"Mi sento più contadino che musicista, questo è il porto, il mio punto d'arrivo". In questa frase, che Fabrizio De Andrè amava ripetere, c'è tutta l'essenza del rapporto intimo e reale che il cantautore genovese aveva con la sua terra. Amante della buona tavola, De Andrè, da buon ligure, si divideva tra mare e terra, anche in cucina. Per la selvaggina, come testimonia la ricetta autografa pubblicata in questi giorni su Repubblica (Coscia di capriolo), aveva una passione particolare.
Faber la selvaggina amava cucinarla direttamente e amava anche il mondo della caccia e dei cacciatori, che aveva conosciuto particolarmente in Sardegna, dove aveva casa. La musica di De Andrè può essere vissuta anche come un ricco ricettario che esalta la cucina locale, povera e popolana, che arriva a raccontare della miseria nera della “lepre dei coppi”, ovvero il gatto, che, come sappiamo è stata una fonte di preziose proteine nelle diete dei nostri nonni durante le carestie di guerra e nella prima fase della ricostruzione.
Come solo un grande poeta poteva fare, De Andrè ha paragonato la vita dei cacciatori del suo tempo, ancorati ad un rapporto diretto con la natura, a quella degli indiani d'America, schiacciati dal progresso e confinati nelle riserve. Ecco perchè nel 1981, proprio in Sardegna scrive il disco L'indiano (inizialmente conosciuto con il solo nome dell'artista), che prende il nome dalla copertina di Frideric Remington raffigurante un pellerossa. Il disco è conosciuto anche con il titolo Caccia al Cinghiale (nel disco vengono riprodotte delle registrazioni di battute di caccia). Ecco la ricetta scritta da De Andrè: 1 coscia di capriolo di 3kg
4 tartufi di Norcia
2,5 lt di bargaresco
5 cipolle
4 carote
2 sedani
10 spicchi d'aglio
1 porro
pepe in grani
timo, alloro, prezzemolo, pimento, rosmarino chiodi di garofano
Togliere l'osso di una coscia di 3 kg e infilare nell'apertura quattro tartufi di Norcia, tagliati in due. Legare la coscia e metterla a marinare con un peso in un recipiente con 2,5 litri di Barbaresco, 4 cipolle tagliate in quattro, le carote, il sedano, l'aglio, una manciata di pepe in grani, 4 chiodi di garofano, 8 grani di pimento, 3 rametti di rosmarino, 6 foglie d'alloro, un cucchiaio di timo, un mazzetto di prezzemolo. Lasciar marinare per quarantotto ore. Procedere come un normale salmì, aggiungendo il liquido della marinatura, una cipolla e il bianco di un pollo tritati. Vai al servizio di Repubblica di domenica 11 maggio |