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La caccia in Umbria negli anni ‘50: omaggio al grande Teodoro Laurenti


domenica 17 febbraio 2013
    
Riceviamo e pubblichiamo:


Davanti ad un folto ed interessato pubblico, ha visto la luce a Villa Redenta, Spoleto, l’ultima fatica letteraria di Vladimiro P. Palmieri, dedicata ad un grande spoletino amante della caccia e della natura: Teodoro Laurenti. Già protagonista della mostra fotografica presentata lo scorso anno alla Fiera della caccia, della pesca e del tiro a volo di Bastia Umbra, l’illustre spoletino – scomparso qualche anno fa – ha dato corpo e inchiostro al libro che di quella mostra fa da catalogo e non solo. “La caccia in Umbria negli anni ’50 – Cento scatti e dieci scritti di Teodoro Laurenti” è un volumetto che racchiude immagini ed articoli del protagonista, che per circa un decennio a cavallo tra gli anni Quaranta e Cinquanta collaborò con la storica rivista fiorentina Diana. Attraverso il suo lavoro, come ha spiegato bene l’editore Francesco Matteucci, Laurenti offre al lettore uno spaccato di una terra e di un paesaggio difficile da riconoscere a distanza di quasi 70 anni, benché sia ancora sotto gli occhi di tutti. Una memoria storica che può fungere da moderna radice per tutti gli amanti della natura e della biodiversità, non soltanto i cacciatori.

Il direttore del Cacciatore Italiano Marco Ramanzini, amico e collega di Palmieri, ha coordinato gli interventi dei convenuti, tra i quali anche l’assessore regionale alla Caccia Fernanda Cecchini. “Anche i cacciatori hanno contribuito, nel tempo, a far crescere l’Italia e questa regione, garantendo un presidio nei territori. Il cacciatore è una sorta di ‘fauna autoctona del territorio’, che ama gli animali al punto da ritenerli degni di tutti i sacrifici che dedica loro. L’abbattimento è soltanto il gesto finale di un percorso di gestione che comporta innumerevoli uscite, spese in termini di tempo e risorse economiche. Anche attraverso la testimonianza di questo libro ci accorgiamo che la fauna in Umbria è profondamente cambiata durante l’ultimo mezzo secolo. Il nostro obiettivo è produrre selvaggina stanziale di qualità, in grado di ambientarsi nella natura e di riprodursi in maniera autosufficiente, assorbendo la pressione venatoria. La corretta gestione della caccia credo sia parte della corretta gestione del territorio”.

Infine l’autore del libro, Palmieri, ha ricordato i primi contati con Laurenti, la scoperta della sua collezione di foto e scritti, “un patrimonio nascosto a tutti, anche alla stessa Spoleto. Sarebbe stato, secondo me, un delitto il non diffondere tutta quella ricchezza, e ci tenevo che venisse alla luce nella città natale del protagonista”. Palmieri ha spiegato la scelta delle immagini, che partono dalla “voglia di comunicare dell’autore. Ho preferito non dare troppo spazio ai personaggi, ma alla passione documentaria di Laurenti. Nelle foto non c’è un intento artistico, ma una sensibilità spiccata rispetto ai tempi, che documenta situazioni, socialità, il fiasco di vino da bere in compagnia, la colazione. La presenza dei bambini, delle donne, e poi gli eventi associativi, con i dirigenti venatori che partecipavano alle iniziative di gestione del territorio in giacca e cravatta o con una sciarpa bianca, come faceva Teodoro, in segno di profondo rispetto per il lavoro svolto da tutti i cacciatori”.

E poi l’amore per la “sua” Monteleone di Spoleto, dove Laurenti amava trascorrere le più belle avventure di caccia. Al piccolo paesino dell’Alta Valnerina è dedicata una poesia del protagonista, inserita anch’essa nel libro. La caccia, attraverso la memoria di Laurenti, diviene dunque una chiave di lettura per un’identità culturale, un bagaglio di valori che devono essere trasmessi per approcciare il rapporto con l’ambiente sotto una prospettiva diversa: dal servizio antincendio alle operazioni di ripopolamento, dalle manifestazioni cinofile agli incontri ludico-sportivi, l’ambiente diviene protagonista e parte integrante delle attività dell’uomo, che lo tutela, e non più mero sfondo casuale della quotidianità.

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