Federcaccia Macerata risponde alle affermazioni apparse sul Resto del Carlino, che in un articolo su episodi di bracconaggio a danno di alcuni lupi, ha sottotitolato “Vittime di bracconieri e cacciatori uccisi con lacci per cinghiali o avvelenati”. A scrivere al quotidiano è Nazzareno Galassi, Vicepresidente Provinciale Federcaccia di Macerata chiarendo la differenza tra bracconieri e cacciatori. "Il primo caccia di frodo, il secondo esercita l’attività venatoria nel rispetto della normativa vigente, che prevede il lupo come specie particolarmente protetta".
Nell'articolo si raccontava in particolare la vicenda di una lupa, con un radiocollare, munita di gps, morta su un laccio per cinghiali all’interno del Parco dei Sibillini e a trenta metri, come riportato nell’articolo, un altro laccio con un cinghiale morto. Galassi chiarisce che "nel Parco la caccia è vietata, come è vietato l’uso dei lacci per l’attività venatoria, per cui, chi agisce è un bracconiere, ed ancor più grave all’interno di un’area protetta dove la fauna selvatica dovrebbe essere tutelata e salvaguardata in modo ancora più attento attraverso una effettiva vigilanza".
"Per quanto riguarda la tutela della specie lupo - spiega il rappresentante Fidc - non si può prescindere da un programma gestionale organico, non improvvisato e frammentato, tenendo in considerazione le esigenze di quanti esercitano attività che entrano in conflitto con le necessità di conservazione della specie ed i processi decisionali dovrebbero essere il più possibile aperti al contributo delle diverse parti sociali. Il mondo venatorio in questo contesto ha un ruolo fondamentale per un percorso condiviso grazie alla sua capillare diffusione ed al forte legame che ha con il territorio stesso. Il ritorno del lupo è spesso visto nel territorio montano come un fatto negativo e le problematiche sono spesso causa di bracconaggio attraverso lo sparo, lacci o diffusione di bocconi avvelenati. Queste pratiche, condannate senza mezzi termini dal mondo venatorio, sono effettuate nella convinzione di poter risolvere localmente il problema e sono legate ad una sostanziale sfiducia nei confronti delle istituzioni".
Continua poi Galassi: "ferma restando la necessità di adottare tutti i metodi più idonei di sorveglianza alle greggi e alle mandrie, gli eventuali danni causati da lupi devono essere pagati subito perchè l’allevatore vive di quel lavoro e non ha “la cassa integrazione” o altri “ammortizzatori sociali”. Da non sottovalutare inoltre il problema del randagismo: infatti molti danni causati al bestiame ed addebitati al lupo in realtà sono provocati da cani randagi e vaganti che accentuano il problema della “ibridazione” del lupo riducendone l’integrità genetica. Occorre prevenire il randagismo coinvolgendo le Asur di competenza in collaborazione con le Guardie Venatorie Volontarie per un controllo capillare sul territorio. Quindi, in definitiva, il lupo deve essere protetto come espressamente previsto dalla normativa vigente ma non si può pensare di conservare la specie senza una seria gestione con interventi sinergici e condivisi".
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