Ovviamente si parla di caccia di selezione, non di semplice caccia, ma il concetto non cambia poi molto. A chiedere che i principi della gestione faunistica entrino di diritto anche nelle aree protette, dove il problemi legati ai danni provocati dalla fauna si moltiplicano esponenzialmente, sono, questa volta nella provincia di Pesaro e Urbino, gli agricoltori di Cia, Copagri e Confagricoltrua, denunciando "danni per circa un milione di euro provocati dai cinghiali". Sanno che i fondi per i risarcimenti non basteranno e chiedono con forza che si cambi finalmente registro.
I presidenti provinciali delle tre organizzazioni agricole, Gianfranco Santi, Giuseppe Mariotti e Claudio Nasoni, invitano a rivedere urgentemente le politiche gestionali del territorio: "In tutta la provincia - sostengono - c'è una presenza massiccia di ungulati, che in alcune aree stanno mettendo in ginocchio le imprese agricole. Nell'ultimo anno il problema si è aggravato e chi di competenza, cioé Regione e Provincia, deve mettere in atto tutto quanto necessario a garantire una presenza sopportabile dei cinghiali. Ora, poichè da agosto di quest'anno la competenza della gestione è passata agli Atc, ci auguriamo che questi ultimi mettano la parola "fine" ai problemi finora irrisolti".
Un intervento serio sugli ungulati non può risparmiare le aree protette: "tutte le decisioni che i soggetti gestori prenderanno non potranno essere realizzate se non si inteverrà anche all'interno di queste. A proposito delle quali deve essere modificata la normativa in modo da permettere - in caso di sovrannumero di ungulati - la caccia dentro i confini delle riserve".