Cresce il numero dei favorevoli alla caccia in Italia. Lo dice la nuova indagine demoscopica di Astra Ricerche, presentata oggi alla Camera, che a giugno 2013, per conto di Comitato Nazionale Caccia e Natura (CNCN), Face Italia e Arcicaccia, ha intervistato oltre 2 mila persone, campione rappresentativo di 46,1 milioni di cittadini (italiani dai 18 agli 80 anni). Il consenso alla caccia normata, limitata, responsabile e sostenibile (quella praticata secondo le leggi vigenti attualmente nel nostro paese) sale dal 53 al 56%, segno che le strategie mediatiche messe in atto dal mondo venatorio stanno avendo un significativo successo. In effetti, rispetto alla rilevazione precedente, l’informazione in merito appare cresciuta: il trend dell’ultimo triennio mostra, infatti, il netto calo degli ignoranti totali o semitotali sulla caccia, dal 38% al 33%. La ricerca, condotta dal sociologo Enrico Finzi, come già nel 2010, si conferma la più ampia e approfondita svolta in Italia sulla caccia e sul rapporto che hanno con essa i cittadini italiani.
Gli ignoranti della caccia
Sono il 21% gli italiani che non sanno assolutamente nulla della caccia e dei cacciatori, la maggior parte donne ultra 44enni, residenti nel Lazio e nel sud e nelle città con più di 30 mila abitanti, gli ecologisti e gli elettori di sinistra. Gli anticaccia, per la maggior parte si trovano proprio in questa categoria, di quelli cioè che non sono consapevoli che in Italia non è consentita la caccia selvaggia. Fatto questo, chiarificato dal fatto che meno della metà del campione è a conoscenza di almeno 5 dei 18 limiti imposti all'attività venatoria in Italia.
Gli italiani vicini alla caccia
Se il dato degli italiani vicini alla caccia conosce una leggera crescita, con il il 49,2% (+ 1,2% rispetto al 2010) di intervistati che è stato o è cacciatore, ha amici cacciatori o accompagna altri nelle loro attività venatorie (il 28% frequenta cacciatori, il 20% ha famigliari cacciatori, il 5% è ex cacciatore, il 2% va a caccia in Italia o all'estero, il 3% accompagna altri a caccia), evidente è la crescita dell'indice di favore sulla caccia, che vede un guadagno di favorevoli di circa 5 milioni di italiani. Quasi 18 milioni gli italiani che si dichiarano vicini alla caccia ma che non la praticano, sono specialmente anziani, residenti nelle regioni “rosse” e nel Triveneto oltre che nei comuni al di sotto dei 30 mila abitanti. I dati di Astra Ricerche dimostrano che è cresciuto il numero semi-vicini alla caccia (il 35%), ovvero persone che sono favorevoli all'attività venatoria, tra cui rientrano coloro che negli ultimi tre anni hanno cambiato la loro idea negativa sulla caccia man mano si è estesa l'informazione sugli attuali vincoli all'attività venatoria. In totale l'idea generica della caccia raccoglie il favore di quasi il 62% degli italiani.
I cacciatori in Italia
Sono il 2,1% degli italiani: 900 mila adulti, dato stabile rispetto a tre anni fa. Il profilo di chi va a caccia vede il predominio degli uomini, della fascia che va dai 25 e i 34 anni d'età, dei residenti al sud e nei comuni medio-piccoli. Ciò smentisce la tesi, diffusa anche nel mondo venatorio, per cui andare a caccia sarebbe un’attività prevalentemente ‘vecchia’ e propria dei gruppi sociali più ‘bassi’ e marginali.
Animalisti colti in fallo
L'indagine ha fatto emergere alcune forti contraddizioni del mondo animalista. La maggior parte di coloro che si dichiarano animalisti, secondo la ricerca Astra, in fin dei conti non sono affatto ostili all’uccisione di animali a talune condizioni: basti dire che il 56% degli Italiani è favorevole se si tratta di ricavare alimenti per gli umani; il 49% se gli animali sono pericolosi perché aggrediscono gli umani o portano malattie; il 49% se servono agli scienziati per scoprire l’origine di certe malattie e trovare adeguate terapie; il 48% se gli animali appartengono a specie selvatiche non a rischio di estinzione ma anzi sovrabbondanti e/o che rovinano le coltivazioni e/o danneggiano l’ambiente e/o vulnerano la solidità degli edifici e degli argini dei fiumi e/o sono pericolosi per altri animali che feriscono o uccidono e/o sono pericolosi per la sicurezza stradale poiché provocano incidenti. In effetti, solo il 19% si dichiara ostile a qualsiasi uccisione di animali. L’animalismo appare indebolito da molti comportamenti incongrui e cioè dal fatto che l’81% degli Italiani mangia carne, l’80% pesce, il 27% selvaggina (anche sotto forma di condimento come nelle pappardelle al cinghiale, ecc.) per cui l’animalismo concreto e coerente non supera il 20% mentre l’ecologismo concreto è pieno e coerente per il 34% e comunque significativo per un altro 48%.