Una casa da dover mandare avanti, due figli piccoli, un compagno, e poi, la caccia. Antonietta Mechelli, casalinga di Viterbo dice di avere “una passione incontrollabile per la beccaccia”. E' stato suo padre a trasmetterle il sacro fuoco: “era un cacciatore – racconta -, quando rientrava dalla caccia mi divertivo a contare le sue catture, e passavo la sera a guardarlo mentre puliva il suo amato fucile, spesso dopo averlo riposto prendeva tutto l’occorrente per armare le sue cartucce ed io restavo li a guardare e fare mille mille domande alle quali lui con molta pazienza rispondeva”.
“Un giorno – ricorda Antonietta - , avevo circa 7 anni, mi disse: vuoi venire domani con me alle allodole? Mi serve una mano con la nuova giostrina…. Io ho immediatamente risposto di si, così ho passato tutto il tempo a tirare una cordicella ed andare a recuperare gli abbattimenti. D'estate lo accompagnavo a portare i cani a correre, e riaperta la stagione ho iniziato a seguirlo quando usciva con i cani e mi incantavo a vederli al lavoro”.
Poi Antonietta cresce, e con l'adolescenza abbandona queste avventure, fino a che un giorno, da adulta, riscopre ciò che si era assopito in lei. Quindi la licenza, chiesta in dono all'attuale compagno, anche lui cacciatore, in occasione di un compleanno. “Mi ha chiesto cosa desiderassi per regalo ed io senza pensarci gli ho chiesto la licenza da caccia. Non so descrivere la sua espressione, forse era spiazzato, forse pensava che scherzassi... di solito le ragazze chiedono una borsetta firmata, un paio di scarpe, un gioiello, io no!”.
Poco dopo l'esperienza più emozionante: la prima beccaccia. “Alla terza uscita ho avuto la fortuna di trovarmi davanti il cane in ferma, avevo visto in tv queste scene di caccia centinaia di volte, ma ero sorpresa. Ho iniziato a sudare, i battiti aumentavano, ho guardato Gregorio (il mio cane) e con una carezza sulla testa l’ho spinto verso la nostra beccaccia, subito dopo ho sentito quel rumore… il frullo ed ho sparato, mai avrei immaginato di riuscire a prenderla e invece l’ho vista cadere, un attimo dopo il mio cane era ai miei piedi con la regina fra i denti, ho scaricato il fucile, l’ho poggiato ad un albero e mi sono messa ad esultare e gioire con Gregorio. Mi tremavano le gambe al punto di dovermi sedere a terra, cercavo di rivivere con la mente ogni secondo di quell’azione. So soltanto che ho provato delle emozioni uniche, quando il mio compagno mi ha raggiunta e mi ha vista con quella beccaccia fra le mani era felice quanto me, sapeva bene cosa stavo provando, la prima cosa che ho fatto è stata quella di ringraziarlo per ciò che mi aveva regalato, per l’impegno che si era preso nell’accompagnarmi in questo mondo della passione per la regina dei boschi”.
“Da quel momento – continua la nostra Antonietta - non faccio altro che andare a caccia di queste sensazioni, l’emozione che provo quando vedo il cane in ferma è quasi indescrivibile, io non conto il numero degli abbattimenti ma so quanti incontri faccio, a volte credo di provare anche un po’ di dispiacere quando la prendo, perché quando la vedo alzarsi e volar via in fondo sono felice, felice di averla incontrata, felice di sapere che posso continuare ad inseguirla, e per giorni ogni volta che chiudo gli occhi la rivedo volare con tutto il suo splendore, è un animale fantastico, è intelligente, è furba e con lei è una sfida ogni volta”. “Ricordo ogni singolo incontro, quando qualcuno mi chiede quante ne ho prese durante la stagione quasi mi infastidisce, la regina non è un trofeo di cui vantarsi, non è una sfida a chi ne abbatte di più, no! La regina è un vulcano di emozioni che soltanto noi ed il nostro cane possiamo condividere”.
Da questa stagione condivide la sua ricerca alla regina con la una cucciolona di 15 mesi di nome Gina, “stiamo crescendo insieme – sottolinea -. Certo, con un cane già formato sarebbe stato tutto più facile, ma con lei sto creando la “nostra caccia”, non c’è una scuola dove imparare questa passione, qui sono gli errori ad insegnarci tutto, io e Gina ne abbiamo perse molte questa stagione, ma questo è servito a farci crescere”.
La lotta ai postaioli. “Nella mia zona ce ne sono, ed io non so spiegarmi quale emozione possa darti sparare ad una beccaccia in quel modo, la maggior parte di loro non sono mai entrati nel bosco”. Per Antonietta questa è una battaglia culturale, la sua battaglia. “Litigare è inutile. Io ne ho conosciuti due ed invece di discuterci sono riuscita a convincerli a seguirmi in un paio di battute”. Il risultato? “Ora hanno il cane e vengono a cercarsela nel bosco, si sono uniti alla mia causa e stanno iniziando anche loro a “combattere” queste persone. Per me è stata una gioia infinita: due beccacciai in più e due postaioli in meno”.
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