorio bresciano vede l’invasione delle Associazioni animaliste italiane ed europee con lo scopo di penalizzare i cacciatori, nonostante questi volontari non abbiano nessun grado di agenti di Polizia Giudiziaria esasperano un clima di per sé già difficile. Siamo indignati perché questo clima di tensione è davvero ingiustificato, se il bracconaggio diventa un pretesto per perseguitare il cacciatore riteniamo tale scelta sbagliata perché le categorie sociali in grado di portare un beneficio economico, ambientale e sociale vanno salvaguardate, le Istituzioni devono intervenire per porre freno a questa situazione e riportare l’attività venatoria al suo ruolo originale di saggio prelievo e di risorsa anche collettiva".