Il Corpo forestale dello stato userà droni radiocomandati per vigilare su diversi reati ambientali, dall'inquinamento del suolo al bracconaggio. Il piccolo apparecchio, che emette appena un ronzio, potrebbe sorvolare le zone ritenute critiche durante i periodi di caccia chiusa e costituire un importante deterrente per chi intende cacciare illegalmente.
Si tratta di un passo avanti sicuramente enorme nella lotta ai reati ambientali: oltre alle fototrappole e alla presenza fisica sul territorio, gli agenti della forestale avrebbero una panoramica aerea aggiornata in tempo reale sulla situazione nei boschi. Il drone è infatti in grado di inviare immagini in diretta al comando, dove gli agenti possono visualizzare sul monitor cosa sta accadendo a svariati chilometri di distanza. Ciò potrà servire a cogliere in flagranza di reato non solo bracconieri, ma anche piromani e altri malintenzionati. Indentificarli e incriminarli.
Per il momento la Forestale ne sta testando le potenzialità nella lotta agli incendi boschivi e nel contrasto ai reati legati all’inquinamento del suolo. I metodi e le tecnologie utilizzate in via sperimentale, sono già stati validati in diverse azioni di “polizia ambientale” che hanno contribuito ad arricchire le potenzialità procedurali e tecnologiche nella lotta contro gli illeciti ambientali ed hanno portato alla definizione di protocolli d’intesa con Corpi di polizia, tra cui il Corpo forestale dello Stato, per la cooperazione in attività istituzionali di interesse comune. Le termocamere sui droni in particolare, saranno in grado di rilevare rifiuti e sversamenti, il più delle volte invisibili ai normali controlli effettuati su terra.
A dispetto delle apparenze i droni non hanno costi eccessivi: un apparecchio in grado di volare una ventina di minuti e di trasmettere immagini (foto e video) a terra costa attorno ai duemila euro.