Ora che le risorse per i danni della fauna selvatica diminuiscono sempre più, al contrario dei numeri degli ungulati che sono in continua crescita un po' ovunque, si assiste ad un graduale cambio di rotta rispetto ai metodi di blanda gestione delle aree protette, con amministratori locali, agricoltori e allevatori, che richiedono misure più stringenti.
Qualcosa del genere sta accadendo anche all'interno del Parco regionale Alto Garda, in Lombardia, dove l'eccessivo numero dei cinghiali, ha portato la Giunta della Comunità Montana (ente gestore del Parco) a sfiduciare l'ex presidente, portando così avanti la richiesta alla Regione, che sta pianificando le linee guida per la gestione faunistica e venatoria del cinghiale sul territorio lombardo, di permettere l'eradicazione della specie, classificando il territorio dell'intero Parco Alto Garda come non idoneo alla presenza del cinghiale.
Si pensa così di avviare misure di vero contenimento: nessuna limitazione al numero dei capi da abbattere e possibilità di sparare anche nelle zone proibite del parco, quelle demaniali e naturali. I contenimenti in questo modo potranno svolgersi tutti i giorni dell'anno da parte del personale qualificato. Il che escluderebbe le braccate permesse nel
Comprensorio Ca8 ed il controllo da parte della Provincia. Aspetto questo criticato dall'ex presidente Righettini sul quotidiano BresciaOggi: “senza la braccata – dice – il numero dei cinghiali uccisi sarà senz'altro inferiore e l'unico aumento sarà quello delle richieste di risarcimento danni”.
Per l'attuale presidente della Comunità montana, Davide Pace, quella del cinghiale è una questione da affrontare in modo drastico: "la presenza del cinghiale - dice - vanifica in buona parte le esigenze di conservazione e miglioramento degli ecosistemi, oltre che incidere profondamente sull’economia rurale del territorio, e dunque non può e non deve essere ritenuta, nei limiti di una gestione tecnicamente possibile, compatibile col territorio in questione".