Non c'è nessun problema di coerenza: è qui che sbagliano i tanti che danno addosso al principino William. - Come può andare a caccia e poi schierarsi contro il traffico illegale di animali africani? -, ci si chiede sui tabloid inglesi e, di riflesso, anche sui quotidiani italiani. La risposta è semplice: può e deve.
I cacciatori non sono bracconieri, cosa che La Zampa (alter ego de La stampa quando si tratta di animali) e altri quotidiani dimostrano di non voler capire. La caccia non è un'attività da denigrare e da guardare con diffidenza. Anzi, non solo è legale, ma è anche utile a difendere l'ambiente e i suoi equilibri. Ed è proprio per questo che viene normata e sottoposta al controllo tramite i monitoraggi continui. Cosa che ovviamente non avviene con il commercio illegale di avorio e pelli, causa drammatica del depauperamento delle popolazioni di tigri, rinoceronti ed elefanti.
C'è chi parla di scelta infelice dei tempi, visto che sabato il principe William era in Spagna con il fratello Harry per una battuta di caccia, per poi apparire domenica in un video accanto al padre, dove chiedeva di fermare il traffico illegale di animali. In realt� in questo modo William, che non è nuovo a questo genere di battaglie, rivendica la nobiltà della vera caccia, che nulla ha a che fare con chi è coinvolto nel commercio illegale di questi animali.
La casa reale ha dovuto anche giustificare la cosa, facendo presente che per i Windsor dedicarsi a battute di caccia è una tradizione e che il tutto è avvenuto in una tenuta privata e nel rispetto della legge, precisando anche che le prede erano cervi e cinghiali, non animali esotici. Ad ogni modo la cosa è servita per portare un po' di clamore su questo importante argomento, su cui la prossima settimana si aprirà un dibattito mondiale.