La cronaca di tutti i giorni ci restituisce un quadro allarmante sulla crescita di grossi ungulati come cinghiali, cervi e caprioli ma anche di altre specie selvatiche, che si concentrano soprattutto in quelle aree bandite dalla gestione faunistico - venatoria, ovvero il territorio italiano protetto. Ecco perchè la modifica della legge 394 sulle Aree protette, ripartita in questi giorni al Senato non può prescindere da una più incisiva forma di controllo nei Parchi. Ricordiamo che la riforma è stata avviata proprio per rispondere alle problematiche connesse ai danni causati dalla fauna selvatica.
Nel testo congiunto delle diverse proposte presentate, pare ci sia anche un apposito capitolo dedicato ai cacciatori, che, come avviene anche oggi, potranno partecipare alle operazioni di contenimento. Nella modifica alla Legge quadro proposta sono previsti infatti - citiamo l'agenzia Dire - anche “interventi di controllo della fauna selvatica nelle aree protette e nelle aree contigue, quale attività di pubblico interesse”, ma che “non costituiscono in nessun caso esercizio di attività venatoria”. Ciò che cambia è che dopo la riforma sarà necessario che ogni cacciatore venga abilitato direttamente dall'Istituto scientifico nazionale di riferimento, Ispra.
Ispra avrà anche il compito di controllare l'attività svolta dai cacciatori. Gli interventi di controllo faunistico, “sia di cattura che di abbattimento, devono avvenire, per iniziativa e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell'organismo di gestione del Parco e devono essere attuati dal personale da esso dipendente o da persone da esso autorizzate, previa abilitazione rilasciata a seguito di corsi di formazione organizzati dallo stesso Ente e validati dall'Ispra”.
La riforma prevede anche che nelle aree contigue possano essere previste dal regolamento del Parco misure di disciplina della caccia, della pesca, delle attività estrattive e per la tutela dell'ambiente, ove necessarie per assicurare la conservazione dei valori dell'area protetta.
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