Per quanti sforzi comunicativi si possano fare, a volte far capire cose ovvie a chi ha la sua tesi precostituita, può risultare impossibile. Probabilmente è il caso della signora Roberta Peroni, che sul Giornale di Vicenza risponde inferocita al cacciatore Ezio Cardinale dopo che, sullo stesso quotidiano, aveva argomentato le ragioni dell'assoluta sostenibilità della caccia italiana, demolendo una per una le balle degli animalisti.
Lasciamo perdere le divagazioni del tipo “se si cominciasse a pensare che un animale possa avere dei sentimenti sarebbe più difficile assassinarlo”, non possiamo ignorare il titolo della missiva della donna “molti animali estinti per colpa dei cacciatori” e i passaggi in cui sostiene che non è vero che la caccia non incida sulla conservazione delle specie. Un'incredibile falsità che stupisce sia finita anche solo nella posta dei lettori di un qualsiasi quotidiano. Peroni si smaschera da sola quando porta ad esempio situazioni che nulla hanno a che fare con la caccia odierna (lince, cervo sardo, avvoltoio degli agnelli, orso, stambecco e lupo), o con l'Italia (va a pescare addirittura le colombe dell'Ohio), proprio perchè, è evidente che non abbia nessun esempio da fare sulle specie la cui caccia è permessa da 20 – 30 anni a questa parte nel nostro paese. Ecco insomma come si scrive un intervento che altro non fa che contenere le ragioni esposte dal proprio avversario. Certo sempre che chi legga sappia fare un minimo di distinguo tra fatti e opinioni prive di ogni fondamento.
Sarà solo disinformazione, o un modo come un altro per cercare di portare l'acqua al proprio mulino, ma è inaccettabile leggere, nel 2013, che la caccia è causa di estinzioni o depauperamento delle specie. E' un dato di fatto (e su questo, lo sappiano gli animalisti, sono d'accordo anche la maggior parte delle associazioni che li rappresentano a livello internazionale) che tutte le specie cacciabili si trovano in uno stato di conservazione tale da assicurarne anche il prelievo venatorio, che a sua volta è sempre e comunque controllato a partire da carnieri stabiliti da regioni e province e commisurato al numero dei cacciatori, da controlli continui delle autorità e dagli stessi monitoraggi che le associazioni dei cacciatori fanno in collaborazione agli istituti scientifici o addirittura sostituendosi ad essi quando non sono in grado di produrre dati aggiornati.
Evidentemente a corto di argomenti, alla signora Peroni non resta che dare ai cacciatori dei bracconieri, menzionando l'abbattimento di alcuni ibis eremita di qualche anno fa e, infine, chiudere con una invettiva: “se ai giorni nostri si può sperare che una specie non venga estinta dalla caccia, lo si deve solo agli sforzi e alle pressioni dei protezionisti e non certo all'attività dei cacciatori o dei loro rappresentanti politici con la loro cultura rurale”. Probabilmente la signora Peroni non sa che cultura rurale oggi vuol dire prima di tutto farsi carico di una natura abbandonata dal resto della società.
Quell'umanità disinteressata e inconsapevole, che passa le sue giornate al supermercato a comprare beni realizzati sfruttando e impoverendo habitat e specie, quelle sì in via di estinzione perchè minacciate dalla cementificazione e da un'agricoltura non sostenibile. Tutto il contrario in effetti di ciò che si vorrebbe riprendendo in mano quelle tradizioni che facevano dell'uomo un elemento della natura, interdipendente da flora e fauna del proprio territorio, quella che chiamano “cultura rurale” e che agli animalisti fa tanto orrore.
Forse perchè così sarebbero costretti a guardarsi allo specchio e scoprire di essere loro stessi degli assassini inconsapevoli di animali? Chissà se la signora Peroni mangia carne, acquista prodotti di pelle o utilizza la macchina. A meno che non viva da eremita in una grotta cibandosi di radici, anche lei forse si è macchiata di parte di quei misfatti che attribuisce ad altri ben più innocenti di lei; quindi, non ce ne voglia, ma non è nelle condizioni di fare la morale a nessuno, tantomeno a quanti, come i cacciatori, decidono liberamente e tutelati dalla legge, di procurarsi una preda da mettere in tavola la domenica.
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