Marco Fasoli ha vent'anni, studia tecnologie forestali ed ambientali a Padova ed è un cacciatore. Nel tempo libero gioca a calcetto in una squadra ufficiale e organizza diverse attività con un gruppo di giovani in parrocchia. Il resto del tempo lo passa a caccia (appostamento alle anatre) e a pesca alla trota, quando la stagione venatoria è chiusa. Fa anche birdwatching con un gruppo di amici e collabora con l'Acma per la raccolta dei dati, come fa da sempre anche il padre, che gli ha trasmesso la sua stessa passione.
“Alla caccia moderna serve programmazione – argomenta il giovane Marco - Il problema non sono gli ambientalisti, siamo noi cacciatori che dobbiamo cambiare mentalità. Dobbiamo capire che i tempi sono cambiati, non siamo più liberi come una volta e certa selvaggina non è più abbondante come un tempo. Per questo dobbiamo usare la testa e progettare per il futuro in modo che il nostro ambiente migliori e di conseguenza anche la selvaggina: noi siamo cacciatori-gestori non sparatori!”.
Ha una fidanzata che forse sarà presto una cacciatrice. “Lei è molto contenta che io pratichi l'attività venatoria – dice - in futuro credo che entrerà anche entrerà a far parte di questo mondo. Le piacciono molto gli animali, specie i cani, ama la natura ed il silenzio. Mi piacerebbe iniziasse a cacciare... magari non con me altrimenti poi si litiga”.
Riguardo all'unità delle associazioni venatorie, dice: “possono stare anche divise se collaborano con intelligenza. Due sono i punti cardine per il futuro a mio giudizio: la ricerca scientifica per quanto riguarda la migratoria (vedi progetto beccaccia e alzavola) e per la stanziale il futuro è la collaborazione con l' agricoltura per una corretta gestione del territorio e l'uso di una nuova forma di pronta caccia (fagiani-starne) più intelligente con selvaggina inselvatichita come avviene già in alcuni ambiti, ma pochi”. Secondo Marco ogni associazione venatoria dovrebbe concentrare gli sforzi su ricerca, comunicazione e tutela legale “se questi tre settori funzionassero seriamente – dice - molti problemi anche a livello mediatico sarebbero risolti. Per il futuro della caccia italiana trincerarsi dietro alle tradizioni soltanto non basta: ci vuole collaborazione e ricerca scientifica come ho precedentemente spiegato... i soldi li abbiamo, usiamoli correttamente”.