Non è cacciatrice ma la sua vita si trova da sempre sui binari della caccia. Figlia e nipote di cacciatori, Laura Tenuta a caccia ci è nata, letteralmente. Come ci racconta per la rubrica Amiche di BigHunter: “la sera prima che nascessi, il mio papà portò la mamma in una riserva dal terreno impervio e tortuoso, rincasarono alle due, alle otto venni alla luce”. Laureata in lettere moderne e antropologia, oggi lavora al Centro di documentazione del Parco Regionale di Veio, ma mantiene diverse collaborazioni con il mondo venatorio. In passato è stata in Ungheria, dove ha lavorato come interprete per gli italiani a caccia. Ha molti amici cacciatori e con loro trascorre diverse giornate ad ammirarli, ad osservare il lavoro dei cani e a passare bellissimi momenti in mezzo alla natura.
Il problema dei cacciatori di oggi? “Non riescono ad amalgamarsi - risponde Laura - , per creare un'unica classe, socialmente, politicamente, federalmente unita e portavoce prima che dei numeri degli esemplari abbattuti o dei certificati dei cani posseduti, di una tradizione che, come tale va salvaguardata”. Eppure dalla loro i cacciatori hanno molto su cui puntare, secondo Laura. “L’attività venatoria, praticata secondo i riti e le leggi soggiacenti (ammesso che vi sia una legge quadro che la inglobi a rigore, nella politica ambientalistica) – spiega - da una parte, fa vivere l’ambiente, ne fa essere parte integrante, dall’altra può avere la sua valenza, anche sotto l’ala della sostenibilità”.
Come? Non c'è da ingegnarsi molto. Lo dice l'Europa stessa. “La caccia, a livello europeo – argomenta Laura - , è inserita in una direttiva che la legittima, che le dà la giusta collocazione socio-culturale, economica ed ambientale, nonostante non sia ancor facile un adattamento con i vari organi in gioco, nelle varie zone della UE. Questo preambolo conduce il discorso verso un mio obiettivo: un progetto che possa attingere ai Fondi Strutturali 2014-2020, che abbia come protagonista la caccia”. Non è detto che non ce la possa fare. Proprio in questi giorni Laura si è recata a Bruxelles, per un corso di euro-progettista.
“Anzitutto – dice Laura Tenuta forte dei suoi studi etno-antropologici - la prima cosa che mi viene in mente, riguarda il recupero e la conservazione delle tradizioni”. Certo, con i dovuti distinguo, “bisogna separare il mondo agro-pastorale dove la caccia rispondeva ad un fabbisogno immediato della comunità da quello metropolitano di oggi”. E' in questo contesto che la caccia può assurgere ad un ruolo relativamente nuovo, “seguendo direttive, rigorosamente studiate, anche attraverso gruppi di ricerca scientifici con il necessario contributo del mondo accademico. Non mi voglio dilungare - spiega Laura - , ma l’obiettivo dovrebbe essere, oltre che vederla come fenomeno sociale, come un hobby che non è un hobby, quello di inserirla nell'articolato settore dell'economia, nonché nel discorso dell’ambiente, della biodiversità, della sostenibilità, ma questo è possibile farlo prima di tutto con la consapevolezza dei cacciatori che, tuttavia al momento in Italia non sono una realtà compatta". La caccia e la cultura venatoria Laura le vorrebbe addirittura nelle scuole, all’interno dei progetti didattici. In attesa dei quali si accontenterebbe di mezzi divulgativi più forti e più convincenti.
Bisogna anzitutto rifiutare atteggiamenti ignoranti e intolleranti che cercano di dipingere il cacciatore come un assassino. Lei parla per esperienza diretta. Ci racconta di quella volta in cui, alla fiera della caccia di Longarone ha assistito al grido di slogan irripetibili da parte di un gruppo di animalisti, per cui ricorda la mobilitazione di diverse forze dell'ordine. A quella scena insulsa contrappone l'immagine calma e fiera della madre, che ha sposato un cacciatore e che per tutta la vita con gioia ha preparato panini, spennato selvaggina e pulito gli scarponi del marito. Tutto un altro mondo, che deve essere valorizzato e fatto conoscere il più possibile. |