A latere della sessantunesima Assemblea Internazionale del C.I.C, la Federcaccia Provinciale Parma ha installato un diorama da su progetto e direzione di Adriano Fornesi che in 18 metri lineari e su 70 metri quadrati ha condensato tutta la penisola partendo dalle Alpi, passando per le zone umide della Pianura Padana per distendersi su tutti gli Appennini.
Un bel colpo d’occhio avendo di fronte sei tabelloni, equamente divisi tra Alpi e Appennini, con il meglio dei trofei italiani raccolti rispettivamente da UNCZA ed URCA. E una rassegna d’arte pittorica del artista animaler Giulio Tasca Una rassegna contenuta nel numero ma di eccelso valore che ha notevolmente impressionato i numerosi visitatori internazionali. Che forse non si aspettavano una tale qualità. Un posto d’onore ai caprioli provenienti dal sud dove la neo riconosciuta sottospecie (Capreolus Italicus) sta incrementando la sua consistenza partendo da sparuti nuclei isolati tra loro che si spera possano ricongiungersi.
Tre Cervi dell’Appennino Emiliano che ovviamente surclassano quelli alpini, due Daini dell’Appennino Bolognese, i Caprioli di Forlì e Di Pesaro, il Muflone di Parma sono di valenza mondiale. Per le Alpi Occidentali camosci impressionanti dalle valli di Vinadio ma non sono da meno quelli delle Alpi Orientali, due notevoli Mufloni delle valli di Fiemme e Fassa senza dimenticare l’eccellenza dei cinghiali del Friuli Venezia_Giulia non eguagliati da quelli laziali per l’Appennino. Qui va fatta una precisazione: non si ottengono trofei di qualche interesse quando la caccia diventa un semplice strumento di riduzione della specie per limitare i danni che questa arreca; in certe realtà su un prelievo di 5000 soggetti l’età massima riscontrata nei verri è di tre anni e non vi è un soggetto degno di nota. Caprioli: capitolo apertissimo tra alpi ed Appennini. Escludendo i due irraggiungibili, almeno per ora, di Pesaro e Forlì, i trofei delle Alpi Orientali mostrano colore omogeneo di un caldo testa di moro, perle e rose che raramente quelli appenninici possono vantare, veramente una piacevolissima sorpresa che conferma quanto si era intravisto in altre occasioni.
Per le specie non oggetto di prelievo venatorio la Capra di Montecristo, generosamente concessa da ISPRA al quale, grazie al personale interessamento del Dr. Silvano toso, si deve anche la cartellonistica tecnica delle specie presentate ovviamente tradotta in inglese visto il cosmopolita pubblico alla quale sarebbe stata rivolta. Il Cervo della Mesola è stato gentilmente presentato dal dr Stefano Mattioli, ricercatore e relatore al simposio sull’importanza della biometria nella gestione degli ungulati un progetto che la Commissione Grand Gibier e Esposizione & Trofei sta portando avanti da due anni dove vede una sempre più formata evoluzione del cacciatore. Su questa sottospecie il cui palco, a confronto con i mastodontici esemplari appenninici, è apparso misero se non ridicolo, va precisato che trattasi di specie protetta, insistente in una piccolissima enclave sul delta del Po che ha conservato questo endemismo fino ai nostri giorni pur tra mille traversie e con un apporto alimentare al limite della sopravvivenza. Un plauso al professor Giovanni Persona che ha coordinato tutte le complesse fasi della progettazione ed esecuzione scegliendo di volta in volta i collaboratori più appropriati. Un ringraziamento particolare alla ditta Leica, e alle associazioni venatorie UNZA, Federcaccia Regionale Emilia_Romagna, Federcaccia Bologna, Federcaccia Imola ed URCA Forlì che hanno sostenuto con un contributo economico la realizzazione dell’esposizione . Gli ATC interessati non hanno purtroppo colto appieno l’occasione di una irripetibile vetrina nazionale ed internazionale per dare visibilità e valorizzare quanto la gestione abbia prodotto su quei territori in questi anni.
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