Tutto nasce da un emendamento, presentato in Prima Commissione Consiliare della Regione Toscana, che prevede la costituzione dei CAV (Centri d'Assistenza Venatori, che dovrebbero assistere i cacciatori nel disbrigo delle loro faccende burocratiche, come ad esempio la produzione e la formalizzazione dei documenti per la costituzione o il rinnovo di un appostamento fisso), e limita la competenza finanziaria per il rimborso dei danni della selvaggina fino a copertura delle risorse disponibili nel bilancio degli ATC. Ovvero, rende esplicito quello che dovrebbe essere chiaro a chiunque si occupa di questioni amministrative: se per il rimborso dei danni posso disporre in bilancio di una certa cifra, è chiaro che nella malaugurata ipotesi che i danni ne superino l'ammontare, non posso certamente erogarne di più.
Probabilmente, magari equivocando, si è pensato che tutto ciò fosse un regalo elettorale alla lobby dei cacciatori, a discapito degli agricoltori, che da un po' di tempo soffrono delle scorrerie di cinghiali, caprioli, cervi, ma anche storni e... piccioni. Dimenticando forse che l'eccessiva presenza di questi selvatici non dipende dalla caccia ma da un errato concetto di protezione che ancora oggi è duro a morire. Si continua cioè a far finta di niente, rispetto a quanto gia da anni si sa: la causa prima di questa ricchezza faunistica sono da una parte una corretta gestione venatoria, ma dall'altra e soprattutto le aree protette, dove viene boicottato qualsiasi piano di concreto controllo delle "eccedenze".
Insomma, a causa di questo emendamento, Coldiretti Toscana ha emesso un comunicato di denuncia e di protesta, al quale si è subito accodata Legambiente, attivissima da qualche tempo nel mettere zizzania fra Regione, agricoltori e cacciatori. Ai quali comunicati, tuttavia, sono seguite due puntuali repliche, una di Federcaccia Toscana, che rigetta la maliziosa interpretazione, e di Arcicaccia, che - non senza qualche sorpresa - attacca anche Legambiente, tacciandola di funambolismo, e definendo il caso un vero e proprio "equivoco kafkiano", visto che i due contenuti dell'emendamento contestato non modificano assolutamente la sostanza di quelle che sono le disposizioni normative già in vigore.