"Se ci fossero delle motivazioni scientifiche che indicassero chiaramente la necessità di restringere le modalità di prelievo del Colombaccio saremmo i primi a sostenerlo con forza, ma allo stato attuale non c’è segno alcuno della necessità di intervenire in questo modo". Lo dichiara in una nota la presidenza del Club del Colombaccio dell’Appennino Umbro-Toscano in relazione alle diverse polemiche sulle diverse forme in cui viene esercitata questo tipo di caccia.
"Le uniche cose su cui possiamo accettare di trattare al momento - dicono dal Club - , che sono a nostro avviso il vero problema che rende sempre più problematica e difficile la caccia al Colombaccio, sono due: le distanze fra appostamenti fissi e la caccia al cinghiale nel mese di ottobre". "In Toscana - spiega la nota - abbiamo 700 metri di distanza fra due appostamenti fissi, misura che riteniamo accettabile, in Umbria il limite è posto a soli 500 metri. La scelta di 500 metri purtroppo fu fatta per motivi di mero “opportunismo” di pochi che non potevano istituire il proprio appostamento in quanto ne era presente già un altro. Certo non sarebbe una scelta indolore per alcuni ma crediamo sia un ragionevole compromesso anche verso coloro che non possono o non vogliono cacciare in un appostamento fisso dando così modo di effettuare il solo appostamento temporaneo chiaramente non più a 100 metri ma ad almeno 200 metri di distanza da un appostamento fisso".
Dall'altra parte c'è il problema cinghiale "la quasi totalità delle regioni italiane - conclude la nota - caccia nel periodo novembre-gennaio e non capiamo perche alcune province debbano optare per il periodo ottobre dicembre, cioè in pieno passo di Colombacci ma anche di Tordi".