Lo SVI (Sindacato Venatorio Italiano) in data 14 aprile ha diffidato la Giunta Regionale, il Presidente della Regione e l’Assessore al ramo a procedere alla rideterminazione dei confini delle aree protette entro trenta giorni, adempiendo così ai dettami della legge regionale 26 del 2012 (modificata il 6 settembre 2013). Pena una formale denuncia all’Autorità Giudiziaria affinché verifichi se tale comportamento omissivo integri estremi di reato e di quale gravità.
La Regione Campania con l’introduzione della legge regionale n. 26 del 9 agosto 2012, modificata con legge n. 12 del 6 settembre 2013, all’art. 9 c. 1 bis, testualmente sentenziava: “La Giunta regionale entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, provvede alla rideterminazione dei confini delle aree destinate a protezione della fauna selvatica di competenza regionale al fine di rispettare i criteri di cui al comma 1”, che a sua volta prevede che il territorio protetto deve essere: “non inferiore al venti per cento e non superiore al trenta per cento del totale”.
"Inutile quasi ribadire - dice lo SVI - che il recupero del territorio rappresenterà una opportunità non solo per i cacciatori ma anche per tutti coloro che vivono, gestiscono e lavorano la terra (si pensi ad agricoltori, allevatori, pastori), le cui attività, oggi, sono compresse da centinaia di lacci e laccioli che gli impediscono di svolgere liberamente il proprio lavoro, con forti perdite in termini economici, culturali e di tradizioni contadine.
In tale diffida lo SVI non si è limitato a richiedere la restituzione del territorio, ma ha anche “suggerito” un adeguato piano di azione e di recupero che si sostanzia in:
1) soppressione o accorpamento dell’ATC di Napoli, in quanto ha una superficie inadeguata e insufficiente rispetto al numero di cacciatori in esso residenti. Infatti per i 15.284 cacciatori sarebbe necessario, per rispettare l’indice di densità venatoria, un territorio pari a Ha 290.770, mentre quello attuale è di soli Ha 23.062, capace male appena a soddisfare le esigenze di 4.242 cacciatori;
2) ridimensionamento dell’area contigua dell’ATC Salerno 2, divenuta riserva di caccia esclusiva di soli 3.993 cacciatori per i quali sarebbe sufficiente un territorio pari a Ha 75.912, rispetto a Ha 109.903 attuali, potendo così recuperare, con questa sola operazione, ben Ha 33.991(territorio di cui usufruivano non solo i cacciatori residenti in provincia di Salerno ma anche in altri ambiti – si pensi ad esempio ai cacciatori partenopei);
3) l’immediata chiusura di poltronifici inutili e mal gestiti, quali Parchi regionali, Aree protette e ZRC (molte delle quali costituite su territori inadeguati alle specie che si intenderebbero riprodurre o con superfici di territorio non consono a quanto previsto per legge).
Allo stato attuale, dunque, ben il 58,16% del territorio regionale risulta inibito alla caccia programmata in chiaro, evidente e palese contraddizione con quanto previsto dalla legge, su menzionata, che prevede (l’hanno scritto loro) un mino del 20% ad un massimo del 30% del territorio. |