Gli ambientalisti non si arrendono. Presenteranno ricorso anche contro il nuovo calendario venatorio della Liguria, modificato dopo la sospensione del Consiglio di Stato in tre punti: divieto di caccia per il porciglione, uso di munizioni atossiche per la selezione degli ungulati e per la caccia nelle zone umide. Il Tar aveva rigettato la loro domanda, ritenendo fondate le motivazioni che avevano portato la Regione a discostarsi dal parere Ispra. Allora ci avevano provato al Consiglio di Stato.
Va detto che quest'ultimo, almeno per il momento, non ha certo espresso un giudizio sul calendario venatorio: il documento è stato sospeso, come da prassi utilizzata di frequente in diversi giudizi come questo, in via cautelare, in attesa di poter entrare nel merito del ricorso in un altro momento (l'udienza è fissata per il 23 novembre).
Ora un nuovo capitolo. Dopo le modifiche di sabato scorso, che hanno permesso ai cacciatori di tornare a caccia, Wwf e Verdi annunciano un nuovo round giudiziario contro la delibera della Regione, che dicono, "perservera nel consentire una pressione venatoria insostenibile sul patrimonio internazionale costituito dalla fauna selvatica migratrice". Ma chi l'ha detto che questa pressione venatoria sia davvero non sostenibile? A parte loro, nessuno. Tanto meno il Consiglio di Stato.
Se è palese che uno stop in attesa di giudizio non può certo essere considerato una vittoria per gli ambientalisti, è anche lecito pensare a rimediare ad un danno, anche economico, di cui la lenta e farraginosa macchina della giustizia non può farsi carico. Per questo è difficile cogliere il senso delle polemiche scaturite dopo l'approvazione del nuovo testo elaborato dall'assessore Renata Briano per assicurare ai cacciatori la possibilità di tornare a caccia fin da subito, anche in considerazione delle tasse già pagate e soprattutto del fatto che già il tribunale amministrativo regionale non ha avuto nulla da eccepire sul vecchio testo.
I commenti scandalizzati per "la lobby politica trasversale delle doppiette" (il Secolo XIX ha addirittura messo on line un sondaggio su questo argomento), che ha permesso di votare il provvedimento in commissione di sabato, cosa veramente insolita, non hanno tenuto conto di questi aspetti fondamentali, e forse nemmeno del fatto che in Liguria i danni causati dal cinghiale e dagli altri ungulati sono un capitolo di spesa enorme per le casse pubbliche e un motivo di crisi dell'economia rurale. © RIPRODUZIONE RISERVATA