“La caccia non è un hobby o uno sport, un modo per riempire il tempo libero. La caccia è cultura, come l’agricoltura e la pastorizia” lo dichiara al sito Tempi.it il presidente nazionale Federcaccia Gian Luca Dall’Olio. Dall'Olio evidenzia anche che “purtroppo oggi i cacciatori sono penalizzati dall’incertezza del diritto”.
La legge Comunitaria del 2010 con la modifica dell'articolo 18 che impedisce la caccia durante la migrazione prenuziale “è stato così sovvertito un compromesso equilibrato che durava da 18 anni” dice Dall'Olio, poi le linee guida dell'Ispra che hanno anticipato la chiusura per alcune specie al 31 dicembre e posticipato l'apertura per altre “applicando un principio di cautela – sottolinea nell'intervista il Presidente Dall'Olio – in mancanza di dati scientifici certi”, “molte volte gli ambientalisti lo usano per impugnare i calendari venatori davanti al Tar”. Ad avere valore, invece, spiega Dall'Olio al quotidiano è la “direttiva Uccelli”, accompagnata da una Guida interpretativa che ha forza e valore di statuto sovranazionale essendo emanazione della Commissione europea.
Il problema è che la gente non la conosce. "Tutto il sistema caccia - sottolinea il Presidente Fidc - deve far conoscere di più la materia dal punto di vista di ambiente, biodiversità, specie selvatiche e stato di conservazione. Servono dei dati precisi su questi temi. La caccia poi è una pratica che si dovrebbe recuperare, non ostacolare, prestando più attenzione alla biodiversità e alla sostenibilità ambientale. Che è molto diverso dall’ambientalismo di certe associazioni".
Dall'Olio parla anche del numero dei cacciatori: “negli anni Ottanta erano 1 milione e 700 mila, oggi sono scesi a 700 mila gli iscritti alle associazioni venatorie, più un’altra percentuale non iscritta. Lo Stato che ha il numero più alto di cacciatori invece è la Francia, con 1 milione e 300 mila persone”.
E dei costi, elevati, per i cacciatori “la tassa governativa da pagare ogni anno, per esercitare attività venatoria, costa 173,16 euro. A questa si assommano le concessioni regionali, le iscrizioni a uno o più Atc, fino ad arrivare in alcune regioni anche a circa 500 euro. Il problema non sono tanto le spese, anche negli altri paesi c’è una licenza da versare allo Stato, il problema è che mentre gli altri paesi usano questi importi per l’organizzazione e gestione di ambiente, fauna e biodiversità, da noi non si sa come vengano spesi. Forse dovremmo preoccuparci di questo aspetto”.