La valorizzazione della filiera corta delle carni di selvaggina è uno dei punti cruciali su cui puntare per ridurre i danni causati dalla fauna selvatica e valorizzare economicamente l'attività di contenimento dei tanti cacciatori che prestano la loro attività al riequilibrio ambientale. In Toscana se ne parla da molto tempo e qualcosa si è già messo in moto. E' di questi giorni la notizia dell'avvio di un progetto regionale, che sulla base dell'esperienza pistoiese, svilupper�punti di controllo e di raccolta delle carni provenienti dalle azioni di controllo coordinate dalla Polizia Provinciale, tutto l'anno, a difesa dei terreni agricole anche in aree vietate alla caccia.
Negli ultimi anni gli abbattimenti per danni all’agricoltura sul territorio pistoiese hanno contato circa 250 cinghiali e 150 cervi. I controlli rigorosi sulle carni e la collaborazione con centri di lavorazione della selvaggina riconosciuti, hanno consentito di vendere una parte della carne (il 70%), tramite apposito bando di gara e convenzione con il soggetto affidatario, e di destinarne un’altra (circa il 30%) agli agricoltori che ne avevano fatto richiesta e avevano subito i danni. Il ricavato è stato destinato all’acquisto di materiale per la prevenzione dei danni all’agricoltura da parte delle specie ungulate.
Per sviluppare l’attività di filiera la Provincia di Pistoia, oltre ai due punti esistenti (Chiesina Montalese, a Pistoia, e il Corniolo, a Sambuca Pistoiese) nel Piano Faunistico Venatorio provinciale, in via di definitiva approvazione, ha previsto altri due centri di raccolta e controllo: uno nella Valdinievole e uno nella zona di San Marcello Pistoiese o Cutigliano, da gestire in collaborazione con l'ATC Pistoia 16.