Secondo gli inquirenti che stanno indagando sul presunto incidente nel parco regionale di Veio a Roma, avvenuto di notte in zona vietata alla caccia, potrebbe essere un vero omicidio. E' la dinamica dello sparo a gettare una inquietante ombra su quell'episodio, per cui sabato scorso un uomo ha perso la vita, dopo essere stato raggiunto da alcuni pallettoni sparati da uno dei compagni. Fatto aggravato dalle cure tardive (i due hanno pensato prima a nascondere l'arma prima di portarlo in ospedale, a 60 km di distanza dal luogo del ferimento).
Dalle prime perizie sarebbe emerso che i due colpi di fucile che hanno raggiunto al petto Andrea Pulerà (questo il nome del defunto) sarebbero stati sparati ad altezza uomo, a soli cinquanta metri di distanza, per giunta in uno spazio in cui l'unico ostacolo alla vista, a parte l'oscurità, era una distesa d'erba alta 30 cm al massimo. L'uomo aveva invece dichiarato ai Carabinieri di essere rimasto isolato e appostato tra gli alberi, e di aver sparato colto dallo spavento per uno strano movimento in direzione di un cespuglio. Una tesi che non sta in piedi secondo gli inquirenti che ora accusano l'uomo, Roberto Di Marco, di omicidio volontario. Il terzo uomo è accusato ora di favoreggiamento e di omissione di soccorso aggravata, per aver ritardato il ricovero in ospedale, compromettendo ogni possibilità di salvezza per Pulerà.
Dall'interrogatorio pare sia spuntata un'altra dinamica dei fatti. Sembra che in realt�Di Marco avesse scambiato l'amico per un guardiacaccia, e spaventato per essere stato sorpreso durante un atto di bracconaggio, avrebbe sparato in direzione dell'uomo, probabilmente per spaventarlo e fuggire via. Il terzo uomo, stava camminando a fianco della vittima al momento dello sparo.