L'avifauna migratoria in Toscana è in buona salute, i dati sui prelievi raccolti negli ultimi decenni dimostrano che la caccia non incide sulla consistenza delle popolazioni. E' anzitutto questo il vero dato positivo su cui tutti gli intervenuti hanno posto l'accento al convegno Conoscenze toscane sulla fauna migratoria - Studi scientifici a confronto tenuto questa mattina a Firenze per volere della Regione Toscana e in particolare dell'Assessore regionale all'Agricoltura e alla caccia, Gianni Salvadori, che, chiudendo i lavori, ha invitato le varie componenti a proseguire sulla starda della collaborazione, abbandonando posizioni aprioristiche e a ragionando su elementi oggettivi per giungere a una sintesi condivisa.
"Proseguiremo su questa strada, la strada di una seria conoscenza scientifica, anche per poter costruire i calendari venatori", ha detto l'assessore toscano. Nel suo intervento, Salvadori ha anche sottolineato la volontà della Regione Toscana di accelerare il passo per chiedere all'Unione Europea la cacciabilità dello storno ("dopo il cinghiale e il capriolo, lo storno è la specie che causa più danni all'agricoltura toscana: danni gravi e inaccettabili").
A parlare dei dati a disposizione, su consistenze e prelievi, è stato anzitutto il Prof. Emilio Baldaccini (Università di Pisa- CIRSeMAF – Università di Firenze; Osservatorio Faunistico Regionale). I principali elementi, poi confermati dai successivi interventi: buona la consistenza di tutte le specie migratorie cacciabili, nessuna situazione di vero declino e minima (per non dire irrisoria) incidenza della caccia sul totale dei contingenti migratori che frequentano i territori della Toscana. Per intenderci l'impatto generale della caccia sulle specie avicole migratorie si attesta sull'1,5% del totale della popolazione presente, arrivando a massimi del 2,5% per qualche specie. Per lo storno, che non è specie cacciabile ma tuttavia considerata dannosa e oggetto di programmi di sfoltimento, non ci sono problemi. Anzi. In diminuzione nel nord Europa, è invece in crescita in tutto il Mediterraneo e le azioni di controllo attuate in Toscana si dimostrano insufficienti per limitare i danni all'agricoltura. Oltre che per gli storni, vera e propria calimità, allarme da parte degli agricoltori (Gondi, Confagricoltura) anche per altri uccelli problematici, come tortora dal collare, cormorani e aironi. Per le anatre, buone notizie sia per i contingenti, in crescita quasi per tutte le specie, sia per gli abbattimenti. La tendenza è quella della stabilità dei prelievi negli anni. Nessuna minaccia quindi da parte della caccia. Anche per specie considerate in declino, come allodola, pavoncella, beccaccia. Quindi, abbondanza di avifauna selvatica in Toscana, con prelievi tendenti alla stabilità o in diminuzione per riduzione della pressione.
Luca Puglisi, del Centro ornitologico Toscano, con la sua analisi "Trenta anni di monitoraggio della fauna svernante e nidificante in Toscana", ha confermato le buone prospettive anticipate da Baldaccini, evidenziando come le uniche specie in sofferenza siano in realtà quelle non oggetto di alcuna pressione venatoria (saltimpalo, torcicollo), su cui pesano elementi come la perdita degli habitat e i cambiamenti climatici. Buoni i dati sulle anatre svernanti, in generale crescita ad eccezione del codone. In consistente aumento l'oca selvatica. I dati raccolti nei progetti COT (fra questi un monitoraggio degli uccelli notturni, uno studio sui gabbiani nelle città, un atlante sugli uccelli in inverno, uno sugli uccelli nidificanti), è stato ricordato, sono archiviati in una banca dati elettronica che costituisce una preziosa fonte di informazioni georeferenziate sull'intera Toscana. Lorenzo Vanni dell'Università di Pisa ha parlato delle "Recenti attività di ricerca sulla migrazione dei caradiformi alle Lame di San Rossore", portando l'esperienza di uno dei più importanti centri di inanellamento italiani e riferendo delle importanti conferme scientifiche sullo studio dei migratori, per esempio sulla loro capacità di orientarsi tramite una sorta di "bussola magnetica".
Anche Fernando Spina dell'Ispra, come poi Scoccianti del Wwf, ha riconosciuto che la caccia non è affatto determinante sulle consistenze numeriche delle specie selvatiche. I veri problemi, ha spiegato, sono inquinamento e distruzione degli habitat, derivati per esempio dalla crescita del turismo costiero, problema particolarmente rilevante per la fauna migratoria acquatica in Toscana. La caccia è sostenibile e il prelievo è assicurato, ha ricordato Spina, finchè il capitale non viene intaccato. Il problema nasce, secondo lui, quando si attinge alla rendita.
Tuttavia, il rappresentante dell'Ispra non ha però mancato di confermare le indicazioni dell'Istituto sulle date di chiusura “nella seconda parte dell'inverno”, ovvero al momento del ritorno dei migratori al nord.
Infatti, insiste, in questo periodo occorre non incidere sulle popolazioni, visto che anche dai dati sui prelievi la percentuale di adulti abbattuti prevale su quella dei giovani dell'anno. Spina ha poi annunciato che l'Ispra presto metterà on line una piattaforma informatica con i dati degli abbattimenti e dei monitoraggi, dichiarando del resto che i cacciatori sono la prima fonte di informazione per il proseguimento degli studi sulla fauna migratoria. L'ultimo intervento programmato era quello di Manuel Esparrago (FACE Bruxelles) sul tema "la direttiva 2009-147 della Ue e la sua corretta applicazione". Toccando le varie questioni cardine di rispetto delle disposizioni comunitarie sulla caccia, Esparrago ha ricordato che in fatto di deroghe, diversi sono i paesi nel nord e nel sud d'Europa che vi accedono; e che le attuali disposizioni (e le liste delle specie cacciabili) possono essere anche modificate, sulla base di criteri tecnico-scientifici, su richiesta dei singoli stati.
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