Mario Tozzi, che un tempo guidava il Parco dell'Arcipelago Toscano e oggi ha trovato casa in un altro Parco (dirige come commissario quello dell'Appia Antica), dal sito dell'Unità torna ad attaccare i cacciatori. Parte dalla caccia in tana “una mostruosità”, poi butta nello stesso calderone i viaggi venatori all'estero, il contenimento faunistico, la caccia selettiva.
Fa paragoni a dir poco azzardati (“chi va a caccia rivendica per sé l’amore per la natura e la conoscenza dei suoi cicli biologici. Se questo fosse vero chi amerebbe così tanto gli alberi da passare giornate intere ad abbatterli? Chi leggerebbe così tanto volentieri i libri da bruciarli con soddisfazione?”), e inciampa in evidenti contraddizioni affermando prima che “il pianeta è continuamente violentato nella sua integrità ambientale e non si coglie il motivo per cui lo si debba ulteriormente impoverire dei suoi animali selvatici”, e poi ammettendo che il problema del sovrappopolamento degli ungulati esiste ma che deve essere gestito direttamente da organi responsabili e non dai cacciatori. Il motivo? “Sono passaggi molto complessi” dice.
Così complessi non sono, basterebbe farsi un giro sul campo per toccare con mano quanto gli Atc e spesso anche i Parchi basino gran parte delle loro funzioni sul contributo attivo dei cacciatori. Per demolire certe affermazioni basta ricordare che senza i soldi provenienti dalle tasse dei cacciatori non sarebbe possibile nemmeno mantenere le strutture gestionali pubbliche (e associative ambientaliste che campano di contributi statali) che al momento permettono anche il lusso di tentare la via dei cosiddetti metodi incruenti.
Spiace constatare che uno stimato divulgatore scientifico (Tozzi è geologo e ricercatore del Cnr) esprima opinioni così raffazzonate e prive di una logica apparente. La sua, è evidente, è l' opinione di un ambientalista (anche se animalista è più calzante) dettata più dall'odio per la categoria che da ragioni razionali, che di fatto non porta a sostegno delle sue tesi.
Un odio che ognuno può costatare riascoltandosi gli incredibili passaggi radiofonici in cui un mese fa si augurava che i cacciatori si ammazzassero (o meglio, letteralmente "che si sterminassero" tra di loro. La credibilità del personaggio, comunque, era già stata ampiamente intaccata dall'esperienza nel Parco dell'Arcipelago Toscano. Oggi che siamo in periodo di vacche magre, è chiaro che le idee ambientaliste che fino ad oggi sono andate per la maggiore hanno campato grazie a cospicui finanziamenti (pubblici e anche di multinazionali altamente compromesse). Finiti quelli, molti topi hanno abbandonato la nave (e qualche presidente di Parco ha dato le dimissioni per poi riciclarsi altrove).